L'ambasciatore tedesco Christian Much durante il suo intervento, foto archivio Università di Trento

Internazionale

LA PACIFICAZIONE DELLA LIBIA DOPO GHEDDAFI

I negoziati per un governo di unità nazionale. Ne parla in Ateneo l’ambasciatore tedesco Christian Much

6 gennaio 2016
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di Marinella Daidone
Lavora presso la Divisione Comunicazione ed Eventi dell’Università di Trento.

Che cosa significa fare l’ambasciatore in Libia? Ossia, cosa significa fare l’ambasciatore in un luogo in cui le ambasciate sono state da tempo chiuse per ragioni di sicurezza?

“Prima di tutto vuol dire non essere in Libia.” Dice Christian Much, ambasciatore di Germania in Libia, che continua: “Io mi trovo a Tunisi, dove siamo stati evacuati da più di un anno. A luglio del 2014 abbiamo dovuto lasciare il paese perché il conflitto si era intensificato.” 
L’ambasciatore Much è stato ospite dell’Ateneo lo scorso 11 dicembre, in un momento cruciale per i negoziati sulla questione libica, a ridosso della conferenza internazionale di Roma del 13 dicembre al quale Much ha preso parte.
“Non è facile spiegare la Libia”, sottolinea l’ambasciatore Much, che inizia la sua lezione partendo da un quadro storico-sociale del paese esemplificato dall’immagine di un piccolo acquario dove convivono molti tipi di pesci in una massa fluida, senza strutture. La Libia è il prodotto della cultura politica della società beduina, caratterizzata dalla competizione tra tribù, dalla capacità di coesistenza e da un sentimento di invidia verso il vicino.

Nel 1951 quando viene dichiarata l’indipendenza, con la fine dell’occupazione coloniale italiana, la Libia è uno dei più poveri paesi africani, con il 90% di analfabeti e soli 16 laureati in tutto lo Stato. In poche decine di anni la scoperta del petrolio, che va a costituire il 99% delle esportazioni, cambia la situazione e presenta un paese con enormi risorse. I benefici economici non si accompagnano però al cambiamento sociale. Nel 1969 il colpo di Stato di Gheddafi blocca il dialogo sociale, la formazione di istituzioni, fino alla negazione totale dello Stato. La popolazione della Libia è omogenea, di religione islamica sunnita-malikita; solo nella parte sud (Fezzan) sono presenti minoranze etniche (tuareg, tebu). Nonostante questa omogeneità di fondo, sotto il regime di Gheddafi la mancata evoluzione democratica spinge il popolo libico a rifugiarsi nel “localismo” e nel “tribalismo”. L’ambasciatore Much sottolinea l’importanza di questi due elementi per comprendere il conflitto attuale.

Nel 2011 la rivoluzione fa cadere il regime di Gheddafi; in quel momento si ha la percezione di una sorta di unità nazionale, ma in realtà le idee sul “dopo Gheddafi” sono molto diverse: si va da chi vuole una democrazia di tipo occidentale a chi vuole uno Stato con forte matrice islamica. Un consiglio nazionale di transizione indice elezioni parlamentari che si tengono regolarmente. Il parlamento però non diventa luogo di confronto e di rispetto fra maggioranza e minoranza, c’è un equilibrio fragile che nella primavera 2014 viene rotto da due elementi. Il primo è rappresentato dal generale gheddafista Haftar che inizia una sua guerra “privata” a Bengasi con l’appoggio dell’Egitto e degli Emirati e dall’altra parte abbiamo gli islamisti moderati che nelle elezioni nel giugno 2014 perdono la maggioranza parlamentare e si alleano con islamisti più integralisti e ricevono l’appoggio di Qatar, Turchia e Sudan. A partire da questo momento si formano due blocchi con due governi (Tripoli e Tobruk), due parlamenti, ma non solo. Tutto si sdoppia: banche centrali, autorità per il petrolio, ecc. I primi negoziati per risolvere la situazione sono stati condotti con i rappresentanti dei due parlamenti dal delegato dell’ONU Bernardino León, sostituito nel novembre 2015 da Martin Kobler. Tra i principali problemi incontrati vi sono stati la frammentazione del potere in Libia e il mancato riconoscimento della legittimità dell’interlocutore: ciascun governo riteneva infatti di essere il solo governo legittimo del paese.

L’ambasciatore Much ha chiuso la sua lezione parlando dei passi che si stanno facendo per porre fine ai combattimenti e per formare un governo di unità nazionale. 
Al momento della redazione di questo articolo, sappiamo che i diversi passaggi illustrati dall’ambasciatore si stanno realizzando: il 13 dicembre si è tenuta con esito positivo la conferenza di Roma, presieduta dal segretario di Stato americano John Kerry e dal ministro degli Esteri italiano Paolo Gentiloni, che ha visto al lavoro il nuovo inviato dell’ONU Kobler insieme ai delegati dei due governi libici e alla diplomazia internazionale. Il 17 dicembre è stato siglato un accordo per la formazione di un governo di unità nazionale con i delegati dei parlamenti di Tripoli e Tobruk nella città marocchina di Skhirat. 
Come ha anticipato Much, deciso appoggio politico al processo di pacificazione in Libia è stato sancito dal Consiglio di sicurezza dell’ONU che con una risoluzione adottata il 23 dicembre invita le varie componenti a superare le divergenze e a contribuire alla creazione del nuovo governo, e tutti gli Stati membri a sostenere l’istituendo nuovo governo libico. Sono molte le speranze che si focalizzano su questa svolta sia per pacificare e migliorare la situazione interna della Libia sia per frenare il terrorismo sempre più presente anche in quest’area del nord Africa.

L’11 dicembre 2015 l’ambasciatore di Germania in Libia Christian Much è stato ospite della Scuola di Studi internazionali e della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Trento, dove ha tenuto un seminario dal titolo “Libia: come evitare il fallimento dello stato?”. Un’opportunità preziosa per studenti e docenti di apprendere direttamente da chi lavora sul campo la situazione di un paese come la Libia, come è stato sottolineato dalla direttrice dalla Scuola di Studi Internazionali Luisa Antoniolli e dal preside della Facoltà di Giurisprudenza Giuseppe Nesi che hanno introdotto l’ospite. L’ambasciatore Much in chiusura del seminario ha risposto anche a molte domande del pubblico, un ulteriore segnale che il tema trattato è stato di grande interesse.