Le regioni italiane. Foto Adobe Stock

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Autonomia differenziata: è la volta buona?

Cosa potrebbe cambiare per il Trentino e per le altre regioni. Ne parliamo in vista di un incontro a Economia

30 marzo 2023
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di Johnny Gretter
Studente collaboratore Ufficio stampa e relazioni esterne

Di autonomia differenziata si parla ormai da molto tempo. Già dal 2001, quando la riforma del Titolo V della Costituzione aveva introdotto la possibilità di attribuire alle singole regioni particolari forme di autonomia. Ora, un nuovo disegno di legge potrebbe introdurla definitivamente. Ma la proposta fa sorgere alcune domande. Come sarà applicata? Quali saranno le sue conseguenze economiche? Di autonomia differenziata si discuterà lunedì 3 aprile alle 17 in un incontro nella Sala conferenze del Palazzo di Economia. UniTrentoMag ha chiesto al professore emerito Gianfranco Cerea di anticipare alcune risposte a questi interrogativi.

Se ne è parlato tanto ma fino allo scorso dicembre poco era stato fatto per introdurre in concreto l’autonomia differenziata. Il disegno di legge presentato dal ministro degli Affari regionali Roberto Calderoli ha cambiato tutto. E lo scorso 16 marzo, l’autonomia differenziata è stata finalmente approvata dal Consiglio dei ministri. Ma cosa prevede esattamente il disegno di legge?

«Ogni regione, tranne quelle già dotate di statuto speciale, dovrà trattare col governo la suddivisione di 23 competenze stabilite dal decreto. In questo modo le regioni potranno legiferare su una serie di ambiti sui quali lo Stato non ha una potestà legislativa esclusiva. Alcune di queste competenze sono particolarmente importanti, come quelle legate all’istruzione, sanità, produzione di energia e tutela dell’ambiente».

Spetta sempre alle regioni l’iniziativa di richiedere queste competenze?

«Certo, le singole regioni dovranno fare richiesta alla presidenza del Consiglio e al ministero per gli affari regionali. Quest’ultimo dovrà confrontarsi con gli altri ministeri ai quali competono gli ambiti per cui è stata chiesta l’autonomia e avrà trenta giorni per avviare il negoziato con la regione. Dopo l’approvazione definitiva del Consiglio dei ministri verrà emanata una legge che sancisce l’autonomia per la regione che ne ha fatto richiesta».

Non è certo però che l’iter di questo disegno di legge vada a buon fine.

«Infatti, ci sono numerosi ostacoli politici, ma anche i lunghi tempi previsti per le trattative dal disegno di legge stesso potrebbero renderne difficile l’attuazione.
A questo si aggiunge poi il centralismo che caratterizza lo Stato italiano. Il livello di decentramento dei poteri pubblici in Italia è molto modesto. Siamo più vicini alla centralista Francia che a una repubblica federale come la Germania. Le uniche vere realtà dove c’è stato un significativo spostamento delle competenze sono state la Valle d’Aosta, il Trentino - Alto Adige e il Friuli-Venezia Giulia, regioni che assieme hanno poco più di due milioni di abitanti».  

Che cosa può succedere quando si estende l’autonomia a una parte di territorio molto maggiore?

«Possono sorgere alcuni problemi. Pensiamo a due regioni come il Veneto e la Lombardia, che in totale hanno più di 15 milioni di abitanti, il 25% della popolazione italiana. Se le amministrazioni regionali imboccano strade diverse dal governo si creano eccezioni che non riguardano più l’1% della popolazione, ma il 25% o più. La naturale resistenza degli apparati centrali a perdere potere si scontra con una grandissima indipendenza che viene data alle regioni».

Il disegno di legge non sembra nemmeno tenere conto delle grandi differenze tra le regioni italiane.

«Sì, le capacità di amministrazione cambiano profondamente tra le regioni. La sanità, ad esempio, non è la stessa in Veneto o in Calabria. Così anche l’istruzione è una competenza dello Stato, ma i test INVALSI testimoniano che non dà risultati analoghi in tutte le regioni. Tutto questo rende problematico realizzare un quadro di decentramento».

Viene naturale chiedersi se il disegno di legge affronti questo problema in modo adeguato e se dia risposte credibili…

«La domanda rimane aperta. Durante l’incontro del 3 aprile cercheremo di riflettere su questo tema attraverso punti di vista diversi, con un approccio interdisciplinare».

L’incontro “Autonomia differenziata. Che cos’è? Come potrà funzionare?” è promosso dal Dipartimento di Economia e Management insieme alla Facoltà di Giurisprudenza ed è pensato come momento di informazione e di confronto con la cittadinanza. L’economista Gianfranco Cerea e il giurista Fulvio Cortese discuteranno dei fondamenti giuridici e delle conseguenze economiche dell’autonomia differenziata, introdotti dalle professoresse Chiara Tomasi ed Elena Ioriatti.