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Melodici pianti

Quando la tristezza è questione di semitoni

20 aprile 2022
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Francesco Pavani
Gabriele Zeloni
di Francesco Pavani e Gabriele Zeloni
Francesco Pavani è professore ordinario di Psicologia generale (Università di Trento). Gabriele Zeloni è Psicoanalista Spi-Ipa e dirigente Ausl Toscana Centro

Uno studio, nato della collaborazione di UniTrento con Ausl Toscana Centro e Conservatorio Musicale Cherubini (Firenze), descrive una sorprendente assonanza tra il pianto infantile e la musica che evoca tristezza

Che siate musicisti o meno, vi bastano solitamente poche note di una melodia per stabilire se è triste e melanconica o, invece, allegra e positiva. Immaginate di suonare su un pianoforte due tasti immediatamente adiacenti, ad esempio un tasto bianco e quello nero subito accanto: questo intervallo fra le due note è chiamato in musica “intervallo di seconda minore”. Anche se certamente non è l’unico aspetto di una melodia che può restituirvi un’esperienza emozionale (contano anche l’insieme delle note complessive, gli accordi e le dissonanze che potete udire, il ritmo con cui è suonata, la vostra esperienza precedente, e molto altro) questa unità melodica minima è già in grado di veicolare esperienze emotive. Le prime battute del Lacrimosa nel Requiem di Mozart, ad esempio, sono costellate di intervalli fra toni successivi di questa natura -- e l’effetto è meravigliosamente straziante.

Questa associazione tra intervalli di seconda minore ed emozioni negative/tristi si manifesta in maniera cross-culturale, tanto nella musica occidentale quanto nella musica di altre parti del mondo, come ad esempio la musica Carnatica dell'India meridionale. Allo stesso modo, le espressioni emotive veicolate dalle melodie occidentali possono essere riconosciute anche da persone che non sono mai state esposte alla musica occidentale, come può essere la popolazione nativa africana Mafa.

La ricerca “Minor second intervals: a shared signature for infant cries and sadness in music”, nata da una collaborazione fra UniTrento, Ausl Toscana Centro e Conservatorio Musicale Cherubini (Firenze) rivela una sorprendente similitudine nell’uso di questi intervalli melodici nel pianto dei bambini e nelle melodie della musica che evoca tristezza. La ricerca è stata appena pubblicata sulla rivista i-Perception in Open Access.

Lo studio voleva capire da dove potrebbe derivare l'associazione sistematica di cui ognuno fa esperienza fra gli intervalli musicali e stati emozionali. Da lungo tempo è stata formulata l'ipotesi che questa associazione sistematica possa avere origine nelle comunicazioni non musicali, vocaliche, che la specie umana è in grado di produrre e interpretare. Questa nuova ricerca ha esaminato se nelle vocalizzazioni dei bambini di pochi mesi si possano riconoscere differenze fra toni simili agli intervalli musicali e se queste siano maggiormente sbilanciate verso le seconde minori quando il bambino piange rispetto a quando fa vocalizzi neutri.

Per rispondere a questa domanda sono state utilizzate registrazioni di vocalizzazioni di bambini di pochi mesi già disponibili in internet. Nella prima parte dell'esperimento è stata impiegata la banca dati chiamata OxVoc (Oxford Vocal Sounds database, bambini di 6-8 mesi), che è un insieme validato di vocalizzazioni di bambini di pochi mesi, adulti e animali domestici caratterizzato da diverse affettività (tristezza, gioia, espressioni neutre). Nella seconda parte dell'esperimento sono state invece estratte tracce audio da una risorsa di audio creata dagli utenti di internet (FreeSound database). Si è poi chiesto a musicisti professionisti e docenti di conservatorio musicale di ascoltare queste vocalizzazioni e di trascriverle in forma di note. Nessuno dei musicisti conosceva la finalità e le ipotesi dello studio. Infine sono state analizzati gli intervalli fra le note (130 intervalli per il database OxVoc; 469 intervalli per il database FreeSound) per vedere quanto ciascuno degli intervalli musicali del sistema musicale fossero rappresentati nei pianti di bambini e nelle loro vocalizzazioni neutre.

Da tutto ciò è emersa una prevalenza di intervalli di seconde minori nel pianto del bambino, che non c'era invece nelle vocalizzazioni neutre. Un risultato piuttosto sorprendente che viene descritto nel Grafico 1.

Le conclusioni a cui è giunta la ricerca suggeriscono che l'associazione fra intervalli di seconda minore e tristezza nella popolazione umana adulta potrebbe svilupparsi anche perché un indizio sociale molto importante (qual è il pianto infantile) contiene una regolare associazione fra seconde minori e stati emotivi negativi.

È molto probabile che i risultati di questa ricerca possano ispirare nuovi studi nell’ambito delle scienze psicologiche. Per esempio, le caratteristiche melodiche del pianto dei neonati di cui si parla nel lavoro, potrebbero essere studiate in relazione al pianto di bambini con caratteristiche dello spettro autistico per i quali sono note alcune atipicità nella produzione vocale di questi segnali sociali. Oppure potrebbero essere utile approfondire come questi segnali sociali possano associarsi a stati emozionali nell'interazione nelle diadi madre/bambino nelle quali l’esperienza acustica del figlio o del genitore è assente o parziale (come nel caso di sordità o ipoacusie) e se questo possa associarsi ad una diversa esperienza emozionale della musica. 

L’articolo, dal titolo “Minor second intervals: a shared signature for infant cries and sadness in music”, è stato scritto da Gabriele Zeloni (Società Psicoanalitica Italiana e Ausl Toscana Centro) e Francesco Pavani (professore del Dipartimento di Psicologia e Scienze cognitive e del Centro Interdipartimentale Mente/Cervello, Università di Trento) ed è stato pubblicato il 18 aprile 2022 sul giornale i-Perception. È disponibile in Open Access su https://doi.org/10.1177/20416695221092471

Grafico 1

Grafico

La figura mostra il conteggio degli intervalli melodici osservati nel pianto e nelle vocalizzazioni neutre, separatamente per ogni tipo di intervallo (Un: unisono; m2: seconda minore; M2: seconda maggiore; m3: terza minore; M3: terza maggiore; p4: quarta giusta; tt: tritono; p5: quinta giusta; m6: sesta minore; M6: sesta maggiore; m7: settima minore; M7: settima maggiore; Oc: ottava). A sinistra le misurazioni effettuate nei dati estratti da OxVoc, a destra nei dati estratti da FreeSound.