Venerdì, 23 maggio 2014

Call for papers - L’eteronormatività tra costruzione e riproduzione

Scadenza invio papers: 31 ottobre 2014

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Call for papers:

L’eteronormatività tra costruzione e riproduzione

Curatrici: Emanuela Abbatecola (Università degli Studi di Genova), Luisa Stagi (Università degli studi di Genova).

La norma eterosessuale traccia dei confini invisibili nelle traiettorie biografiche. Afferma chi si può o non può essere, cosa si può o non può fare. Confina gli spazi, definisce i luoghi, costruisce i desideri, delimita i diritti, struttura il linguaggio.

Il concetto di eteronormatività indica l’esistenza di un paradigma a fondamento di norme morali, sociali e giuridiche basato sul presupposto che vi sia un orientamento sessuale corretto, quello eterosessuale, che vi sia una coincidenza fra il sesso biologico e il genere e che sussista una naturale e necessaria complementarietà fra uomo e donna. Il termine pare comparire per la prima volta nel testo, Introduction: Fear of a Queer Planet di M. Warner (1991) dove viene inteso come un «carattere pervasivo ed invisibile» delle società attuali, connesso con «l’abilità della cultura eterosessuale di auto-interpretarsi come la società», marginalizzando e definendo in senso antitetico qualunque sessualità non iscrivibile alla tradizionale cultura eterosessuale» (Falcetta 2014). L’eteronormatività, infatti, prescrive i comportamenti “da non assumere” ma allo stesso tempo codifica fortemente i comportamenti considerati “normali” e “giusti”. Come i soggetti LGBTQI vengono emarginati da questo discorso, così i soggetti eterosessuali si trovano ad essere obbligati a conformarsi ad esso e ad assumere una serie di atteggiamenti che caratterizzano la femminilità e la maschilità normativa. L’identità eterosessuale, infatti, influenza il controllo fisico del corpo come anche il controllo del contegno, del lecito e del morale. Per questo motivo si parla di ‘violenza’ e di ‘controllo’ dei corpi, dal momento che tutto ciò che sfugge ai ruoli tradizionali di genere viene sanzionato (Borghi 2011, 2013).

Ragionare intorno alla relazione tra eteronormatività e regolazione dei corpi e dei desideri significa anche cercare di decostruire i modi in cui le gerarchie normative sessuali strutturano i processi globali quali le migrazioni, le forme del turismo, del lavoro e del welfare (tema questo a cui è stato dedicato un numero monografico di Gender & Society -Vol. 23 No. 4, 2009). Come ha mostrato Judith Butler, infatti, le norme che determinano la posizione sessuale degli individui nella società sono tutte riconducibili alla norma dell’eterosessualità obbligatoria, individuata come il prodotto per eccellenza dell’ordine patriarcale. La norma eterosessuale governa, per esempio, il discorso attraverso la produzione delle matrici del discorso psicanalitico, del discorso antropologico, compresa la sua versione strutturalista, e infine, e questo paradossalmente, anche parte del discorso femminista (Butler 1990). Certamente è bene sottolineare che eterosessualità ed eteronormatività non sono sinonimi, ma per capirlo occorre analizzare i modi in cui i soggetti, i corpi, le norme e le pratiche eterosessuali sono articolati e naturalizzati in relazione a generi e sessualità ‘non-normativi’ (Ward e Scheneider 2009). Interessante è ricordare il percorso di Gayle Rubin (1975 e 1993) e la tensione tra i suoi vecchi lavori – focalizzati primariamente ad evidenziare come l’eteronormatività abbia funzionato al servizio del genere binario patriarcale – e quelli più recenti, dove l’attenzione è stata rivolta piuttosto a rintracciare la mobilità, l’adattabilità e gli effetti a lungo raggio della ‘sessualità normale’. L’ultimo decennio è stato testimone di un patrimonio di ricerca femminista informato da entrambi gli approcci, come anche dai loro sviluppi all’interno della teoria femminista intersezionale. Le sociologhe femministe hanno considerato la co-costruzione del genere e dell’eterosessualità attraverso domini culturali, istituzionali e politico-economici, lavorando per mostrare gli effetti moltiplicativi di origine etnica e di classe sociale sulla soggettività eterossessuale (per es. Andersen 2008; Bettie 2003). Portando il paradigma eterosessuale all’interno dell’analisi, queste ricerche hanno mostrato come la soggettività eterosessuale, nonostante derive di fragilità, variabilità o ‘queerness’, ancora riesca e scrivere la femminilità e la maschilità sociali (per es. Kitzinger e Wilkinson 1994).

