Il tema della gestazione per altri sta alimentando il dibattito italiano. Una questione delicata, in particolare per quanto riguarda la tutela dei minori nati all’estero con questa pratica. Ne parliamo con Lucia Busatta, ricercatrice del Dipartimento Cibio, componente del Progetto Biodiritto.
Dottoressa Busatta, ci aiuti a capire cos’è la gpa e come funziona.
«La gpa è una tecnica riproduttiva nella quale, grazie alla procreazione medicalmente assistita, si genera un embrione, che viene impiantato nell'utero di una donna diversa da quella che ha donato il gamete femminile. Nella gpa, si distingue una genitorialità “sociale” o “intenzionale”, da quella “biologica”, perché la donna che porta avanti la gravidanza, generalmente, non ha legami con le persone che ricorrono a questa tecnica. A volte, i genitori intenzionali possono essere legati geneticamente all’embrione, generato a partire dai loro gameti oppure dal gamete di uno dei due componenti della coppia. Altre volte può capitare che non ci sia nessun legame genetico tra i genitori intenzionali e il figlio nato attraverso la gpa».
Quali sono i diritti della donna che accetta la gpa?
«Questo dipende dalla legislazione del paese nel quale si fa ricorso a questa tecnica. I problemi che dal punto di vista giuridico si cerca di affrontare sono prima di tutto quelli che riguardano lo status giuridico del figlio, ossia il riconoscimento di un legame di genitorialità con l’uomo e la donna o con la coppia dello stesso sesso che ha dato avvio alle procedure. Ci sono poi una serie di strumenti giuridici che vengono utilizzati per definire il legame che si va a creare tra i genitori “intenzionali” e la madre gestante, prima dell’inizio della gravidanza, durante e al termine della stessa».
Cosa è previsto nei Paesi dove la gpa è consentita?
«Una prima distinzione da fare è quella fra la gpa cosiddetta “altruistica” e quella “commerciale”. Con la prima, che ha carattere solidaristico, la donna gestante svolge questo ruolo senza un compenso. Questo è un modello che, per esempio, esiste in Canada dove la gpa è regolata ed è accessibile anche per coppie che provengono dall’estero. Negli Stati Uniti invece viene regolata nei singoli stati e quindi può variare moltissimo, ad esempio, dalla California al Texas. Poi c'è il modello “commerciale”, che è quello che solleva più problematiche etiche e giuridiche. In questo caso è previsto che la donna che acconsente a fare la madre gestante venga pagata e quindi riceva un compenso di tipo contrattuale. È chiaro che in questo caso si aprono tutta una serie di complesse questioni che spaziano dalla commercializzazione del corpo femminile allo sfruttamento di persone che vivono in paesi economicamente più svantaggiati. Venendo all’Europa, in Grecia e nel Regno Unito, ad esempio, la gpa è prevista su base volontaristica. Ci sono invece paesi dell’Europa dell’Est, come l’Ucraina, dove è prevista su base “commerciale”».
I sostenitori della gpa parlano di libertà della donna all’autodeterminazione. C’è chi invece parla di ennesimo atto di una cultura maschilista che sfrutta il corpo della donna. C’è una posizione da parte della comunità scientifica?
«Per quanto riguarda gli orientamenti, non ce n’è uno prevalente. Anzi, le posizioni sono molto polarizzate e difficilmente conciliabili. Questo rende ancora più difficile per il diritto prendere una posizione. A livello giuridico si devono intercettare le posizioni di maggiore vulnerabilità che hanno bisogno di essere tutelate. Primo fra tutti, c’è l’interesse del bambino che nasce e che ha diritto di crescere in una famiglia che gli vuole bene, con dei legami di genitorialità certi dal punto di vista giuridico. Questo è il problema più grosso che stiamo attualmente vivendo in Italia. Da noi la gpa è vietata e la coppia va all’estero a farla, poi torna e chiede la trascrizione dell’atto di nascita del figlio e il riconoscimento della genitorialità. Spesso però le autorità italiane si oppongono alla richiesta, poiché contraria all’ordine pubblico, dato che la gpa in Italia è vietata. A questo punto ci si rivolge a un giudice».
Se in Italia la gpa dovesse diventare reato universale cosa accadrebbe?
«Di base, il disegno di legge ora in discussione prevede che la gpa sia perseguibile indipendentemente dal paese in cui viene svolta. Ma approvare questa legge aprirebbe una serie di problemi a cascata: il diritto penale segue il principio della territorialità, punire reati che avvengono fuori dai confini nazionali non è facile. E poi: a quali comportamenti si applicherebbe? E chi sarebbe punito? Come conciliare il diritto italiano con quello dei paesi in cui la gpa è consentita?»
Possono esserci alternative al divieto tout court?
«Nel 2021 la sentenza 33 della Corte costituzionale, pur affermando che la gpa offende la dignità della donna, ha detto anche una cosa molto importante, e cioè che per la tutela del miglior interesse per il minore è necessario che il legislatore trovi una soluzione, per definire in maniera certa i legami di filiazione. Dunque la Corte, pur esprimendosi in termini molto critici, ha preso atto di un fenomeno che comunque esiste e che chiede al diritto una risposta. Alla fine del 2022 la Corte di cassazione, ribadendo che la gpa “mina nel profondo le relazioni umane”, ha escluso l’automatica trascrivibilità del provvedimento giudiziario straniero che riconosce il legame per i genitori intenzionali. Lo stato italiano, quindi, non ha un obbligo generale a trascrivere sempre questi atti. Tuttavia, secondo la Cassazione, per il riconoscimento del legame di filiazione, è possibile utilizzare lo strumento dell’adozione in casi particolari. Il diritto dovrebbe fornire risposte efficaci ai problemi concreti, tenendo in adeguata considerazione i diritti fondamentali di tutte le persone coinvolte, compresi i figli nati attraverso la gpa. Per fare ciò è necessario prevedere opportuni controlli, ma la previsione del reato universale non è detto che raggiunga lo scopo che il legislatore si propone».