Foto Bernadinatti, archivio Università di Trento.

Orientamento

Le frontiere della ricerca sulle cellule staminali

Unistem Day 2019: studenti e studentesse delle scuole superiori incontrano il mondo della ricerca

27 marzo 2019
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di Alessandra Amadori
Studentessa del corso di laurea in Scienze e tecnologie biomolecolari dell'Università di Trento, collabora con il Servizio Orientamento come studentessa orientatrice.

Sono stati ben 40 gli atenei italiani coinvolti lo scorso 15 marzo 2019 nell’undicesima edizione di Unistem Day, l’evento di divulgazione scientifica nato da un’idea della senatrice a vita Elena Cattaneo e dedicato alla ricerca sulle cellule staminali. L’evento, un progetto su scala nazionale, promosso da UniStem, Centro Interdipartimentale di Ricerca sulle Cellule Staminali dell'Università di Milano, a Trento ha coinvolto 250 studenti di varie scuole superiori e si è svolto presso l’Istituto Tecnico Tecnologico Buonarroti - Pozzo di Trento. In particolare, hanno dato la loro adesione il Liceo Scientifico Torricelli di Bolzano, il Liceo Fabio Filzi di Rovereto, l’Istituto M. Curie di Pergine Valsugana, il Liceo Scientifico Galileo Galilei di Trento, l’Istituto Superiore di Feltre.

Protagoniste assolute dell’evento, che ha visto intervenire molti ricercatori soprattutto del Dipartimento di Biologia Cellulare, Computazionale e Integrata (CIBIO) del nostro Ateneo, le cellule staminali, ovvero quelle particolari cellule potenzialmente capaci di produrre le cellule dell’intero corpo umano. La professoressa Simona Casarosa ha approfondito il tema della suddivisione delle staminali in categorie, a seconda del numero e del tipo di cellule in cui si possono trasformare, e ha tracciato la differenziazione tra cellule totipotenti (cioè in grado di sviluppare un intero organismo ed anche dei tessuti extra-embrionali come lo zigote) e pluripotenti embrionali (ovvero in grado di differenziarsi in tutti i tipi di cellule di un individuo adulto tranne che nelle cellule extra-embrionali), presenti solo nei primi stadi di sviluppo di un essere umano, e quelle adulte, divise nei diversi tessuti del corpo. Ciò che rende la ricerca in materia particolarmente interessante è che alcune staminali possono essere ricreate in laboratorio artificialmente e che i loro maggiori impieghi comprendono sviluppo di organoidi, trapianto di midollo e combinazione con terapia genica per la cura di malattie genetiche.

In particolare, il professor Luca Tiberi ha esposto il concetto di “organoide”, prototipo di organi umani, creato a partire dalle cellule di vari tessuti dell’organismo. Allo stato attuale i maggiori utilizzi di simili tecniche consistono nella creazione di modelli per lo studio di malattie umane, di infezioni virali e, non meno importante, la sperimentazione di farmaci. Gli organoidi infatti rappresentano un’ottima alternativa all’uso di animali e di cellule in piastra, in quanto esemplificano la complessità dell’organo in studio e delle sue funzioni. Inoltre, grazie ai costi ridotti, rendono vantaggioso lo sviluppo di nuovi farmaci.
Un’altra nuova frontiera della ricerca sulle staminali è stata illustrata dalla professoressa Anna Cereseto: la terapia genica. Questa tecnica combina il trasporto di geni di interesse all’interno di cellule isolate da pazienti malati, spesso attraverso virus, con una precisa modifica del DNA, per esempio con CRISPR/CAS9, ovvero una sorta di forbice molecolare che può eliminare o sostituire sequenze geniche. Solo per fare un esempio, il trattamento delle cellule del midollo osseo con questo metodo ha permesso la cura dell’anemia falciforme, una malattia del sangue su base ereditaria.
Le cellule staminali, però, non hanno solamente un enorme potenziale di sviluppo in campo medico. L’intervento del professor Stefano Biressi, infatti, ha sottolineato le potenzialità del loro utilizzo in collegamento con il tema della salvaguardia dell’ambiente e per il contenimento degli allevamenti intensivi. I cambiamenti climatici in atto ci impongono di contenere l’inquinamento, la deforestazione ed il consumo di risorse (acqua ed energia); nel contempo, una mutata sensibilità del consumatore impone di ridurre al minimo le sofferenze animali. Tutto ciò ha portato a immaginare un’alternativa più efficiente per la produzione della carne animale: la carne sintetica, ottenuta a partire da cellule staminali muscolari.

Non poteva mancare, ovviamente, nel dibattito, il confronto con i temi etici e giuridici, che la dottoressa Marta Tomasi della Libera Università di Bolzano ha affrontato partendo dagli articoli della Costituzione Italiana che promuovono lo sviluppo e la libertà della ricerca scientifica, proseguendo poi con gli articoli che tutelano il diritto alla salute del paziente. Le tecniche analizzate in materia di staminali hanno sollevato dilemmi etici e diversi quesiti giuridici, e talora pare che la legge ostacoli il progresso scientifico, anziché promuoverlo. Una falsa prospettiva, poiché solo operando dei bilanciamenti si può davvero ottenere un progresso scientifico: la ricerca sull’essere umano deve essere un percorso graduale, ma costante, che permetta di rispettare i singoli individui. Ed è stato proprio sull’onda delle problematiche etico-giuridiche sollevate dalla dottoressa Tomasi che si è poi sviluppato il maggior numero di interventi dei giovani partecipanti al convegno, interessati al tema della regolamentazione dell'uso delle staminali embrionali in Italia. Molti quesiti, inoltre, sono stati incentrati sulle ampie possibilità terapeutiche di questi approcci in futuro.

I giovani partecipanti al convegno hanno quindi avuto modo di confrontarsi non solo con temi di carattere scientifico-divulgativo, relativi alle tecniche d’avanguardia in tema di cellule staminali, ma hanno dovuto riflettere su temi collegati al loro ruolo di cittadini di uno Stato democratico e rispettoso dei diritti inalienabili dell’individuo. Non è mancato neppure un accenno al difficile percorso della carriera di ricercatore, a quanto siano decisivi impegno e passione in ambito di ricerca accademica e/o industriale. E, in ultima, ricercatori e ricercatrici hanno segnalato che ogni sviluppo scientifico può comportare gravi rischi per l’essere umano, che solo una ricerca rigorosa, attuata con metodo scientifico e competenza, può contenere.