Diga di Kamuzu a Lilongwe, Malawi (Africa). Adobe Stock | ©diana777

Ricerca

Crescita economica e tutela ambientale

Le dighe in Africa, la mutagenesi del grano duro e Chernobyl tra i casi di studio

18 gennaio 2021
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Sara de Simone
Fernanda Marchiol
di Sara de Simone e Fernanda Marchiol
Sara de Simone è assegnista di ricerca presso la Scuola di Studi Internazionali dell'Università di Trento, Fernanda Marchiol è dottoranda in Culture d'Europa. Ambiente, spazi, storie, arti, idee all'Università di Trento.

La questione ambientale è una delle sfide più urgenti e cruciali per il mondo contemporaneo. La consapevolezza dei rischi ambientali causati dalle attività umane è progressivamente cresciuta durante gli anni della Guerra Fredda, con la nascita delle prime forme di resistenza sociale e di attivismo ecologista. In parallelo è cresciuta la tensione tra crescita economica e necessità di tutelare l’ambiente naturale. 

L’analisi delle origini e degli sviluppi di queste tensioni tra promozione dello sviluppo e tutela ambientale è al centro del progetto di ricerca PRIN 2017 “Inventing the Global Environment: Science, Politics, Advocacy and the Environment-Development Nexus in the Cold War and Beyond”. Quattro unità di ricerca, appartenenti alle Università di Trento, Genova, Trieste e Napoli “Federico II”, analizzeranno diversi casi studio per comprendere le dinamiche di quello che è stato chiamato “nesso sviluppo-ambiente”. 

Il progetto ha preso avvio alla Scuola di Studi Internazionali UniTrento il 27 novembre 2020, con una giornata di studi suddivisa in quattro gruppi di lavoro tematici.

L’unità di ricerca dell’Ateneo, coordinata dalla professoressa Sara Lorenzini, esaminerà le conseguenze ambientali della costruzione di dighe in Africa: esplorerà il ruolo degli scienziati nell’ideazione dei progetti di sviluppo, la loro relazione con i governi locali e la percezione della scienza da parte della società civile. Gli ospiti, provenienti dal mondo scientifico, dalle ONG, dalle imprese ed esperti di politica, si sono confrontati sulle fasi del processo che porta alla realizzazione di grandi infrastrutture nei paesi in via di sviluppo, con attenzione sulle dighe. 

Le decisioni politiche devono tenere conto di valutazioni scientifiche accurate, fondate su modelli di previsione dell’impatto ambientale e sistemi di monitoraggio che, nel caso delle dighe, considerino la morfologia dei bacini idrici nella loro interezza. Questi grandi progetti, infatti, hanno impatti a lungo termine non solo sull’ambiente naturale, ma anche sull'economia e sulla società delle comunità locali.

Il legame tra sviluppo e ambiente sarà affrontato anche da un’altra prospettiva dall’unità di ricerca di Genova, coordinata dal professor Francesco Cassata. Ci si concentrerà su alcuni utilizzi di una tecnica di biologia molecolare, il programma di mutagenesi del grano duro, condotto in Italia tra gli anni ’50 e ’60 dal CNRN-CNEN (Comitato Nazionale per le Ricerche Nucleari poi Comitato Nazionale per l’Energia Nucleare). Nella discussione a Trento è emersa l’importanza di ricostruire la storia delle applicazioni civili dell’energia nucleare in Italia, per cogliere l’impatto che la fine del programma di ricerca sul nucleare ha esercitato sull’intero sistema della ricerca nazionale. 

E nei movimenti ambientalisti e antinucleari sorti nel dopoguerra, quale ruolo hanno avuto le scienziate? L’unità di Trieste, coordinata dalla professoressa Elisabetta Vezzosi, ha l’obiettivo di ricostruire il contributo di queste donne alla redazione delle agende politiche internazionali connesse alla giustizia ambientale. 

Infine, il deterioramento del rapporto tra scienza, scienziati e resto della società, provocato dall’incidente di Chernobyl, è stato l’argomento della discussione curata dall'unità di ricerca dell’Università Federico II di Napoli. Lo studio, coordinato dal ricercatore Simone Bellezza con Elisabetta Bini, cercherà di capire fino a che punto l’incidente nucleare sia stato un momento di svolta per la ridefinizione dei programmi di ricerca in fisica e ingegneria nucleare. 
 
Il progetto avrà durata triennale e prevede altri momenti di confronto presso le quattro università coinvolte. La partecipazione di numerosi ospiti esterni, provenienti dall’industria, dalle organizzazioni non governative, dal giornalismo e dagli enti di ricerca, mostra il forte collegamento possibile tra la ricerca storica e il mondo non accademico, un aspetto che sarà coltivato e rafforzato nel corso di tutto lo studio.

Sugli argomenti affrontati nell’incontro sono intervenuti: 
gli ingegneri Guido Zolezzi (professore UniTrento) e Andrea Castelletti; il politologo Yacob Arsano, Gino Cocchiaro per Natural Justice e Francesco Tomaiuolo di Webuild spa;
Fabrizio Pisacane, ingegnere nucleare del Centro Ricerche Casaccia- ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile) con la giornalista scientifica Anna Meldolesi e Luigi Cattivelli, direttore del Centro di ricerca Genomica e Bioinformatica - CREA (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria);
Simona Cerrato di Sissa Medialab;
Volodymyr Tykhyy dell’Accademia Nazionale delle Scienze dell’Ucraina, Emily Channell-Justice dell’Harvard Ukrainian Research Institute e Fabio Pistella, già direttore generale dell’ENEA.