Mercoledì, 20 febbraio 2019

Hai capito? Te lo leggo negli occhi

Uno studio CIMeC sulle basi dell’apprendimento, pubblicato oggi su Journal of Vision, getta nuova luce sulle conoscenze in materia di attenzione e comprensione

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Come si fa a sapere cosa pensa una persona? Basta guardare i suoi comportamenti, come risponde a uno stimolo. E come capire se ha appreso una lezione o valutare il suo livello di attenzione? Ancora, ce lo dicono le sue reazioni.

Fin qui quello che sappiamo – o ci hanno sempre insegnato – dei meccanismi che regolano l’apprendimento negli individui. E se questo sistema di valutazione che adottiamo da sempre non fosse davvero il più attendibile? È possibile misurare il livello di apprendimento in modo diverso, più preciso? 

Se lo sono chiesto due ricercatori del CIMeC di Rovereto (Centro Mente Cervello dell’Università di Trento) in uno studio pubblicato oggi sulla rivista scientifica Journal of Vision: Giuseppe Notaro, primo firmatario dell’articolo, e Uri Hasson, coordinatore dello studio.

I ricercatori hanno osservato quanto alcuni fattori possano interferire con il riscontro che le persone restituiscono (es. dov’è l’immagine?). A entrare in gioco nel trasformare la percezione del messaggio in risposta sono innanzitutto i sensi, ma anche lo stato d’animo, le inibizioni a rispondere e le aspettative che una persona può avere.

Questi fattori intervengono invece molto meno nei movimenti anticipatori.  Un caso estremo della ricaduta di questi risultati si ha nelle persone le cui condizioni fisiche o mentali non consentono di prestare attenzione a stimoli e a rispondere. Come bambini molto piccoli, persone autistiche o affette da deficit motori invalidanti (ad esempio il morbo di Parkinson). In tutti questi casi, misurare il grado di attenzione e comprensione tramite le loro risposte può essere davvero difficile. 

Lo studio
Come è possibile sapere se queste persone stanno davvero imparando, stanno assimilando informazioni utili per loro? Lo studio del CIMeC offre una risposta: è possibile osservare il movimento inconsapevole degli occhi, che riflettono la capacità del cervello di apprendere.
Nel corso dell’esperimento che ha dato origine allo studio, i ricercatori hanno raccolto dati utilizzando un eye tracker, un dispositivo che permette di misurare dove stiamo guardando. 

Gli scenari applicativi
Questi risultati hanno il potenziale di aprire interessanti scenari applicativi soprattutto in ambito sanitario ed educativo, nell’apprendimento rivolto a soggetti con deficit di attenzione e di comunicazione. 

Lo studio si inserisce nel solco delle attività condotte dal CIMec di Rovereto sul cervello e sui meccanismi di apprendimento. 

Ulteriori dettagli nel comunicato stampa