Srrrbd Haanz Zbgyev, mascotte del laboratorio di risonanza magnetica del CIMeC - © Archivio UniTrento ph. Giovanni Cavulli

Ricerca

Cuore, mente e cervello per la ricerca

Le facilities del CIMeC raccontate da Massimo Vescovi, responsabile del Laboratorio di Psicologia sperimentale

27 luglio 2022
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di Matteo Largaiolli e Daniele Santuliana
Ufficio Stampa e Relazioni esterne

Rovereto, con Palazzo Fedrigotti, il Trade Center di via Matteo del Ben e la Manifattura Tabacchi, ma anche i laboratori di Mattarello, a sud del capoluogo: il CIMeC - Centro interdipartimentale Mente/Cervello dell’Università di Trento è una struttura complessa con spazi dislocati sul territorio e laboratori all’avanguardia gestiti da personale tecnico altamente qualificato. Lo speciale di UniTrentoMag sulle facilities d’ateneo vuole raccontare oggi proprio i laboratori del CIMeC dando la parola a chi ogni giorno spende la propria professionalità al loro interno. Ecco cosa ne pensa Massimo Vescovi, tecnico del CIMeC responsabile del Laboratorio di Psicologia sperimentale.

Dottor Vescovi, la geografia dei laboratori del CIMeC è complessa. Come possiamo orientarci?

Ci sono diversi spazi. Un polo è dedicato alla Neuroimmagine, per lo sviluppo di nuove tecniche per l’imaging del cervello umano. Poi ci sono il Laboratorio di Cognizione animale e neuroscienze, quello di Language, Interaction and Computation (CLIC) e il Centro di Riabilitazione Neurocognitiva (CeRiN), dove si persegue la costante innovazione della pratica clinica facendo coesistere servizi clinici, attività formative e di ricerca clinica e di base (nelle neuroscienze cognitive). I laboratori di Psicologia sperimentale (EPL) di Rovereto lavorano nell’ambito delle neuroscienze cognitive: io mi occupo soprattutto di questo laboratorio, in cui si possono identificare cinque differenti aree di utilizzo: i laboratori di psicofisica, lo studio dei movimenti oculari, il laboratorio multisensoriale, il laboratorio di cinematica, l’elettroencefalografia (EEG).

Chi è attivo nel vostro laboratorio?

Prima del Covid-19 erano laboratori frequentati da molti studenti, di laurea e di dottorato. È normale che vi siano molte persone, in quanto i laboratori e la strumentazione permettono di condurre vari tipi di ricerche. Inoltre, spesso ospitiamo studi comportamentali preliminari a esperimenti che si vogliono condurre con MEG e fMRI.

Il Covid ha modificato la ricerca tradizionale, ma ha fatto anche immaginare un nuovo approccio. Avete cambiato il vostro modo di lavorare?

In generale sta cambiando il modo di fare ricerca. Pur rimanendo fondamentale la ricerca in presenza, sono sempre più comuni gli esperimenti online. Ultimamente, si sceglie spesso di procedere in parallelo, sia con esperimenti in laboratorio con un numero limitato di soggetti ma condizioni sperimentali e attrezzatura controllate, sia con esperimenti condotti online. Quelli online non permettono un controllo diretto, ma hanno il vantaggio di aumentare e velocizzare il reclutamento.

La cosa che le piace di più del suo lavoro?

Soprattutto il rapporto con le persone, lavorare con studenti e dottorandi è molto motivante. Nell’attività di supporto, capita spesso di condividere con loro la ricerca di soluzioni sperimentali e tecnologiche, l’implementazione di protocolli e l’ideazione di progetti. Quando arriva il risultato, la soddisfazione è per entrambi.

Il vostro lavoro come tecnici quindi è molto vario. Ci sono anche aspetti più legati all’organizzazione.

Noi tecnici seguiamo anche parte delle procedure relative agli acquisti: per ciascun bene che si vuole acquistare deve essere eseguita un’indagine di mercato. Cerchiamo il prodotto migliore, identifichiamo i requisiti specifici e i possibili fornitori nel mercato elettronico. I tecnici si occupano inoltre della gestione e manutenzione delle attrezzature e della sicurezza. Quest’ultima non riguarda solo la sicurezza dei locali ma anche la gestione e regolamentazione degli accessi alla facility e la formazione di chi la utilizza. Anche se mi avvalgo del supporto del personale amministrativo del centro e dei vari uffici, la parte burocratica ha sempre più peso nella mia attività.

Il personale di un laboratorio permette però anche di tenere una memoria storica di tutto quello che è stato fatto e che può essere d'aiuto per trovare nuove soluzioni.

Le persone, così come le attività di ricerca condotte nei laboratori, sono sempre diverse, in continua evoluzione. Le problematiche - e quindi le soluzioni - sono però spesso le stesse o simili. Quindi, la memoria storica del personale tecnico spesso si rileva utile per risolvere velocemente ed efficacemente queste situazioni. Allo stesso modo, si possono trarre indicazioni importanti dalle soluzioni adottate da altre facility dell’ateneo.

Come è la ricerca, oggi? Come le sembra?

A volte, ci sono difficoltà e non sempre tutto va come si vorrebbe. Io, però, vedo molte potenzialità in una sempre maggior interazione fra il CIMeC e i vari enti e centri di ricerca presenti sul territorio: in Trentino ci sono molte realtà con cui le nostre facilities potrebbero stabilire collaborazioni interessanti

Negli anni, il suo lavoro è cambiato?

È sicuramente aumentata la burocrazia e questo ha rallentato e reso più complicato l’acquisto di attrezzature e strumentazione. Con il lockdown si sono ridotti e impoveriti i rapporti fra il personale tecnico e l'utenza dei laboratori; si è perso il senso di comunità e appartenenza e si è creato uno scollamento con l’amministrazione centrale. Sul lavoro ho aumentato il mio bagaglio di competenze e quindi è maggiore il supporto che posso fornire. Di contro, si sono ridotti i momenti di crescita, di novità, di scambio formativo con dottorandi e ricercatori. Speriamo però che questo sia solo un periodo transitorio e che presto riprendano a essere frequenti.