Federico Faggin. ©Foto Elvia Faggin.

Innovazione

Dall’analogico all’intelligenza artificiale

Intervista a Federico Faggin, inventore del microprocessore e del touchscreen

30 ottobre 2019
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di Marinella Daidone
Lavora presso l’Ufficio Web, social media e produzione video dell’Università di Trento.

Dall’invenzione del microprocessore a quella del touchpad e touchscreen: è notevole il contributo dato da Federico Faggin alla tecnologia che usiamo tutti i giorni. Fisico, inventore, imprenditore, studioso e pensatore Federico Faggin è stato ospite del Dipartimento di Ingegneria Industriale dove ha tenuto una lezione accolto dall’entusiasmo di centinaia di studenti e studentesse, docenti e pubblico esterno. Dopo i saluti dell’Ateneo portati dal prorettore Flavio Deflorian, a dialogare con lui è stato il direttore Dario Petri, che ha sottolineato come la carriera di Faggin coincida, e non per caso, con l’evoluzione della tecnologia dell’informazione degli ultimi decenni. A margine dell’incontro gli abbiamo rivolto alcune domande.

Ci racconta qualcosa del percorso che l’ha portata a diventare un inventore? Dagli studi in Italia al trasferimento nella Silicon Valley.

Mi sono diplomato perito radiotecnico a Vicenza, dove sono nato e cresciuto, a parte una parentesi durante la guerra quando la mia famiglia si è trasferita in campagna a Isola Vicentina. Dopo le superiori ho lavorato all’Olivetti, per un anno e tre mesi, dove ho avuto la fortuna di progettare e costruire, con alcuni tecnici che lavoravano per me, un calcolatore elettronico sperimentale. Se non avessi avuto quell’esperienza la mia carriera sarebbe stata completamente diversa. Ha improntato tutto il resto della mia vita perché mi ha spinto a studiare fisica: volevo capire i fondamenti scientifici del funzionamento dei transistori. Contrariamente alle valvole termoioniche (la tecnologia precedente), i transistori usano le proprietà della fisica quantistica. Ero affascinato da questa fisica nuova e mi sono iscritto all’Università di Padova. Mi sono laureato in Fisica in meno di 4 anni con 110 e lode e l’anno successivo sono stato assistente incaricato in quella università dove ho insegnato Laboratorio di Elettronica agli studenti del terz’anno. Poi ho lavorato per la SGS, una ditta in parte posseduta dalla Fairchild Semiconductor, e quella è stata la connessione con gli Stati Uniti. Lì ho sviluppato il primo processo di fabbricazione MOS (Metal Oxide Semiconductor), un tipo di transistore completamente diverso da quello che si usava allora in quasi tutti i circuiti integrati. In SGS è nata la mia passione per questa tecnologia che io consideravo molto promettente, ma che gli addetti ai lavori consideravano una perdita di tempo. E quella è diventata poi la tecnologia fondamentale di tutta l’elettronica.

Dal microprocessore al touchscreen, le sue invenzioni sono tante e hanno cambiato le nostre vite. Tra tutte le sue invenzioni se dovesse sceglierne una quale sceglierebbe e perché?

Scelgo la tecnologia MOS Silicon Gate. È stato il mio primo lavoro importante, fatto con le conoscenze acquisite in Italia, che ha cambiato l’industria dei semiconduttori. Tutta la microelettronica è cambiata perché ha utilizzato questo nuovo tipo di transistore con la porta di silicio che ho inventato alla Fairchild. Ha soppiantato la tecnologia allora prevalente, che era una tecnologia bipolare, ed è diventata quella che ha dominato l’industria mondiale. Era il 1968 quando ho creato questa tecnologia e sviluppato il primo circuito integrato commerciale. La tecnologia MOS ha permesso di realizzare i componenti del computer che usiamo oggi: il microprocessore, le memorie dinamiche RAM, le memorie non volatili, i CCD (Charge-Coupled Device), i sensori d’immagini. Questa tecnologia è quella che ha permesso tutto lo sviluppo successivo dai personal computer ai telefonini.

Scienziato, inventore, ma anche imprenditore. L’Università di Trento sta cercando di promuovere le start up. Che consigli darebbe all’Ateneo e ai nostri giovani laureati per lavorare in questo campo?

