Giovedì, 5 giugno 2014

Il “traduttore” artificiale che fa dialogare le cellule

Sheref Mansy, ricercatore al CIBIO, realizza una nuova tecnica che impiega cellule artificiali

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Sheref Mansy - giovane scienziato statunitense arrivato in Italia nel 2009 al Centro di Biologia Integrata (CIBIO) dell’Università di Trento grazie al sostegno della Fondazione Armenise-Harvard - sta mettendo a punto una nuova tecnica, tramite l'impiego di cellule artificiali, che potrebbe aprire nuove frontiere per la cura delle infezioni batteriche, per esempio le infezioni polmonari di pazienti affetti da fibrosi cistica. 

Insieme al suo gruppo di ricerca, Mansy sta lavorando ad un progetto che permetterà di controllare il comportamento delle cellule naturali senza modificarle geneticamente, utilizzando le cellule artificiali per dire a quelle naturali cosa devono fare. Per fare questo si affida all’ingegneria genetica: modificandole geneticamente  possono acquisire nuove capacità. Ma nel momento in cui il contenuto genetico di una cellula vivente viene modificato, anche il suo comportamento cambia.

La nuova strada del team di Sheref Mansy prevede invece l’uso di cellule artificiali, create per favorire la comunicazione chimica tra cellule e batteri.

Con importanti vantaggi: «Con l’utilizzo delle tecniche di ingegneria genetica – spiega Sheref Mansy – c’è la paura che le cellule possano evolversi fuori dal nostro controllo e anche alterare gli ecosistemi. Al contrario, avvalendoci di cellule artificiali, possiamo condizionarle a vivere per un periodo definito di tempo. Le cellule artificiali non hanno la capacità di riprodursi o di evolversi. Servono al loro scopo solo per un paio d’ore e poi smettono di funzionare. Non hanno altre possibilità».

Questa metodologia, messa a punto da Roberta Lentini (coautrice dello studio e dottoranda dell’Università di Trento), può aprire nuove opportunità nell’ingegnerizzare dei comportamenti cellulari senza utilizzare organismi geneticamente modificati.

La notizia di questa scoperta ha già attirato l’attenzione della comunità scientifica internazionale. Recentemente, infatti, il progetto è stato ospitato sulla prestigiosa rivista Nature 

Maggiori dettagli nel Comunicato stampa allegato.