Martedì, 17 novembre 2015

Alle origini del linguaggio e del pensiero

Workshop internazionale

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All’Università di Trento alcuni dei principali studiosi riuniti da domani, mercoledì 18 novembre, a venerdì 20 per approfondire il rapporto tra ciò che si pensa e ciò che si dice. I lavori si tengono al Dipartimento di Lettere e Filosofia

Trento, 17 novembre 2015 – (e.b.) Qual è la scienza che studia l’origine e l’evoluzione del linguaggio? Sicuramente la paleontologia, ma non da sola. C’è chi spiega il ruolo centrale dell’antropologia. C’è chi trova nelle neuroscienze la chiave per aprire scenari rimasti finora preclusi. Anche tra i linguisti da circa 25 anni si è scatenato un acceso e controverso dibattito. Dibattito che per tre giorni si trasferirà a Trento.

Da domani, mercoledì 18 novembre, a venerdì 20 si terrà infatti il workshop internazionale “The theory of language and the debate on language origins”, iniziativa organizzata dall’Università di Trento (Dipartimento di Lettere e Filosofia) in collaborazione con l’Università Ludwig Maximilian di Monaco di Baviera (Institut für Deutsche Philologie). I lavori si svolgeranno nell’aula 7 del Dipartimento (via Tomaso Gar, 14). L’inizio del convegno è fissato domani alle 15.

Sono attesi studiosi di fama internazionale come Andrea Moro, Stefano Cappa, Barbara Landau, Giorgio Graffi, Daniela Sammler, Denis Delfitto, Elisabeth Leiss e Caterina Donati. I relatori si confronteranno in particolare sul contributo che la teoria linguistica può dare alla discussione sull’origine del linguaggio. «La ricerca – spiega Ermenegildo Bidese, professore del Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento e referente scientifico del workshop – sembra dirci che prima ci sarebbe stato il pensiero, cioè il linguaggio interiore, e che solo successivamente questo avrebbe trovato la via verso l’esterno attraverso il canale di “ripiego” del linguaggio vocale. Nel convegno di Trento gli studiosi approfondiranno proprio il rapporto tra il linguaggio e gli altri ambiti della cognizione umana».
Bidese ripercorre il dibattito su origini ed evoluzione del linguaggio : «A scatenare la discussione, 25 anni fa, furono da una parte Steven Pinker e Paul Bloom, allora ricercatori al Massachusetts Institute of Technology, con il loro articolo “Natural language and natural selection” sulla rivista scientifica “Behavioral and Brain Sciences”, dall’altra, nello stesso anno, il linguista americano Derek Bickerton con il suo libro “Language and Species”. Entrambi ipotizzano, sulla base dei loro studi linguistici, la possibilità di una fase di protolinguaggio o di protolinguaggi che avrebbero costituito uno stadio evolutivo precedente a quello del linguaggio come lo conosciamo oggi: si tratterebbe di un linguaggio ridotto, tanto nelle strutture quanto nel lessico».
Riprende: «Nel 2002 con un articolo su “Science”, dal titolo “The faculty of language: what is it, who has it, and how did it evolve?”, Marc Hauser, Noam Chomsky e Tecumseh Fitch introdussero una distinzione tra la facoltà del linguaggio intesa in senso ampio (comprendente un sistema articolatorio e sensomotorio che permette di esternalizzare il linguaggio attraverso suoni e segni) e un sistema concettuale-intenzionale (che permette di dare un’interpretazione alle espressioni linguistiche in un mondo mentale interno) e la facoltà del linguaggio intesa in senso stretto costituita da una operazione fondamentale della nostra mente/cervello, chiamata “merge” (che significa “unire, fondere, mettere assieme”) attraverso la quale due unità linguistiche, dalle più semplici (come, ad esempio, “il + ragazzo”) a quelle complesse, costituite da intere proposizioni, vengono messe assieme in modo ordinato e gerarchico andando a formare una terza unità che non è la semplice somma delle due precedenti».
«Negli anni successivi la ricerca ha fatto passi da gigante soprattutto nella comparazione del sistema articolatorio umano con i sistemi di vocalizzazione di altre specie, arrivando a scoprire molte analogie, come ad esempio l’attivazione degli stessi geni, l’uso degli stessi circuiti neuronali, la presenza di un periodo critico di acquisizione, di varietà “dialettali” o di uguali disturbi comunicativi. Ma anche differenze, proprio rispetto alla possibilità di produrre qualcosa di paragonabile a quello che accade con l’operazione “merge” negli umani. Il seminario di Trento andrà proprio alla ricerca dei mattoni fondamentali di ciò che fa sì che il linguaggio sia linguaggio e con esso di quella prima forma di linguaggio che è il pensiero».

Per ulteriori informazioni: http://webmagazine.unitn.it/node/7166/

Gli abstract degli interventi sono disponibili su: http://toldolo.generell.org