Per prima cosa bisogna promuovere una cultura delle start up e per farlo ci vuole un po’ di tempo. Bisogna partire da un centro di eccellenza, in questo caso a livello universitario, e far nascere un’attività imprenditoriale coinvolgendo qualche ditta che apra la strada e che poi ne potrà attrarre altre. Ci vogliono fondi, ci vuole una visione e un certo numero di persone che si occupino anche degli aspetti burocratici e gestionali. Occorre anche la sensibilità di capire l’importanza di questo fenomeno da parte della città. Nella Silicon Valley l’ultimo trimestre l’investimento totale di venture capital è stato di 65 miliardi di dollari. Le venture capital comprano azioni della ditta di start up e se la ditta non ce la fa a stare sul mercato perdono i soldi investiti; se invece la start up ha successo le azioni acquistano valore e chi ha investito ha ricavi multipli.

Per far funzionare il sistema bisogna avere un numero sufficiente di start up perché non è facile per una start up rimanere sul mercato, solo una su 5 o su 10 ce la fa; bisogna mettere in conto una ventina d’investimenti prima di poter ottenere un guadagno.

Ai giovani consiglio di seguire le loro passioni e i loro sogni. Per fondare una start up non bastano però le competenze tecnico-scientifiche, servono anche capacità gestionali. Bisogna incoraggiare questi ragazzi a rimanere qui, e per farlo è importante la relazione che si crea tra università e industria che permette di accelerare il processo di creazione di questo ecosistema.

Quali sono i timori dell’essere umano nei confronti dell’intelligenza artificiale (IA) e quali sono i limiti che l’IA non potrà mai superare?

L’intelligenza artificiale supererà, e anzi ha già superato, l’essere umano in tutto ciò che può essere fatto in modo meccanico, mentre la macchina non avrà mai facoltà umane come la creatività, l’empatia, la compassione, i sentimenti. Per non parlare degli aspetti legati al coraggio e alla capacità di fare scelte etiche. Quello che ci offre la macchina è la velocità di calcolo, la velocità computazionale, l’aspetto logico di correlazioni tra dati. Il nostro valore è nel lato umano che la macchina non ha e non avrà mai.

Lei ha pubblicato di recente un’autobiografia “Silicio. Dall'invenzione del microprocessore alla nuova scienza della consapevolezza” (Mondadori, 2019).

Il libro racconta la mia storia. Si articola in quelle che io chiamo le mie quattro vite, perché tutte le volte che ho superato dei pregiudizi o conquistato dei modi di vedere nuovi ho iniziato una nuova vita.

La prima vita è quella che ho vissuto in Italia naturalmente, la vita in cui ho avuto una buona formazione e ho fatto le prime esperienze di lavoro. La seconda vita è quella dell’inventore nei primi 8-10 anni in California dove mi sono trasferito quando avevo 26 anni. La terza vita è quella di imprenditore seriale: ho fatto partire da zero alcune ditte tra cui la Zilog, che ha fabbricato il microprocessore Z80, e la Synaptics che ha sviluppato i primi touchpad e touchscreen.

La quarta vita è quando ho cominciato a sviluppare la mia interiorità, che era stata trascurata nella prima parte della mia vita, e ho iniziato a studiare la natura della coscienza. Questa attività mi ha veramente affascinato ed è quella che mi motiva oggi. Negli ultimi 10 anni ho creato la Federico e Elvia Faggin Foundation per lo studio scientifico della consapevolezza che dirigo e alla quale dedico tutto il mio tempo. Il libro racconta le vicissitudini interiori e gli accadimenti esterni che mi hanno portato a compiere questo percorso.

Nell’ultimo capitolo racconto un modello della realtà basato sull’idea che la consapevolezza sia irriducibile, sia cioè una proprietà che non deriva dalla materia - come oggi la scienza tende a considerarla -, ma che sia invece un aspetto fondamentale della natura. Se si assume questo punto di vista, si deve concepire un inizio dell’universo completamente diverso da come ci viene raccontato.


From analog to artificial intelligence

An interview with Federico Faggin, who invented the microprocessor and the touchscreen

by Marinella Daidone 

Federico Faggin made a huge contribution to technology as the inventor of the microprocessor, the touchpad and the touchscreen. A physicist, inventor, entrepreneur, scientist and thinker, Federico Faggin visited UniTrento to give a lecture at the Department of Industrial Engineering, where he was welcomed by hundreds of students, faculty and people from the community. After the welcome address by deputy rector Flavio Deflorian, Dario Petri, director of the department, led the discussion by pointing out that the career of Federico Faggin progressed side by side with the evolution of information technology, and that is not a coincidence. We took advantage of this opportunity to ask him a few questions.

Can you tell us what made you become an inventor? From your studies in Italy to moving to the Silicon Valley.

