Lunedì, 8 ottobre 2018

In ricordo del professor James Gardner March

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Il professor James Gardner MarchLo scorso 27 settembre è venuto a mancare James Gardner March (1928-2018).

L’Ateneo partecipa al cordoglio per la scomparsa di un grande studioso che ha fatto parte della nostra comunità accademica; è stato infatti insignito nel 2002 del titolo di professore onorario, Cattedra “Bruno Kessler”.

Dottorato in scienze politiche all’Università di Yale nel 1953, James (o Jim) March è stato protagonista della rivoluzione comportamentale prima al Carnegie Institute of Technology, poi alla University of California Irvine, e dal 1970 alla Stanford University dove è stato professore di scienze politiche e sociologia, di management, di higher education, di international management e professore emerito della Graduate School of Business.

Numerosi sono i riconoscimenti ricevuti in carriera come l’inclusione nella  National Academy of Science o la Royal Swedish Academy of Sciences, i premi, i dottorati e le posizioni onorarie di professore presso numerose università tra cui quella di Trento.

Maria Laura Frigotto del Dipartimento di Economia e Management ha condiviso con Jim March parte del suo percorso di ricerca, e ha scritto alcune righe in suo ricordo.

Breve ricordo del professor James Gardner March

È difficile inquadrare la figura di March nel panorama delle scienze sociali utilizzando delle etichette, come economista, sociologo, scienziato politico, aziendalista, perché è stato tutte queste anime insieme.
I suoi contributi sono stati fondanti per la conoscenza del comportamento dell’individuo, delle organizzazioni e dei sistemi e per comprendere come le organizzazioni forgiano i propri membri: come prendono decisioni, come apprendono e si adattano a contorni mutevoli. Chi li leggeva gli ha riconosciuto rilevanza, oltre che rigore, in tutte le aree delle scienze sociali e ancora gliene attribuisce essendo questi contributi diventati dei classici. Per alcuni è tra i fondatori degli studi organizzativi, della teoria manageriale e degli studi sulle organizzazioni economiche e sulle istituzioni. Per altri il suo cruciale contributo è stato nella teoria politica e nell’analisi delle istituzioni e della democrazia.

Sono suoi tre libri che hanno creato le basi del modo di vedere degli studiosi moderni nelle scienze sociali: Organizations (1958), con Herbert A. Simon, A Behavioral Theory of the Firm (1963) con Richard M. Cyert e Handbook of Organizations (1965), che raccoglie contributi sulla emergente (per allora) teoria dell’organizzazione. Tra le sue pubblicazioni più citate vi sono inoltre:  Exploration and Exploitation in Organizational Learning (1991), A Garbage Can Model of Organizational Choice(1972) con Michael D. Cohen e Johan P. Olsen e Rediscovering Institutions. The Organizational Basis of Politics (1989) con Johan P. Olsen, A Primer on Decision Making: How Decisions Happen (1994). Numerosi e vari sono i contributi che ci ha regalato e possiamo qui fare cenno solo ad alcuni concetti: dall’importanza delle regole e delle routine in un contesto di razionalità limitata, al concetto di anarchie organizzate, alla distinzione tra decisioni basate sulle conseguenze e decisioni basate sull’appropriatezza rispetto all’identità di chi le prende.

Ha messo al centro della sua curiosità e del suo lavoro l’osservazione del comportamento reale degli individui in contesti organizzati, senza limitarsi ad alcuni settori in particolare, ed ha sviluppato e utilizzato metodi diversi come la modellizzazione matematica, la statistica, la simulazione al computer e l’analisi qualitativa per comprendere in modo analitico i fenomeni, non soffrendo dei limiti di specializzazione metodologica, settoriale o tematica che spesso caratterizza gli studiosi moderni.
Concepiva l’accademia come un tempio e gli studiosi, che rappresentando la categoria della quale faceva parte chiamava umilmente “students” e non “scholars”, dei ministri della conoscenza con il dovere primario di sfidare e migliorare continuamente le conoscenze che essi stessi approfondiscono, custodiscono e rappresentano.

Un tema che recentemente lo ha affasciato, una passione che ho avuto il privilegio di condividere, è stato quello della ricerca del nuovo, spesso emergente dall’ignoranza e dall’errore o dalla devianza.
Molti sono gli studenti, i ricercatori e i coautori che hanno potuto godere del suo insegnamento principalmente orientato a guardare il mondo in modo analitico e a inglobare la comprensione che ne deriva nella vita di ogni giorno: partiva dall’osservazione della realtà, inclusa la vita di tutti i giorni, delle sue regolarità e delle sue contraddizioni, muoveva all’astrazione, alla sperimentazione di ipotesi spesso contro-intuitive e alla derivazione di implicazioni, non solo per i policy-maker o i CEO, ma anche per gli studiosi stessi. Usava chiedermi: guardare ai tuoi bambini mentre giocano nella sabbiera che cosa ti suggerisce sui processi creativi e di generazione del nuovo? Oppure: quello che la tua ricerca dice sui processi di generazione del nuovo, che cosa ha da dire a te, che vuoi essere una studiosa che produce nuova ricerca? An Introduction to Models in the Social Sciences (1975) scritto con Charlie Lave rappresenta una legacy su cosa e come secondo lui era necessario insegnare: non concetti o tecniche ma un approccio analitico alla realtà.

Ha sperimentato mezzi di comunicazione e disseminazione alternativi del suo pensiero facendo leva sulla bellezza e sulla forza evocativa della letteratura e dei grandi autori. Il libro On Leadership (2003) scritto con Thierry Weil riprende le lezioni che teneva a Stanford e basati su don Chisciotte di Cervantes, Otello di Shakespeare e i personaggi di Guerra e Pace di Tolstoy. Sul don Chisciotte e su Guerra e Pace ha costruito dei film, sempre a tema leadership rispettivamente del 2003 e 2008.
James G. March è stato una persona straordinaria ancor prima di uno studioso geniale, un insegnante attento, un poeta appassionato, un amico caro, un mentore rigoroso, padre di quattro, nonno e bisnonno gioioso e marito devoto. Come il suo don Chisciotte era centrato sulle domande fondamentali: chi sono io? qual è il comportamento adeguato per uno come colui che sono io? E come don Chisciotte viveva nella costante ricerca del bello, con grande passione e rigorosa disciplina. Incorporando il messaggio tolstoyano non si dava importanza credendo che la storia non è fatta dagli individui o dagli eroi ma con e tramite gli individui.

March ha scritto anche diversi libri di poesie, tutti dedicati alla moglie Jane, che segue, dopo aver celebrato i 70 anni di matrimonio, a neanche un mese dalla morte.

Da Footprints (2005):
REWARDING VIRTUE
The thought that virtue is rewarded
Robs it of meaning and makes a man
Little more than a performing pet,
Trading the behaviour
For pieces of candy.

A good man finds justification
In a conception of himself,
Not in anticipation of recognition
or compensation for his deeds
Either here on in heaven.

Maria Laura Frigotto 
Trento, 8 ottobre 2018.