Lunedì, 16 febbraio 2015

Lampi di raggi gamma: segreti svelati tra vita e morte di una stella

Il Dipartimento di Fisica e il Max Planck Institute insieme in uno studio sulla fisica gravitazionale e sull’astrofisica delle alte energie

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Gli scienziati le chiamano “stelle di neutroni” e sono uno dei possibili stadi finali dell'evoluzione stellare. Come giganti nuclei atomici tenuti insieme da un’attrazione gravitazionale cento miliardi di volte più intensa di quella della Terra, sono il residuo collassato e densissimo di una stella di grande massa: concentrano l’equivalente del nostro Sole entro un raggio di appena 10 km.

Svelare i misteri di questi straordinari laboratori di fisica estrema, che possono insegnarci molto sulle forze fondamentali dell’Universo, rappresenta oggi una delle maggiori sfide dell’astrofisica. 
Quando due stelle di neutroni si trovano legate in un sistema binario, orbitano l’una intorno all’altra riducendo gradualmente la loro distanza, fino al punto in cui le due si scontrano. 

Questo evento raro ma cruciale si ritiene responsabile dell’origine degli “short gamma-ray burst”, violentissime esplosioni tra le più luminose dell'Universo (pari al rilascio di due milioni di trilioni di trilioni di megatonnellate di tritolo). Osservabili da galassie lontane, tali esplosioni di raggi gamma della durata inferiore a due secondi sono ancora oggi tra gli eventi più enigmatici per la scienza. 

Secondo i modelli attuali, questi lampi di radiazione si manifestano quando l’unione di due stelle di neutroni risulta in un collasso gravitazionale e nella formazione di un buco nero. Il disco di materia residua che inizialmente circonda il buco nero viene "risucchiato" in meno di un secondo e l’elevata energia magnetica e termica dà luogo a un getto di energia e particelle da cui scaturisce la radiazione gamma. 

Gli “short gamma-ray burst” sono rilevati regolarmente da satelliti come Swift. Ma negli ultimi anni è stata registrata anche una successiva emissione di raggi X, che può durare fino a diverse ore: molto più a lungo di quanto ci si potrebbe aspettare data la brevissima attività del buco nero appena formatosi.
 
Proprio questa anomalia ha attirato l’attenzione di due ricercatori dell’Università di Trento (Dipartimento di Fisica) e dell’Istituto Albert Einstein di Potsdam in Germania (Max Planck Institute for Gravitational Physics) che, in un recente studio pubblicato sulla prestigiosa rivista The Astrophysical Journal Letters, hanno proposto una spiegazione a tale fenomeno. Un’ipotesi che potrebbe aprire a nuovi sviluppi in un’area di ricerca – quella dell’astrofisica delle alte energie e delle onde gravitazionali – che negli ultimi anni ha conosciuto progressi sorprendenti.
 
«Nel nostro studio – spiega Riccardo Ciolfi, assegnista di ricerca del Dipartimento di Fisica e primo firmatario del lavoro – consideriamo la possibilità che l’unione di due stelle di neutroni porti alla temporanea formazione di una stella supermassiva, in grado di resistere al collasso gravitazionale da minuti ad ore prima di dare origine al buco nero, e mostriamo come la sua continua emissione di energia fino al momento del collasso possa spiegare la radiazione X osservata per molto tempo dopo il lampo di raggi gamma». 
Grazie a simulazioni matematiche al computer, è stato possibile dimostrare che a causa dei fortissimi campi magnetici, la stella supermassiva si circonda di una densa nube di materia ed energia. Pochi istanti dopo il collasso a buco nero, si genera il getto prorompente che attraversando la nube indisturbato produce la radiazione gamma, mentre gran parte dell'energia emessa dalla stella prima del collasso è ancora intrappolata nella nube e verrà rilasciata come radiazione X su tempi molto lunghi. Questo ritardo fa sì che una buona parte del segnale X sia osservato soltanto dopo il lampo gamma che segue collasso, anche se l'energia che ne è responsabile viene emessa dalla stella prima del collasso ("time reversal"). Rispetto al tempo di propagazione della luce nel vuoto, il ritardo con cui l'ultimo "fotone" emesso dalla stella prima del collasso arriverà a noi è stato stimato dai due ricercatori e risulta compatibile con la lunga durata della radiazione X che si osserva a seguito dell’esplosione di raggi gamma. 
«Finora – aggiunge Ciolfi – si è sempre ritenuto che il picco di segnale in onde gravitazionali, generato dall’incontro delle due stelle di neutroni, e il rilascio di raggi gamma fossero eventi quasi contemporanei. Il nostro modello evidenzia invece che questi due eventi sono separati dalla "vita" della stella supermassiva, formatasi prima dell’inevitabile collasso a buco nero. Rivelatori di onde gravitazionali come Virgo (in Italia) e LIGO (negli USA), che saranno operativi già a partire da quest’anno, potranno dunque avvisare i satelliti gamma e X dell'evento imminente, dando loro la possibilità di seguirlo e catturarne i segreti». 

«L’area di ricerca nel campo delle onde gravitazionali e dell’astrofisica delle alte energie – commenta Lorenzo Pavesi, direttore del Dipartimento di Fisica – sta regalando ai nostri ricercatori e al nostro Ateneo molte soddisfazioni. Le attività di ricerca e i recenti riconoscimenti ai professori Roberto Battiston e Stefano Vitale sono esempio di come l’Università di Trento e il Dipartimento di Fisica abbiano ormai conquistato autorevolezza in questo campo. Il coinvolgimento di giovani ricercatori come Riccardo Ciolfi e la collaborazione con istituzioni scientifiche di avanguardia nella fisica gravitazionale, quali l’Istituto Albert Einstein della Max Planck Society, rafforzano il ruolo di primo piano della nostra Università». 

Lo studio di Riccardo Ciolfi e del suo collaboratore Daniel Siegel, studente di dottorato al Max Planck Institute for Gravitational Physics (Albert Einstein Institute), è pubblicato sulla rivista The Astrophysical Journal Letters