I attended a technical institute in Vicenza, the city where I was born and raised except for a short period during the war, when my family moved to the country, to Isola Vicentina.
I obtained a diploma in radio electronics and after high school I found a job at Olivetti, for one year and three months, where I had the opportunity to design and build an experimental electronic computer, as a leader of a team of technicians. My career would not have been the same without this experience. It determined the rest of my life because it made me study physics: I wanted to understand the scientific basis of the functioning of transistors. Unlike thermionic valves (the old technology), transistors are based on the principles of quantum physics. I was fascinated by this new physics, so I enrolled at the University of Padua. I graduated in physics summa cum laude in less than 4 years, and the following year I became assistant professor in the same university, where I started teaching electronics to third-year students. Then, I was employed by SGS, a company that was partly owned by Fairchild Semiconductor, and that was my connection to the United States. There I developed the first MOS (Metal Oxide Semiconductor) process technology, a type of transistor that was completely different from what was used then in integrated circuits. My passion for that technology started at SGS, I thought it was a very promising advancement, even if professionals in the field believed it was a waste of time. Now we know that that technology became fundamental for electronics.

From the microprocessor to the touchscreen, your inventions have changed the way we live. Is there one you are particularly proud of? Can you tell us something about it?

The MOS Silicon Gate. It was my first important job, I made it building on the knowledge I had learned in Italy, and it changed the semiconductor industry. It changed the face of microelectronics because it started using this new type of transistor with silicon gates that I had invented at Fairchild. It replaced the bipolar technology that was then in use, and became the leading technology in the industry globally. I created the silicon gate technology and developed the first commercial integrated circuit in 1968. MOS technology opened the way to modern computer components: microprocessors, DRAM memories, non-volatile memories, CCD (Charge-Coupled Device) image sensors. This technology made further developments possible, from personal computers to mobile phones.

You are a scientist, an inventor, but also an entrepreneur. The University of Trento is actively trying to promote startups. Would you like to give a piece of advice to our new graduates who are about to set off on this journey? 

First of all, you need to build a startup culture, and that takes time. A good starting point would be to establish a center of excellence, in this case at university level, and to create a business with some company that would serve as forerunner, attracting other companies. You need funds, a vision and a number of people who can manage bureaucratic and practical aspects. And the City should understand the importance of this type of projects. In the Silicon Valley, in the last quarter, total investments in venture capital amounted to 65 billion dollars. Venture capitals buy shares in startup companies and if the latter do not survive to enter the market they lose their investment; if, on the other hand, the startup thrives, the value of the shares increases and the investors make a profit.
For the system to work there must be a sufficient number of startups, because it is not easy for a startup to stay on the market, only one in 5 or in 10 makes it. You must make multiple investments, about twenty, before making a profit. 
My advice to young people is to follow their dreams and their passions. To found a startup, however, you need technical and specific skills but also management skills. We must encourage young people to remain here, and the relationship between the university and the industry is fundamental to do that, because it makes it possible to speed up the process to establish this ecosystem.

Why do humans fear artificial intelligence, and what are the limits of AI?

Artificial intelligence will surpass, actually, has already surpassed human intelligence in all that can be done mechanically, but machines will never have human creativity, empathy, compassion and feelings. As they will never have courage or bravery or the ability to make ethical choices. Machines are fast in terms of computational abilities, and they can analyze and combine data. But we are human, and that is something that machines will never be.

You have recently published your autobiography "Silicio. From the invention of the microprocessor to the new science of awareness” (Mondadori, 2019).

The book is about my story. It is structured in four parts, one for each of my lives, because every time I was able to dispel a preconception or to find a new way to see the world a new life started for me.
My first life is the one I lived in Italy of course, it is the one in which I received an excellent education and started to work. My second life is my inventor life, the first 8-10 years in California, where I moved at 26. The third life is my serial entrepreneur life: I started some companies from the ground up, like Zilog, which manufactured the Z80 microprocessor, and Synaptics, which developed the first touchpads and touchscreens.
In my fourth life I started to develop my inner self, which I had neglected as a young man, and I started to study the nature of consciousness. I find this reflection very fascinating and it still keeps me highly motivated today. In the last 10 years I founded the Federico & Elvia Faggin Foundation to advance the understanding of consciousness through theoretical and experimental research, to which I commit my time. In the book, I tell about the personal and external events that led me through this journey. 
In the last chapter, I describe a model of reality based on the idea that consciousness is irreducible, meaning that it is a property that does not derive from matter (that is how science considers it), it is a fundamental aspect of nature. If we take this view, we must conceive the birth of the universe as completely different from what we are told.

[Traduzione Paola Bonadiman]