Studenti stranieri dell'Università di Trento, foto Roberto Bernardinatti

Internazionale

TRENTO AL VERTICE PER L’INTERNAZIONALIZZAZIONE

Il Censis premia l’Ateneo, che ha collaborazioni con le migliori università del mondo. Ne parliamo con la prorettrice Carla Locatelli

5 agosto 2014
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Marinella Daidone
di Marinella Daidone
Lavora presso la Divisione Comunicazione ed Eventi dell’Università di Trento.

La classifica delle università italiane della Grande Guida Università Censis-la Repubblica 2014-2015, uscita nei giorni scorsi, vede l’Università di Trento al secondo posto con un punteggio di 97,8 tra quelle di medie dimensioni (con iscritti da 10 mila a 20 mila). Trento è seconda anche nella classifica assoluta di tutti gli atenei statali, a pari merito con Bologna. A questo risultato ha contribuito l'ottima performance sull'indicatore “internazionalizzazione” dove l’università trentina ottiene, con il punteggio di 106, il risultato in assoluto migliore nella sua categoria e il secondo tra tutti gli atenei (superata solo dal Politecnico di Torino con 110).

Ne abbiamo parlato con la prorettrice per gli accordi internazionali dell’Università di Trento Carla Locatelli.

Professoressa Locatelli, l’Università di Trento ha sviluppato una vocazione internazionale e non siamo solo noi a dirlo. Cosa pensa della classifica Censis?

Penso che la classifica Censis abbia registrato con attenzione l’impegno con cui l’Università di Trento cura l’internazionalizzazione, nel senso che ha colto l’ampio spettro delle nostre politiche di Ateneo e la molteplicità delle attività internazionali in cui siamo coinvolti.
L’Ateneo di Trento ha maturato il primato nell’internazionalizzazione grazie al lavoro di una tradizione illuminata che, a partire dalla governance e da docenti fortemente impegnati, ha creato un comune sentire in tutte le componenti dell’Università. E di questo sono consapevoli anche gli studenti, che partecipano sempre attivamente alle iniziative internazionali offerte dall’Ateneo.
L’ottimo risultato è merito dell’impegno di molte persone, perché è diventato prevalente un “sentire l’internazionalizzazione” come opportunità “di futuro” sia nella ricerca che nella formazione.
In questo ci favorisce il profilo fortemente internazionale dei nostri docenti e ricercatori, e non solo di quelli provenienti dall’estero.

Quanto è importante per la formazione dei nostri laureati studiare in un ambiente internazionale?

L’idea di internazionalizzazione è sostanzialmente un’idea di futuro, da cui deriva l’impegno per offrire ai nostri studenti e ai giovani ricercatori una formazione idonea per ben inserirsi e competere nella realtà globale.
L’alta formazione oggi non può che essere internazionale. Quel che conta, allora, è poter lavorare e studiare in una realtà che si misura quotidianamente col mondo, ossia che offra parametri di qualità formativa e di ricerca paragonabili ai migliori standard europei e mondiali. Si tratta di un processo formativo, più che di un luogo formativo. L’Università di Trento lavora impegnandosi su entrambi i fronti: sposta studenti nello spazio e li forma nel tempo.
L’Ateneo offre moltissime possibilità di formazione all’estero, sia di studio che di stage, con selezionate università partner, ma si costruisce nel contempo anche come realtà di internationalization at home, ossia luogo dove si studia in un contesto internazionale appetibile anche a studenti, dottorandi e ricercatori provenienti da altri paesi.

Gli accordi che l’Ateneo stipula e le collaborazioni che coinvolgono i docenti riguardano anche la ricerca. Cosa può dirci a questo proposito? 

Al giorno d'oggi non è concepibile una separazione tra ricerca territoriale, nazionale e internazionale. Ovviamente, le scelte di adesione ai diversi progetti devono partire dai ricercatori e dagli scienziati e dalla loro determinazione a voler collaborare. Fortunatamente, a Trento abbiamo studiosi eccellenti e con un’apertura internazionale. 
Come prorettrice per i rapporti internazionali, mi adopero per rendere visibile il loro profilo internazionale nelle sedi istituzionali come ad esempio ministeri o università estere. Questo fa parte delle sinergie messe in atto dal nostro Ateneo. Noi partiamo da una serie di accordi internazionali in cui è sempre iscritta la dimensione della ricerca e abbiamo stabilito standard di selezione per gli accordi. 
Fanno parte del progetto strategico di internazionalizzazione dell’Università di Trento anche alcuni accordi di sostegno a paesi che stanno sviluppando le loro eccellenze di ricerca. 

