La riproduzione del pane preistorico di Ledro © Assia Kysnù Ingoglia

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Un pane sfornato nella notte dei tempi

Uno straordinario lavoro di squadra ricrea il pane delle Palafitte di Ledro

14 settembre 2022
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di Johnny Gretter
Studente collaboratore Ufficio stampa e relazioni esterne

Durante il convegno Il Pane delle Palafitte, sono stati esposti i risultati di una nuova ricerca sul pane di Ledro, uno straordinario reperto risalente all’Età del Bronzo. I risultati di questa indagine sono frutto della collaborazione di numerose istituzioni e hanno permesso di riscoprire l’impasto di un pane sfornato circa 4000 anni fa e di assaggiarlo a Trento durante l’Autumnus 2022. Lo raccontano a UniTrentoMAG le ricercatrici e i ricercatori che si sono occupati in prima persona del progetto. 

È difficile immaginare un altro alimento comune come il pane. È anche difficile immaginare un prodotto da forno altrettanto antico. Alcuni siti archeologici hanno conservato reperti che risalgono a tempi eccezionalmente lontani, e un pane preistorico è stato rinvenuto anche tra i resti del villaggio palafitticolo che si trovava sul lago di Ledro durante l’Età del Bronzo. Spontaneamente ci si potrebbe chiedere: che differenza c’è tra questo e il pane che mangiamo oggi? E che sapore poteva avere un cibo di 4000 anni fa? Una nuova indagine ha potuto rispondere proprio a queste domande.

Nel corso del convegno, Mauro Rottoli, professore del Dipartimento di Lettere e Filosofia, ha spiegato cosa si è scoperto di nuovo riguardo a questo pane preistorico. «Grazie all’indagine microscopica abbiamo scoperto che il suo impasto è composto da chicchi interi di farro, poco macinati» illustra Rottoli, specializzato nello studio di reperti paleobotanici. «È un pane composto da cereali che hanno molto meno glutine rispetto a quelli che utilizziamo oggi. Idealmente, ci si potrebbe ispirare a questo pane antico per migliorare l’alimentazione moderna». 

Fondamentale per scoprire tutto questo è stata la strumentazione di cui è dotato il Laboratorio Bagolini di Archeologia, Archeometria e Fotografia (LaBAAF) di UniTrento, diretto dalla professoressa Annaluisa Pedrotti. L’uso dei microscopi del laboratorio in collaborazione con Fabio Santaniello, tecnico del LaBAAF, ha permesso di realizzare non solo delle immagini dettagliate della superficie del pane, ma anche un render 3D dei chicchi, che sono stati indispensabili per la determinazione della ricetta.

«Quello del pane di Ledro è un impasto irregolare, che contiene anche moltissime spighette, quelle parti della pianta che sono attaccate al chicco e che ai giorni nostri vengono eliminate», spiega ancora Rottoli. «Questa è un’eccezione rispetto agli altri pani antichi rinvenuti nell’area del Garda. Viene da chiedersi se la panificatrice, o il panificatore, non fosse particolarmente abile, o se abbia utilizzato le spighette per fare sembrare il pane più grosso e nutriente». 

Ma le domande sorte in seguito allo studio non si limitano alle spighette. «Vedete, il pane di Ledro ci è arrivato in forma di mezzaluna, appoggiato a un ciottolo», conclude Rottoli, mentre fa scorrere delle slide. «Sembra però che questo non sia stato usato per la cottura: i chicchi meno combusti del pane sono proprio quelli che aderiscono al sasso. Il prossimo passo sarà anche stabilire una datazione precisa per il pane, dal momento che l’insediamento di Ledro è rimasto attivo per un periodo molto lungo, tra il 2000 e il 1350 a.C.».

Com’è nato questo complesso lavoro di ricerca lo spiega la responsabile del progetto, l’antropologa culturale Marta Villa, assegnista di ricerca del Dipartimento di Sociologia e Ricerca sociale e docente presso l’Ateneo. «Per il festival Autumnus del 2021 erano in programma dei documentari sui pani delle Alpi. Parlando con Michele Lanzinger, direttore del MUSE e con Alessandro Fedrigotti, ricercatore del MUSE, ci siamo ricordati che a Ledro era conservato un pane tipico dell’area trentina, che però non era ancora stato analizzato nel dettaglio». 

Da quello scambio di battute, il progetto si è allargato sempre di più: «Diciamo che ho curato l’aspetto più “antropologico” di questo lavoro, cioè mettere insieme e coordinare tutti gli enti coinvolti. Tutto questo, infatti, non sarebbe stato possibile senza il sostegno economico della Camera di Commercio della Provincia di Trento e dell’Associazione Panificatori del Trentino. Invece, il lavoro di ricerca è stato svolto in collaborazione con il MUSE, la Soprintendenza per i Beni Culturali, grazie al supporto del Soprintendente Franco Marzatico, anche lui docente dell’Ateneo, e l’Università di Trento. È raro che si riesca a ottenere la collaborazione di così tante istituzioni differenti». 

Questo pane preistorico, poi, non sarà assaggiato solo da chi ha partecipato al convegno «Abbiamo ricreato un prodotto antichissimo, con un forte valore turistico e culturale», conclude Villa. «Il nostro lavoro è stato un successo di divulgazione, ricerca teorica e anche di antropologia applicata, in grado di restituire qualcosa alla comunità. Infatti, oltre a continuare le ricerche sul pane, faremo in modo che la sua riproduzione moderna sia disponibile anche nei panifici trentini».