Giovedì, 28 giugno 2018

Enzo Rutigliano: addio a un protagonista della storia di Sociologia

Tristezza in Ateneo per la scomparsa del sociologo amato da generazioni di studenti. È stato ricordato sabato 30 giugno, alle 11, a Palazzo di Sociologia

Versione stampabile

La notizia della scomparsa del professor Enzo Rutigliano è stata accolta oggi con grande tristezza all’Università di Trento e soprattutto a Sociologia, dove il professore era molto stimato. Il professor Enzo Rutigliano (Foto ©RobertoBernardinatti)

Dal 1976, anno in cui ha iniziato la sua carriera accademica fino al 2014 quando si è ufficialmente ritirato dall’insegnamento, il professor Rutigliano ha preparato con passione generazioni di studenti e studentesse, insegnando Storia del pensiero sociologico, uno dei corsi fondamentali che introducevano il percorso di studi.

Lo ricordano tutti come docente attento, preparato, preciso, dotato di ampia cultura, spirito critico e profonda capacità di analisi. Fin dal suo arrivo a Trento nel 1968 come studente, è stato protagonista della nascita e dell’evoluzione della Facoltà dalle origini dell’Istituto di scienze sociali fino alla Sociologia di oggi.

Rutigliano ha dato il suo contributo a scrivere la storia dell’Ateneo trentino, partecipando attivamente anche al movimento studentesco della fine degli anni Sessanta.

Rutigliano aveva iniziato a collaborare in particolare con Franco Fornari e soprattutto con Gian Enrico Rusconi che era stato suo relatore per la tesi di laurea (su “Hegel: totalità e separazione”), ed era stato parte del gruppo di studio con Francesco Alberoni a cui era molto legato.

Era noto a livello nazionale per i suoi studi su Water Benjamin, Vilfredo Pareto, la Scuola di Francoforte e in particolare Theodor Adorno. È stato uno tra i primi studiosi in Italia ad approfondire la figura e la rilevanza sociologica dell’opera del premio Nobel Elias Canetti, con cui tenne una fitta corrispondenza sul volume “Massa e potere”. Lavoro che poi è confluito nel volume di Rutigliano “Il linguaggio delle masse. Sulla sociologia e Elias Canetti” (Edizioni Dedalo, 2007) con un’appendice di lettere inedite. Più di recente si era dedicato a studi sulla Sociologia della guerra. 

Grande il suo attaccamento agli studi e alla facoltà, come spiegò in un’intervista del 2001, in occasione del decimo anniversario della morte di Bruno Kessler, al periodico di Ateneo “UniTn” di cui fu fondatore (con Renato Porro e Antonio Scaglia) nel 1998 e direttore.

Per ricordare la figura di Enzo Rutigliano e sottolineare il suo contributo nel disegnare lo sviluppo degli studi sociologici a Trento, il Dipartimento ha previsto un momento di ricordo che si è tenuto sabato 30 giugno, alle ore 11.00, nella corte interna di Sociologia. 

Maggiori dettagli nel comunicato stampa

Un ricordo del professor Enzo Rutigliano

Professor Bruno Sanguanini - 28 giugno 2018

Rutigliano: sociologo umanista-critico
 
La dipartita del prof. Enzo Rutigliano (“Enzino”, per gli amici) merita di essere sottolineata con la stima e l’affetto che vanno oltre le parole d’occasione. Il suo mezzo secolo di residenza a Trento è contrassegnato dalla perseverante attenzione per l’opinione pubblica, la collaborazione saltuaria alla stampa locale, la dedizione radicale al lavoro universitario in loco. In ciò è stato (forse) il primo sociologo non autoctono (ma brindisino nato a Milano).
 
A me, suo conoscente ed amico sin dall’inverno 1969-70, pur di una quasi-generazione più giovane, preme ricordarlo così. Ancora da studente, Enzo era uno dei più attenti alle lezioni di F. Alberoni, GE. Rusconi, A. Izzo, e sempre seduto in prima fila. Nelle assemblee del Movimento Studentesco si è fatto sempre portavoce della ‘coscienza critica’ in chiave un po’ liberal-libertaria e un po’ filosofico-illuministica. Da qui le radici della sua ‘vocazione’ sia di studioso del pensiero sociologico che di docente di sociologia a indirizzo teorico-critico. Tutto questo ci ha sempre assimilato, nonostante il mio gusto (un po’ springstiniano) per la “ricerca sul campo” e per i “flussi innovativi”.
 
