Martedì, 17 febbraio 2015

Conferito il titolo di professore emerito ad Antonio Schizzerotto

Nella sua Lectio ha valutato l'impatto della riforma universitaria del 3+2

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Cerimonia il 17 febbraio scorso in aula Kessler per il conferimento del titolo di professore emerito ad Antonio Schizzerotto per l’elevato profilo scientifico e l’alto spirito di servizio dimostrato verso l’Ateneo, il sigillo di una carriera scientifica e universitaria di particolare e riconosciuto prestigio.

L’evento pubblico, che si è svolto al Dipartimento di Sociologia e Ricerca sociale, si è aperto con il conferimento ad Antonio Schizzerotto del titolo di professore emerito da parte di Aronne Armanini, rettore ad interim dell’Ateneo. Ed è stato accompagnato dagli interventi di Giuseppe Sciortino, direttore del Dipartimento di Sociologia e Ricerca sociale, e di Renato Mazzolini, decano del Dipartimento. 

Quindi Schizzerotto ha tenuto la lectio magistralis sul tema “La riforma universitaria del 2001: una valutazione di impatto”, nella quale ha presentato una valutazione d’impatto degli effetti della riforma universitaria del 2001, valutazione basata sul confronto tra i tassi di immatricolazione osservati tra il 1990 e il 2012 e una stima dei tassi che si sarebbero verificati qualora la riforma del 2001 non fosse mai stata attuata. 

La ricostruzione dello scenario di riferimento è avvenuta sulla base di un modello statistico (di regressione multivariata), che tiene conto degli effetti sulla domanda di istruzione terziaria, della congiuntura economica, dei ritorni occupazionali dei titoli di studio universitari e delle convinzioni diffuse circa l’utilità dell’investimento in istruzione universitaria.
 
Fino al termine degli anni Novanta – come ha spiegato Schizzerotto nella sua lectio – l’università italiana non era ancora riuscita a far fronte alla crescita della domanda collettiva di istruzione, iniziata trent’anni prima, e alla conseguente eterogeneità di preparazione e di origine sociale dei suoi iscritti. Si trovava, cioè, ad essere un’università di massa (almeno in termini relativi) che però continuava a funzionare come un’università di élite. L’esperienza della riforma ha prodotto un cospicuo innalzamento della domanda collettiva di istruzione universitaria. Questo effetto positivo è stato di breve durata e già nel 2007 si era pressoché azzerato. Esistono buone ragioni per ritenere che in questi ultimi anni l’ordinamento universitario uscito dalla riforma del 3+2 e il modo con cui esso è stato attuato nell’università italiana stia producendo effetti negativi sulla domanda di istruzione universitaria.
La riforma ha avuto un effetto bolla, ha agito subito e in modo consistente – ha precisato Schizzerotto. Ma questo effetto si è esaurito nell’arco di sei anni. Già dal 2009 si può osservare come l’impatto positivo del 3+2 non soltanto si sia azzerato, ma abbia addirittura avuto un effetto negativo, provocando un abbassamento della domanda spontanea di istruzione, quella che ci sarebbe stata in assenza della riforma. 

La seconda osservazione di Schizzerotto è che la riforma del 3+2 ha reso l’università più attraente non tanto per i neodiplomati (destinatari primari dell’offerta universitaria), quanto per coloro che non si erano iscritti all’università subito dopo il diploma ma che erano entrati direttamente nel mercato del lavoro. All’inizio del 2001 questo tipo di studenti era particolarmente consistente, ma la sua numerosità si è assottigliata nel corso del tempo. E questo spiega perché, si sia esaurito velocemente l’effetto positivo del 3+2 nei primi anni di attivazione.

L’analisi ha messo poi in evidenza la mancata riduzione delle disuguaglianze nelle possibilità di accesso agli studi universitari e nella permanenza all’università, in relazione alle origini sociali dei giovani italiani, uno degli obiettivi che la riforma si era posta. Con la riforma queste disuguaglianze tra soggetti di diversa estrazione sociale sono rimaste sostanzialmente invariate. Tra il 2001 e il 2007 tutti vanno un po’ più all’università ma le diverse estrazioni sociali continuano a influire nello stesso modo sul tasso di passaggio e sul rischio di abbandono prematuro degli studi universitari (entro i tre anni dall’immatricolazione).

Ma perché gli obiettivi fissati nella riforma non sono stati raggiunti? Secondo lo studio di Schizzerotto gli ostacoli che ne hanno impedito il successo possono essere vari: la crescita scarsamente controllata del numero e del tipo dei corsi di laurea triennali e magistrali, la difficoltà per studenti e famiglie di orientarsi all’interno di questa sovrabbondante offerta formativa e la frammentazione dei contenuti disciplinari impartiti. Nel conto si deve, infine, mettere la natura ambigua e non mai chiarita delle lauree triennali: strumenti per accedere al mercato del lavoro o corsi preparatori per le lauree magistrali? A incidere negativamente è stata anche la scarsa chiarezza sulla natura delle lauree triennali, oltre ad altri fattori più tecnici, come, in molti casi, la mancata attivazione di tutoraggi e di esercitazioni di laboratorio, gli intervalli limitati di tempo tra la fine delle attività didattiche e le prove di profitto.

Nel comunicato stampa allegato maggiori informazioni relative alla proposta di conferimento del titolo di professore emerito ed il curriculum del prof. Antonio Schizzerotto.