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Orientamento

Automotive, l'ingegnere che lavora al Joint Research Centre della Commissione europea

Riccardo Donà: con i risultati delle ricerche Bruxelles scrive le leggi per la circolazione dei veicoli a guida autonoma

17 aprile 2023
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di Johnny Gretter
Studente collaboratore Ufficio stampa e relazioni esterne

Gli sbocchi professionali che si aprono dopo un percorso di studi in ingegneria sono da sempre tra i più promettenti. Ciò non vuol dire, però, che il settore sia rimasto immune dalla trasformazione in atto, a vari livelli, nell’intera società. In un intreccio tra profili consolidati e figure emergenti. Questa settimana, nello speciale "Ingegneria e lavoro", si vuole dare uno spaccato sulle nuove tendenze professionali attraverso le storie di alcuni ingegneri e di alcune ingegnere UniTrento. Il viaggio comincia con Riccardo Donà, laurea triennale di Ingegneria industriale nel 2015, magistrale di meccatronica nel 2017 e dottorato in Materiali, Meccatronica e Ingegneria dei Sistemi nel 2021 partecipando al progetto sostenuto dall’Unione europea "Dreams4Cars".

Ingegner Riccardo Donà, ci racconti dell’istituzione per cui fai ricerca.

«Circa due anni fa, ho iniziato a lavorare per il Joint Research Centre (JRC) della Commissione Europea, che in Italia ha sede a Ispra, in provincia di Varese. Quello che facciamo al JRC è un’attività di ricerca a tutto campo per dare sostegno alle politiche dell’Unione europea. Per portare avanti le sue iniziative, la Commissione ha la necessità di basarsi su evidenze scientifiche indipendenti, che non siano condizionate dal mondo industriale e relativi interessi economici. Ho conosciuto il JRC nel 2020, mentre stavo concludendo il mio dottorato a Trento, grazie al professor Mauro Da Lio. Non avevo mai valutato di intraprendere questa strada in una realtà "politica", solitamente quando si studia ingegneria si punta a lavorare in un’azienda o a fare ricerca in università. Questo lavoro mi ha permesso di continuare a lavorare nel campo di studi del mio dottorato: i veicoli a guida autonoma».

Non deve essere stato semplice cercare lavoro nel pieno della pandemia.

«Il 2020 è stato un momento molto difficile: il mondo era fermo dal punto di vista lavorativo, le aziende avevano chiuso quasi tutti i programmi di assunzione. Se prima con una laurea in ingegneria avevi moltissime opzioni, in quel momento ti potevi trovare costretto ad accettare delle posizioni con uno stipendio più basso. Fortunatamente, le istituzioni pubbliche viaggiano spesso su orizzonti più lunghi, quindi c’erano ancora posizioni attive pensate per il periodo pre-pandemia».

Qualche esempio di quello che deve fare un ingegnere che lavora per il JRC?

«Principalmente, mi occupo di studiare modelli di sicurezza e performance. Questi modelli devono garantire un certo livello di sicurezza, ma devono tenere conto anche della performance dei veicoli, cioè il traffico che possono causare. Il metodo più comune per garantire un comportamento sicuro delle auto è tenere una grande distanza col veicolo davanti. Questo fa in modo che le auto a guida autonoma siano meno coinvolte in incidenti, ma allo stesso tempo crea più code. Questo traffico poi causa maggiori incidenti e quindi crea delle implicazioni di sicurezza indirette. Per poter valutare tutto questo in modo accurato è necessaria una formazione scientifica e ingegneristica molto approfondita.
Un’altra attività di ricerca che sto conducendo ha a che fare con la credibilità delle simulazioni. Molta ricerca nel campo dell’automotive viene fatta attraverso delle simulazioni, ma la certificazione dei veicoli richiede dei test su prototipi fisici. Nel mio lavoro cerco di quantificare lo scarto che c’è tra la simulazione e il veicolo reale. La letteratura scientifica spesso non tiene conto di come funzionano alcuni processi industriali e rischia così di creare norme non adeguate. Non puoi chiedere a un produttore di continuare a distruggere delle automobili finché i test non dicono che sono adatte a rispettare gli standard di sicurezze. Capire quanta differenza c’è tra simulazione e realtà aiuta a creare delle norme che i produttori possono realisticamente rispettare e al tempo stesso permette di incrementare il livello di sicurezza dando modo alle autorità di verificare il comportamento del veicolo in contesti rischiosi».

In che modo tutto questo è utile per la Commissione europea?

«Devo precisare che il mio lavoro non è costituito solo dall’attività di ricerca. Noi ricercatori del JRC utilizziamo i risultati delle nostre ricerche per scrivere delle proposte di legge che poi vengono presentate e votate dal Parlamento europeo. È un lavoro multidisciplinare: chi ha una formazione scientifica si occupa della parte tecnica, mentre chi ha una specializzazione in giurisprudenza si occupa di stendere le proposte in modo che siano corrette dal punto di vista giuridico.
Nel caso delle auto a guida autonoma, ci era stato chiesto da Bruxelles di trovare dei modi per garantire il loro utilizzo in sicurezza. I risultati hanno permesso di creare una normativa entrata in vigore il 5 agosto 2022. È una legge che permette la circolazione ai veicoli a guida autonoma di livello 4, una categoria di cui fanno parte, ad esempio, i taxi a chiamata creati da Google in uso in alcune città degli Stati Uniti. Lì non esistono norme di sicurezza da rispettare prima di mettere in commercio veicoli simili. L’Ue, invece, richiede ai produttori di garantire che queste auto possano circolare rispettando un certo livello di sicurezza».

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