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Algoritmi e chiavi segrete che proteggono

Massimiliano Sala, fondatore di CryptoLabTN, dà impulso a un centro nazionale di crittografia al servizio del Paese

3 maggio 2023
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di Lorenza Liandru
Supporto alle Relazioni istituzionali

La crittografia, l’arte delle scritture segrete, ha origini incerte e remote, antiche quanto la necessità dell’uomo di proteggere le proprie comunicazioni da occhi indiscreti. Oggi, nell’era dei computer e del digitale, questa esigenza di protezione è più che mai attuale. Anzi, è diventata strategica. Ne parliamo con Massimiliano Sala, professore ordinario di algebra e direttore del Laboratorio di Matematica industriale e Crittografia dell’Università di Trento. Sala è uno dei massimi esperti in questo campo e lo scorso 17 aprile ha partecipato a un convegno dal titolo "Un centro nazionale di crittografia al servizio del Paese", promosso dall’associazione nazionale di crittografia "De Componendis Cifris", di cui è presidente. L’incontro, tenutosi alla Sala del Refettorio della Camera dei Deputati, è stata l’occasione per discutere con le istituzioni di sovranità tecnologica nazionale nel settore crittografico.

La crittografia accompagna da sempre la storia dell’uomo, ma oggi ha guadagnato una nuova importanza. Cosa è cambiato?

«Per millenni la crittografia ha avuto come principale obiettivo la riservatezza dell’informazione in campo diplomatico e militare. In tempi recenti, però, l’evoluzione tecnologica e l'avvento delle reti di comunicazione digitale, utilizzate regolarmente nella vita quotidiana, hanno fatto emergere nuove esigenze di sicurezza e di tutela della privacy. Pensiamo a tutti i dispositivi - fissi e mobili - connessi ad Internet, alle numerose informazioni che transitano o che sono conservate all’interno della rete o di server, computer e smartphone. Si tratta di dati sensibili - finanziari, sanitari, relativi a pubbliche amministrazioni - che senza adeguate protezioni rischiano di finire nelle mani sbagliate. Proteggere queste informazioni sta diventando una necessità inderogabile per assicurare il buon funzionamento della società».

Dove si ‘nasconde’ la crittografia nella nostra vita quotidiana?

«L’etimologia stessa della parola crittografia - dal greco kryptós “nascosto” e graphía “scrittura” - ci indica che per sua natura questa disciplina non è fatta per essere evidente a tutti. Eppure la sua presenza, al giorno d’oggi, è pervasiva e indispensabile. Quando scambiamo messaggi WhatsApp una cifratura end-to-end protegge le nostre conversazioni. Ogni volta che apponiamo la firma digitale su un documento si attiva una procedura informatica che basa la propria sicurezza su funzioni matematiche complesse. È un processo detto “a doppia chiave”, una privata e una pubblica. La prima è conosciuta solo dal sottoscrittore ed è usata per generare la firma. La chiave pubblica è invece diffusa a tutti i destinatari del documento ed è impiegata per verificare l'autenticità della sottoscrizione».

E poi c’è tutto l’ambito della crittografia finanziaria, in cui la riservatezza dei dati è fondamentale.

«Sì, pensiamo, per esempio, ai mezzi informatici di pagamento che usiamo ogni giorno: bancomat, carte di credito, online banking, commercio elettronico e così via. Tutte le informazioni generate da queste transazioni sono protette da operazioni crittografiche che avvengono, nascoste ai nostri occhi, in frazioni di secondo. Poi c’è l’ambito delle crittovalute, sul quale però non vorrei soffermarmi: è un argomento molto tecnico, che aprirebbe una lunga parentesi su un mondo un po’ opaco, dove le truffe sono sempre in agguato».

L’Associazione “De Cifris” sostiene da anni la necessità di istituire un Centro Nazionale di Crittografia. Perché è importante dotarsi di un ente di questo tipo?

«La sovranità tecnologica nazionale in ambito crittografico ha una rilevanza strategica, perché la nostra società dipende dalla crittografia per una molteplicità di servizi, senza dimenticare l’uso che da sempre ne fanno governi e organizzazioni militari.
In futuro, inoltre, dovremo difenderci da attacchi portati con l’utilizzo di tecnologie sempre più sofisticate, in grado di rompere la maggior parte dei sistemi crittografici usati al giorno d'oggi.
Un referente autorevole in questo ambito, infine, potrebbe garantire la protezione di tutti quei dati che i cittadini affidano alla pubblica amministrazione. Migliorare la cybersicurezza è di fondamentale importanza affinché le persone possano fidarsi delle istituzioni».

Quali compiti dovrebbe avere il Centro nazionale di crittografia?

«Il Centro, inteso come istituzione autorevole e scientificamente rigorosa, avrebbe la funzione di ideare algoritmi e protocolli crittografici per gli enti pubblici. Dovrebbe consigliare le aziende e instaurare rapporti di collaborazione con l’ambito accademico e della ricerca. Molti altri Paesi nel mondo si sono dotati di un istituto simile, mentre l’Italia è ferma ai buoni propositi. Ma io sono fiducioso, perché vedo che l’atteggiamento è cambiato e si è più consapevoli della necessità di investire nella sicurezza delle infrastrutture digitali. Alla conferenza del 17 aprile abbiamo riscontrato un interesse di livello da parte dei rappresentanti delle Istituzioni. È importante, perché su questioni delicate come la crittografia e la protezione dei dati è necessario mantenere il controllo ‘in casa’, senza dipendere da altri. Se e come nascerà questo Centro al momento non lo so, ma siamo sulla buona strada».

Una strada che la comunità crittografica italiana prepara da tempo.

«Sì, anche se l’Associazione nazionale di crittografia si è formalmente costituita nel 2022, abbiamo iniziato a riunirci, organizzando eventi e seminari, già dal 2017. Il nome deriva dal “De Componendis Cifris” di Leon Battista Alberti, un testo del 1466 che è considerato il primo trattato scientifico sulla crittografia. Il nostro obiettivo è fare sistema e incoraggiare lo studio e la ricerca nel campo della crittografia. Negli ultimi anni abbiamo lavorato seriamente, arrivando all’incontro di Roma con idee e proposte concrete».

Parliamo del Laboratorio di Matematica industriale e Crittografia dell’Università di Trento, il CryptoLabTN.

«Ho fondato il CryptoLabTN nel 2010, tre anni dopo il mio arrivo al Dipartimento di Matematica. È stato il primo in Italia e tuttora rappresenta la punta avanzata di un settore che conta altre cinque realtà simili. Vi lavorano circa venti ricercatori e numerose sono le collaborazioni con aziende, istituzioni e altri centri di ricerca, come la Fondazione Bruno Kessler. Ma non è tutto. Pochi anni dopo la nascita del Laboratorio, nel 2014, abbiamo avviato il primo curriculum specialistico in crittografia del Paese. È un percorso della laurea magistrale in Matematica che introduce ai moderni metodi di algebra computazionale e alle applicazioni alla teoria dei codici e alla crittografia».