Martedì, 19 maggio 2020

Nuove sorgenti di luce ultra pura per i computer quantistici

Le Università di Trento e Bristol definiscono un dispositivo che genera particelle di luce (fotoni) ideali per alimentare la capacità di calcolo quantistico

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Dall’urbanistica alle previsioni meteorologiche, dal settore diagnostico a quello dei farmaci. Per sviluppare soluzioni innovative, precise ed efficaci, in questi e in altri campi, è sempre più forte la spinta verso metodi di calcolo non convenzionali.

Molte problematiche riguardanti sistemi complessi, con milioni di elementi che interagiscono secondo dinamiche nonlineari, sono alla base di innumerevoli processi naturali che i supercomputer costruiti dall’uomo non sono in grado di risolvere in modo efficiente.

Il cervello umano può riconoscere un volto in pochi millisecondi, mentre a un computer possono volerci minuti. La differenza abissale sta nel modo in cui l’informazione viene rappresentata ed elaborata.

I computer quantistici permettono di attuare una rivoluzione simile: rovesciano i paradigmi del calcolo “classico” e riescono, tramite l’uso della meccanica quantistica, a risolvere problemi considerati a oggi intrattabili.

È in questo scenario che sbarca un dispositivo in grado di generare nuova potenza per i computer quantistici. Il chip, che è una sorgente di qbit (quantum bit, l'unità di informazione quantistica) fotonici realizzata su di un circuito integrato in silicio, è stato messo a punto nell’ambito di una collaborazione tra le Università di Trento e Bristol.

Il risultato è al centro di un articolo pubblicato sulla rivista “Nature Communications”.

Nel comunicato stampa i commenti di Massimo Borghi, Stefano Signorini e Lorenzo Pavesi di UniTrento, autori dell’articolo assieme ai colleghi del team di Bristol.

L’articolo
L’articolo, dal titolo “Near-ideal spontaneous photon sources in silicon quantum photonics” (ovvero “Sorgenti di fotoni quasi-ideali per la fotonica quantistica in silicio”) è stato scritto da Massimo Borghi, Stefano Signorini e Lorenzo Pavesi dell’Università di Trento con Stefano Paesani, Alexandre Mainos e Anthony Laing dell’Università di Bristol.
È stato pubblicato il 19 maggio 2020, su “Nature Communications” ed è disponibile online 
(DOI: https://doi.org/10.1038/s41467-020-16187-8)