Venerdì, 11 ottobre 2019

Di che cosa parlano i Nobel? Una ricerca dell'Ateneo su Plos One

Sulla rivista scientifica Plos One una ricerca di UniTrento che analizza le parole chiave dei discorsi tenuti da oltre 200 Premi Nobel dal 1901 a oggi

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Amore per la conoscenza, ricerca come vocazione, ma anche politica e responsabilità dello scienziato. Sono i temi più ricorrenti nei discorsi dei vincitori e delle vincitrici del Premio Nobel durante tutta la sua storia.

Lo riferisce uno studio dell’Università di Trento, pubblicato dall’importante rivista scientifica Plos One proprio nei giorni in cui vengono assegnati i premi Nobel 2019.

L’articolo presenta i risultati di un’analisi quantitativa svolta su 218 discorsi pronunciati dal 1901 al 2018 da Premi Nobel di Fisica, Chimica e Medicina/Fisiologia in occasione della cena di gala e che sono rappresentativi dei vincitori e delle vincitrici di Nobel di tutte le discipline (607 in totale).

Il team del Dipartimento di Sociologia e Ricerca sociale dell’Università di Trento ha messo in luce gli argomenti maggiormente presenti. A ispirare i discorsi dei Nobel è soprattutto la celebrazione della scienza e della sua importanza sociale e culturale, come fa Carlo Rubbia (Nobel Fisica 1984) richiamando il celebre passo di Dante, «Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e conoscenza».

Un altro tema dominante è la presentazione della ricerca come una professione molto concreta, che richiede una grande dedizione e spirito di sacrificio. Shuji Nakamura (Nobel Fisica, 2014), ad esempio, sottolinea come alla tecnologia del Led (Light Emitting Diode) sia arrivato solo con perseveranza, dopo aver provato per oltre 30 anni a fare ciò che sembrava impossibile.

Nel tempo i discorsi diventano meno centrati sulle grandi prospettive e benefici per l’umanità e sempre più tecnici e simili a lezioni. Come dimostra Tasuku Honjo (Nobel Fisiologia/Medicina, 2018) con il suo discorso sul ruolo dell’immunoterapia nella cura del cancro.

Soprattutto tra le due guerre mondiali vi sono forti richiami alla politica e al ruolo delle nazioni, ma la scienza è vista spesso come terreno nel quale nazionalismi e conflitti tra Paesi possono stemperarsi e trovare un contesto favorevole alla competizione pacifica e anche alla cooperazione. Sono molti i discorsi che descrivono la ricerca scientifica come un ambiente internazionale, dove si superano orgoglio e conflittualità nazionali, da nemici si diventa colleghi: da Archibald Vivian Hill (Nobel Fisiologia/Medicina, 1922) a Irving Langmuir (Nobel Chimica, 1932) a Herbert S. Gasser (Nobel Fisiologia/Medicina, 1944).

Dopo la seconda guerra mondiale emerge con forza il tema della responsabilità della scienza e dell’impatto dei risultati di ricerca. L’ambivalenza del ruolo sociale e politico della scienza appare evidente nei discorsi di molti premiati, tra cui quelli di Edward Appleton (Nobel Fisica, 1947) e di Patrick Blackett (Nobel Fisica,1948).

L’articolodal titolo Give science and peace a chance: Speeches by Nobel laureates in the sciences, 1901-2018 e disponibile in open access, è stato scritto da Massimiano Bucchi, Enzo Loner ed Eliana Fattorini del Dipartimento di Sociologia e Ricerca sociale dell’Università di Trento ed è stato pubblicato l’8 ottobre su Plos One.