In questo numero di AG s’intende riflettere sull’eteronormatività intesa come struttura pervasiva di potere che impone, naturalizzandoli, sia un dualismo di genere che si fa gerarchia, sia il primato dell’eterosessualità monogamica. In altre parole, il ruolo del discorso eteronormativo nel definire le regole del vivere sociale. In particolare ci interessa articolare le riflessioni nei seguenti ambiti, da intendersi come non esclusivi:

  1. Eteronormatività e storia: Si è parlato della norma eterosessuale come di presenza assente (Katz 1996) volendo sottolineare come la storiografia si sia interrogata poco sull’eterosessualità, impostasi progressivamente come norma di “natura” e come criterio definitorio delle altre forme di sessualità. Ci interessano pertanto contributi che riflettano intorno alla costruzione sociale della normalità eterosessuale, all’invenzione e ai cambiamenti della cultura eterosessuale nello spazio e nel tempo e ai processi storici che hanno contribuito alla costruzione e al mutamento delle norme sociali e culturali in rapporto alle questioni della sessualità.

  2. Eteronormatività e spazio: Il regime di (in)visibilità della norma eterosessuale traccia delle frontiere, più o meno porose, che permettono di ripensare le condizioni e le modalità di accesso di ciascuno allo spazio pubblico (Blidon 2012). Lo spazio pubblico è infatti pensato, gestito e modellato in base a una rigida concezione dualistica (pubblico/privato, maschio/femmina, lecito/illecito, omosessuale/eterosessuale). Ci interessano contributi che si focalizzino sull’analisi degli spazi, su come essi incorporino, riflettano e quindi naturalizzino le strutture di potere e le gerarchie di genere, legittimino i confini di visibilità e invisibilità, contribuiscano a costruire le nozioni di adeguatezza e vulnerabilità dei corpi.

  3. Eteronormatività e diritto. Attraverso il processo di giuridificazione, il diritto non plasma semplicemente le norme giuridiche secondo assunti eteronormativi ma tende ad ammantare questi assunti di naturalità, proponendoli come normali e dando per scontato che la visione della società che essi propongono sia la sola possibile e reale (Wilkinson e Kizinger 1993). Al contempo però, almeno in determinate circostanze, il diritto può operare come strumento riparatore delle discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere delle persone, contribuendo a sovvertire l’ordine sociale eteronormativo e ad anticipare mutamenti culturali “desiderabili” (MacKinnon 1987 e 1993).

Alla luce di queste considerazioni, riteniamo importanti studi e ricerche che, partendo dall’analisi dei più recenti sviluppi legislativi, giurisprudenziali e dottrinali in materia, riflettano, anche in un’ottica comparatistica: i) sui percorsi argomentativi che tendono ancora, in diverse parti del mondo, a riconoscere diritti esclusivamente a quel modello di soggetto e di formazione sociale che rientra nell’ideale eteronormativo; ii) sugli strumenti e sulle modalità attraverso cui in alcuni ordinamenti, europei e non, la cultura giuridica, o parte di essa, si è mossa e/o si sta muovendo nella direzione dell’abbandono del c.d. dualismo eteronormativo, basato sull’assunto che vi sia un unico orientamento sessuale “corretto” e un unico modello di famiglia accettabile e meritevole di tutela sul piano giuridico.

  1. Eteronormatività e linguaggio: L'eteronormatività pervade anche il modo in cui parliamo e quello che diciamo nelle conversazioni quotidiane (Land 2005). Nell'interazione quotidiana, l'eteronormatività si costruisce e si mantiene costantemente attraverso le pratiche comunicative e, come ha mostrato Butler (1990), gli individui sono quello che sono anche come risultato del modo in cui parlano. Secondo Sedgwick (1993), che ha affermato l'esistenza di un presupposto di eterosessualità nella conversazione quotidiana, i partecipanti ad un'interazione in un contesto ordinario si presumono eterosessuali fino a quando non si dimostra il contrario. Ci interessano, in questo senso, studi e ricerche sulle conversazioni quotidiane e sugli indici linguistici di genere in riferimento al presupposto di eterosessualità veicolato dalla cultura eterosessuale.

I contributi dovranno contenere tra le 4000 e le 6000 parole (bibliografia esclusa) ed essere redatti in una delle due lingue in cui viene pubblicata la rivista (italiano e inglese), si vedano a questo proposito le linee guida della Rivista.

I contributi dovranno essere inviati entro il 31 ottobre 2014.

http://www.aboutgender.unige.it/ojs