L’albero della sua passione intellettuale si è pervicacemente nutrito della linfa tedescofona espressa dalle opere di Hegel, Marx, Weber, Korsch, Adorno,  Nietzsche, Benjamin, Canetti. Con il letterato Canetti, poi, strinse una vera e propria ‘affinità’ intellettuale (a distanza) basato sul comune interesse per il rapporto “intellettuali-masse” quale chiave di lettura del pensiero illuministico-critico della Modernità. Ciò nonostante il fatto che nessuno dei due abbia mai eretto una barricata, organizzato uno sciopero, capeggiato una rivolta popolare, partecipato ad un concerto rock, rincorso dei rave o dei movimenti no global. Invece, hanno frequentato (anche nottetempo) le ‘sudate carte’ (come ebbe a scrivere Macchiavelli) d’autore e la stampa d’informazione.
 
Di Enzo nei suoi anni migliori è nota è la tagliente ironia, sempre espressa con un linguaggio ricco di punteggiatura. Solo quando gli feci presente che gli intellettuali europei hanno sempre discusso delle masse sociali un po’ come Hollywood ha fatto di King Kong o Godzilla, Superman o Batman, non gli strappai un sorriso. Eppure, mi parve non in disaccordo. D’altronde, nessuna delle malattie infantili della ‘sinistra’ del Novecento era appiccicata sulle sue corde linguistiche.    
 
Infine, ricordo un proposito di Enzo: non far scomparire, all’indomani del varo della Legge Gelmini, il titolo di “Facoltà di Sociologia” dal Palazzo di Via Verdi. Per tutti noi, ex-studenti ed ex-docenti, lui meriterebbe la dedica di un’Aula, forse anche arredata con la cattedra ed il 1° banco-studenti dell’ex-Aula 5, quella delle grandi lezioni e delle grandi assemblee del ‘68-‘71, se ancora (auspicabilmente) conservati in qualche magazzino locale. A testimonianza che il potere dell’immaginazione critica merita sempre uno spot in prima fila nell’arena delle scienze sociali.