Lei è European Coordinator (equivale di fatto a vicepresidente) di ASEA UNINET, un network di università europee ed asiatiche. Ce ne può parlare?

ASEA UNINET è un network accademico d’eccellenza che lega università europee ed asiatiche da trent’anni, a partire dalla sua fondazione promossa dai rapporti tra Austria (Innsbruck) e Thailandia (Chulalongkorn), che ha visto aumentare costantemente i suoi Stati membri. Il pregio del Consorzio sta nell’alta qualità dei partecipanti: Università asiatiche ed europee vengono ammesse selettivamente, solo su presentazione e dopo votazione nelle Assemblee Generali.
La solida base scientifica e culturale permette lo sviluppo di relazioni amichevoli e progetti di ricerca e mobilità tra le diverse università e tra i loro rettori, prorettori e docenti. Questi contatti spesso includono governi e ministeri, associazioni governative e non-governative.
Quattro sono, per Statuto, le aree di cooperazione: scienza e tecnologia; economia e scienze sociali; farmacia e medicina; scienze umane, culturali e musica.
L’Ateneo di Trento ha gestito per due volte l’Assemblea Generale di ASEA UNINET. L’ultima nel 2011, quando come presidente del network ha ospitato a Levico Terme i rappresentanti di tutte le università consorziate. Questo ha aumentato la visibilità dell’Ateneo, ormai ben riconoscibile nel Sud-Est Asiatico, sulla mappa dei migliori Atenei europei.

L’Asia è un continente con paesi emergenti ed economicamente in crescita. Quale potenziale vede in questa parte del mondo anche in relazione allo sviluppo della ricerca scientifica?

Credo che sia ormai un dato acquisito che i paesi asiatici sono in costante crescita, anche prescindendo dai record cinesi, che meritano considerazioni a sé. India, Indonesia, Malesia, Corea del Sud, Taiwan, Pakistan, Singapore, Filippine e Thailandia registrano un costante aumento del Prodotto Interno Lordo (PIL) e della produzione scientifica e industriale. In questo contesto di crescita sono sorprendenti per noi gli investimenti che fanno i loro governi, che per esempio in Malesia, Indonesia, Vietnam, investono oltre il 20% del Prodotto Interno Lordo in “Research and Higher Education”. 
Se questi dati non registrano a tutt’oggi cifre comparative in rosso per l’Europa, minacciano di farlo per il futuro. Investire in ricerca paga e in Asia l’hanno capito. Dunque, non possiamo permetterci di non essere a fianco di paesi che puntano sullo sviluppo della ricerca in maniera così sistemica ed intensa. Personalmente, ritengo che gli europei che hanno stretto queste collaborazioni saranno i primi a beneficiarne.

Un discorso globale non può prescindere dalla Cina. L’Università di Trento ha rapporti con istituzioni scientifiche cinesi?

L’Università di Trento ha sviluppato rapporti solo con le migliori università cinesi. La strategia d’Ateneo è stata infatti quella di selezionare partner di altissima qualità, evitando generici accordi bilaterali. Siamo un partner piccolo come dimensione ma rispettato.
Nomino solo alcuni dei rapporti che l’Università di Trento ha in atto. Il compianto rettore Fabio Ferrari diede inizio, oltre vent’anni fa, a una collaborazione col primo Politecnico cinese, l’Università di Tongji, con cui oggi abbiamo sviluppato doppie lauree in Ingegneria civile. I nostri rapporti con Tsinghua sono legati all’area della Fisica; i rapporti con Hangzhou alle aree dell’Economia e della Sociologia; quelli con Jilin e Fudan all’Informatica; la Peking University lavora con Giurisprudenza, mentre la Shanghai International Studies University (SISU) è in contatto costante con le aree di Lettere ed Economia.
I nostri rapporti con la Cina e la presenza di studenti cinesi a Trento meriterebbero un approfondimento, ma spero che questi pochi cenni possano dare un’idea dell’alto profilo delle nostre interazioni accademiche.