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Internazionale

Una nuova alfabetizzazione per prepararci al futuro

La partecipazione di UniTrento all'UNESCO Futures Literacy Summit. Intervista a Roberto Poli

27 gennaio 2021
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di Marinella Daidone
Lavora all’Ufficio Web e Social media dell’Università di Trento.

Lo scorso dicembre l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura (UNESCO) ha organizzato un Forum mondiale dedicato alla Futures Literacy. Ne abbiamo parlato con Roberto Poli, titolare della Cattedra UNESCO sui Sistemi Anticipanti e direttore del master in Previsione sociale promosso dal Dipartimento di Sociologia e Ricerca sociale dell’Ateneo.

Professor Poli, che cos’è la Futures Literacy?

La Futures Literacy o alfabetizzazione ai futuri è l’idea di una nuova competenza che dobbiamo acquisire. Le forme tradizionali di alfabetizzazione quali imparare a leggere e scrivere e a far di conto, come si usava dire, rimangono fondamentali, ma nel XXI secolo non sono più sufficienti. Ci troviamo di Roberto Polifronte a situazioni radicalmente nuove che richiedono un terzo livello di alfabetizzazione. 

Sebbene non ci sia mai stato un periodo nella storia dell’umanità senza cambiamenti, quello che distingue la nostra fase storica è che questi mutamenti sono in costante accelerazione. È questo l’elemento che crea disorientamento, quella sensazione che ci fa pensare “Non capisco più cosa sta succedendo” ed è anche il motivo per cui servono nuove competenze.

La Futures Literacy è un insieme di competenze che dovrebbero aiutare le persone a ogni livello  dai più giovani ai più sofisticati decisori  a mantenere attiva la capacità di intervenire nella realtà caratterizzata da cambiamenti sempre più veloci. 

E proprio a questo argomento l’UNESCO ha dedicato un Summit al quale ha partecipato anche il nostro ateneo con il master in Previsione sociale. Ce ne può parlare?

Il summit dell’UNESCO è stato un evento gigantesco, ha coinvolto più di 8.000 persone in tutto il mondo. Ognuno ha cercato di arricchire questa idea di nuova alfabetizzazione declinandola in base alle diversità che ci sono in termini territoriali, culturali, di attitudini, di sviluppo economico. È stata una palestra incredibile in cui sono uscite delle idee fantastiche.

L’Università di Trento ha partecipato con il master in Previsione sociale, che è l’unico master italiano in studi di futuro, un momento di formazione accademica riconosciuto a livello internazionale. Al forum ha partecipato anche la startup dell’Università di Trento -skopìa Anticipation Services

Non eravamo gli unici italiani, e anche questo è un elemento importante. Erano presenti anche altre realtà italiane, come i Laboratori di futuro e l’Associazione dei Futuristi Italiani, con le quali abbiamo realizzato degli incontri in comune, in cui ciascuno ha potuto illustrare le sue caratteristiche, le idee e il modo in cui intende l’alfabetizzazione al futuro.

Una delle attività che abbiamo svolto come master è stata quella di organizzare una tavola rotonda con alcuni dei principali futuristi a livello internazionale, fra cui Wendy Schultz dall’Inghilterra e Sohail Inayatullah dall’Australia. È stata un’occasione per scambiarsi idee sulla Futures Literacy, sui diversi modi di leggerla e sui differenti contenuti che la caratterizzano. L’interesse è stato confermato anche da un alto numero di partecipanti non solo legati alla realtà italiana, ma provenienti dall’Europa, dagli Stati Uniti, dall’America del Sud.

Lei è stato uno dei relatori. Qual era l’argomento del suo intervento?

Il mio contributo si è focalizzato sul tema dell’accelerazione dei cambiamenti e sulla nuova alfabetizzazione: bisogna capire che i cambiamenti sono sempre più veloci e questo crea una situazione diversa rispetto al passato. Le esperienze che abbiamo fatto finora, le informazioni che vengono da passato, non sono più sufficienti per suggerirci le decisioni che dobbiamo prendere. Di conseguenza dobbiamo arricchire la base informativa che usiamo per prendere le nostre decisioni esplorando i futuri possibili; occorre fare letteralmente esercizi di futuro in modo molto concreto, nelle aziende, nelle istituzioni, nelle diverse realtà organizzative per generare nuove informazioni che ci aiutino a prendere decisioni più efficaci. Questo è stato il filo conduttore del mio intervento, arricchito anche con esemplificazioni.

Quali sono le principali conclusioni emerse nel forum?

Gli spunti sono tanti, ma il messaggio potente uscito dal forum è proprio la necessità di questa nuova forma di alfabetizzazione: servono nuove competenze legate alla nostra capacità di anticipare il futuro. 

Una nuova alfabetizzazione è necessaria per tutti, a iniziare dalle scuole ma non solo. Dovrebbe essere estesa alle aziende, alla pubblica amministrazione e in generale a tutta la comunità. Si sta parlando di persone di tutte le età e di tutti i paesi. Il fatto che un’istituzione come l’UNESCO abbia fatto propria questa idea è fondamentale. 

Vorrei anche ricordare una notizia di cui in Italia non si è parlato ma che rappresenta una novità nell’UE. La Commissione europea, con la presidente Ursula von der Leyen, ha istituito per la prima volta una vice-presidenza dedicata all’anticipazione strategica (Foresight) con l’incarico di aiutare la Commissione a ragionare sul futuro. È un precedente istituzionale di non poco conto, che dovremmo tenere presente. Maroš Šefčovic, il Vice President for Interinstitutional Relations and Foresight, ha preso parte al Summit UNESCO dove ha portato i saluti della Commissione europea.

In un periodo incerto come quello attuale, è possibile fare previsioni affidabili sul futuro? Ci possono aiutare nell’emergenza Covid?

Assolutamente sì, perché ci sono due modi per gestire l’attuale emergenza. Uno è quello di dire: siamo in una situazione critica, affrontiamola, cerchiamo di superarla. C’è un’emorragia, la prima cosa da fare è tamponare l’emorragia, poi penseremo al resto.
Secondo me questa è una risposta sbagliata, o almeno parziale, perché si chiudono gli occhi davanti agli altri cambiamenti che stanno arrivando. Ovviamente dobbiamo gestire la pandemia, ma contemporaneamente dovremmo anche prepararci agli altri cambiamenti in maturazione. Che siano mutamenti demografici, legati alle città, all’energia, ci sono tante altre dinamiche che sono in movimento rispetto alle quali dobbiamo farci trovare pronti. 

Rispetto al Covid, è palese che eravamo del tutto impreparati al suo arrivo; dobbiamo evitare di trovarci nella stessa situazione davanti agli altri cambiamenti che stanno arrivando. Se li vediamo – e molti sono visibili già oggi – possiamo prepararci in modo da poterli adeguatamente gestire. 
Se prendiamo la pandemia come un’occasione per acquisire altre competenze, che ci aiutino a prepararci al futuro, allora la pandemia non sarà stata solo un costo ma ci avrà aiutato a diventare più robusti. Altrimenti i cambiamenti arriveranno lo stesso e, se ci faremo trovare impreparati, il costo che andremo a pagare sarà molto elevato.