Professor Bruno Sanguanini - 29 giugno 2018

La Sociologia di Enzo Rutigliano: ½ secolo a Trento

In omaggio – più che a ricordo – al collega ed amico Enzo Rutigliano, professore ordinario di Storia del pensiero sociologico, improvviso due-tre considerazioni quasi in forma di aforisma. È lo stile discorsivo da lui molto amato. Qui ne offro solo un’aurora con sparse nuvole.
Sin da studente, Enzo era solito parlare un po’ così, quasi per aforismi. Ricordo i suoi interventi, rapidi e incisivi, sia nei Seminari monografici che in Assemblea studentesca. Il suo dire era sempre all’assalto della situazione; la sua voce mai cantilenata, sempre in crescendo.
L’ho conosciuto nell’inverno del 1969-70. Entrambi frequentammo le lezioni di Francesco Alberoni, Gian Enrico Rusconi, e Alberto Izzo. Da studente lui era sempre in prima fila e non mancava mai di formulare la prima domanda al docente. Come se ne fosse l’assistente volontario. In Assemblea studentesca, invece, prendeva la parola per terzo, dopo i due leader del momento. Peraltro, non si negava mai il gusto di lanciare nell’aria fumosa una colta citazione.
Da ricercatore nei primi anni ’80. Quando io mi dedicai sportivamente alle Arti Marziali lui mi criticò. Disse che era una scelta non confacente ad un sociologo di professione. Pochi anni più tardi, ebbi modo di fargli presente che Pierre-Felix Bourdieu aveva affermato che la Sociologia o è l’arte marziale delle scienze sociali o non è. Lui non fece più obiezioni: si limitò a cambiare espressione.
In testa alla sua passione intellettuale c’erano più i classici della Modernità che i contemporanei. Fuori da questa risma si interessava anche all’arte contemporanea. D’altro canto, tanti sono i classici che in età o giovanile o avanzata si sono dedicati all’Estetica! Hegel, in testa, poi Simmel, Lukacs, e Adorno. Circa le avanguardie, lui preferiva la Secessione Viennese e l’Espressionismo, il Surrealismo, quindi le avanguardie storiche più vicine alla scena politica della ‘sinistra’ del primo Novecento.
Verso la fine degli anni ’80 Enzo mise un po’ da parte l’attaccamento a Theodor Adorno: si appassionò a Walter Benjamin. Lui preferiva “Angelus Novus”. Io già conoscevo il “Dramma Barocco Tedesco”. Ne parlammo. In quest’ultima opera Lui colse l’antifona della Modernità come crisi. Io, invece, solo la critica alle teorie classiche della rappresentazione. Ci trovammo in disaccordo. Al tempo, io ero influenzato sia da Peter Szondi, un francofortese minore, sia da Siegfried Kracauer, il brillante simmeliano. Enzo, invece, teneva ancora in mano la bandiera di T. Adorno, celando dietro la schiena le opere di F. Hegel, il giovane K. Marx, l’ultimo K. Mannheim.
Dopo la metà degli anni ’90 io ero a Trieste ogni settimana. Qualche Enzo pubblicò il libro “Teorie Sociologiche” io lo adottai per il Corso di Sociologia. I miei 485 studenti lo apprezzarono; Lui se ne compiacque. Per contrappasso, mi chiese una fotografia con autografo di Claudio Magris, scrittore da lui amato. Io gliela procurai, con sua soddisfazione. 
Cos’è la Sociologia per Enzo Rutigliano? Più o meno ciò che ha sempre declamato Franco Ferrarotti. L’azimut delle scienze sociali. Ora, lo dico anche con parole mie: è la Biancaneve delle scienze sociali. Sempre alla ricerca di un ubi consistam specialistico tra gli specialismi sia delle scienze sociali che delle scienze dell’uomo. È la ‘terza via’, direbbe il giovane Anthony Giddens. Nel contempo, però, è anche un puzzle di saperi e metodi che brucia continuamente per rigenerare sempre i suoi tasselli. Come Prometeo o Ulisse?
Per Rutigliano la Sociologia è soprattutto ciò che dettano due tradizioni: quella tedesca e una metà di quella francese (l’altra metà, si sa, paga pegno all’etnologia). Comunque, tra le due rive c’è un ‘ponte’: la filosofia sociale. Da qui, per Enzo, parte il “Blau Reiter” della teoria critica. In ciò Enzo era non poco à la Georg Simmel, ancor prima di essere à adorniano della prima ora. 
Sempre secondo Enzo, la Sociologia è anche ben altro! Nella sfera delle scienze sociali è una scienza che è chiamata a scommettere scientificamente sui simboli del mondo, come direbbe liberamente Friedrick Nietzsche. Inoltre, dal momento che è una scienza che si esprime con il linguaggio scritto e parlato, è anche un giuoco della logica. Un giuoco, non semplicemente un gioco, ha scritto Ludwig Wittgenstein. E Gregory Bateson applaude. Tra le scienze sociali la Sociologia può giuocarsi continuamente ogni scienza umana, suggerisce Edgar Morin.
Che cosa ho sempre stimato della Sociologia di Enzo Rutigliano? La sua idea di fondo: fare il sociologo vuol dire non trascurare mai i saperi che affluiscono nella “cassetta degli attrezzi” delle diverse scienze sociali. Per fare il sociologo sia con professionalità che con vocazione radicale. Fare il sociologo con spirito critico. Fare il sociologo con il gusto – anche estetico – di andare alla radice del pensiero sulle “cose del mondo”, che, si trasformano anche quando le tradizioni le velano. Più che stare seduto sulla coda di una “talpa”; meglio volare come la “fenice” dell’immaginazione sociologica, direbbe Charles Wright Mills.
A metà ‘600, un letterato francese dette fuoco alla polemica storico-filosofica circa il rapporto tra gli ‘antichi’ ed i ‘moderni’. Scrisse che i moderni sono “Nani sulle spalle dei Giganti”. Però, da lassù “Vedono più lontano”. Robert Merton, a metà degli scorsi anni ’80, riprese la questione. Sottolineando l’ultimo passo, Poco conta essere fisicamente dei Nani: più importante è vedere più lontano, prima di tutti, meglio degli altri. Ecco ciò che Enzo Rutigliano ha sempre chiesto a se medesimo! E c’è riuscito! Le sue opere ne sono la prova tangibile; e il suo esempio, anche.