Davide Ghiotto vittorioso ai Mondiali di pattinaggio di Heerenveen. Ph. Lars Hagen

Sport

Un filosofo iridato

Davide Ghiotto, alumnus di UniTrento, si racconta dopo il successo ai Mondiali di pattinaggio

21 marzo 2023
Versione stampabile
di Federico Fuiano
Ufficio Sport

A inizio mese è salito alla ribalta delle cronache sportive vincendo due medaglie ai Mondiali di pattinaggio di Heerenveen e diventando campione del mondo nella prova dei diecimila metri. Probabilmente non tutti sanno, però, che due anni e mezzo prima del suo trionfo iridato ha conseguito la laurea in Filosofia all’Università di Trento. Se c'è un individuo che incarna il concetto di studente-atleta, questo è senza dubbio l’alumnus Davide Ghiotto.

Davide, raccontaci del tuo ultimo successo. Che emozione hai provato a conquistare una medaglia d’oro iridata?

«Questo risultato può essere paragonato soltanto alla medaglia di bronzo vinta alle Olimpiadi, una manifestazione che riveste un’importanza sicuramente maggiore alle altre tenendosi ogni quattro anni. Quella di Heerenveen è una vittoria speciale per ciò che mi ha lasciato dal punto di vista umano. Riuscire a trionfare nella patria del pattinaggio, davanti a quindicimila persone che mi incoraggiavano, è qualcosa che mi porterò dentro per tutta la vita».

La tua vita si divide tra pattinaggio e filosofia. Raccontaci come nascono queste due passioni.

«La passione per il pattinaggio nasce grazie a mia nonna, che da bambino mi portò per puro caso su una pista di pattinaggio a rotelle. Lo sport ha sempre fatto parte della mia vita, mio papà è stato un ciclista professionista e i miei genitori mi hanno sempre incoraggiato a praticarlo. Quando mi sono dovuto trasferire in Trentino per allenarmi nel pattinaggio su ghiaccio, ho scelto di iscrivermi a un corso che mi piacesse particolarmente per provare a conciliare al meglio studio e sport. Avevo scoperto la filosofia ai tempi delle scuole superiori, mi piacque subito».

Passando alla tua carriera accademica: la tua tesi affronta un argomento di certo non banale, si intitola infatti “Etica e suicidio: momenti di un percorso storico”.

«Quello del suicidio è un argomento che penso abbia sempre affascinato l'uomo, credo che non venga mai trattato col rispetto che merita. È un argomento molto delicato, profondo e sempre attuale, è difficile parlarne perché non sai mai cosa può aver vissuto il tuo interlocutore».

Che ricordo hai della discussione della tesi? Quale è stato l’esame più duro?

«Ho discusso la tesi tramite Zoom, nel periodo della pandemia. Ero in ritiro con la mia squadra e una mattina saltai l’allenamento proprio per laurearmi. Andò bene, dal punto di vista pratico non ebbi alcuna difficoltà. La cosa divertente è che oltre ai miei familiari erano collegati da un’altra stanza i miei compagni di squadra. L’esame che più mi ha fatto faticare penso sia stato quello di pedagogia generale e sociale: continuavo a ripeterlo nella speranza di ottenere un voto più alto, ma di volta in volta non facevo altro che peggiorare la situazione. Sarebbe andata meglio se avessi accettato il primo voto (ride, ndr)».

Come è stato conciliare vita da atleta e da studente? Che ricordi hai di quel periodo?

«Non mi è mai pesato troppo studiare. Il fatto di dovermi ritagliare due ore al giorno da dedicare allo studio mi aiutava a distrarmi dagli allenamenti e dalle gare. Lo studio in questo senso mi ha sempre aiutato, rappresentando una sorta di valvola di sfogo. Gli ultimi esami, dovendo rispettare delle date già scelte, sono stati un po’ più difficili».

Ci sono dei punti di contatto nell’approccio a una gara e a un esame?

«Per rispondere racconto un piccolo aneddoto. Quando andavo a sostenere gli esami mi capitava di scambiare qualche parola con altri studenti e dicevo loro che avevo più pressione in quella situazione rispetto alle Olimpiadi. Essendo uno studente non frequentante spesso mi trovavo di fronte un professore che non avevo mai visto, senza sapere a cosa stessi andando incontro. Ovviamente era una situazione opposta a quella che vivo quando gareggio, dato che conosco perfettamente come è strutturata una gara di pattinaggio. Per calmarmi pensavo al fatto che per dare gli esami ci fossero più appelli, a differenza di quanto accade nello sport, in cui tutto si decide in una sola occasione. Sport e studio mi hanno aiutato a gestire le emozioni nella vita di tutti i giorni».

L’Università di Trento è coinvolta in diversi progetti di ricerca in vista delle Olimpiadi di Milano-Cortina, cui Davide ambisce partecipare. L’Ateneo ha sempre sostenuto studenti e studentesse impegnati nel mondo dello sport. Un passo importante in questo senso è stato compiuto nel 2011, con la nascita del programma TopSport: è stato il primo esempio in Italia di programma di doppia carriera e offre ad atlete e atleti un supporto concreto nel conciliare impegni sportivi e accademici. Al momento vede coinvolti più di trenta studenti-atleti. Le selezioni per accedervi nell’anno accademico 2023-2024 si terranno tra maggio e luglio.