Eleonora Matteazzi. Foto Alessio Coser, archivio Università di Trento

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STUDIARE LE DISUGUAGLIANZE DI GENERE

Conferito a Eleonora Matteazzi l’assegno di ricerca in memoria di Valeria Solesin, la giovane ricercatrice uccisa nell’attentato del Bataclan

16 dicembre 2016
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di Marinella Daidone
Lavora presso la Divisione Comunicazione ed Eventi dell’Università di Trento.

Lo scorso 2 dicembre è stato conferito a Eleonora Matteazzi l’assegno di ricerca intitolato a Valeria Solesin, la giovane ricercatrice uccisa nell’attentato del Bataclan a Parigi il 13 novembre 2015. 
Ne abbiamo parlato con Barbara Poggio, sociologa, prorettrice alle politiche di equità e diversità dell’Ateneo.

Professoressa Poggio, quale vuole essere il significato di questa iniziativa e chi sono i promotori? 

L’assegno di ricerca è stato finanziato dal Dipartimento per le Politiche della Famiglia della Presidenza del Consiglio dei Ministri, tra le diverse iniziative pensate per ricordare Valeria Solesin attraverso la valorizzazione di giovani ricercatrici e ricercatori che si occupavano delle stesse tematiche. La scelta dell’Università di Trento era dovuta al fatto che Valeria Solesin aveva studiato presso il Dipartimento di Sociologia e Ricerca sociale. L’Università di Trento ha aderito anche a altre iniziative in memoria di Valeria Solesin, tra queste vorrei in particolare ricordare l’accordo tra le Università di Venezia, Trento e Sorbonne (Parigi) per organizzare ogni anno un convegno e il riconoscimento di un premio dedicata a Valeria Solesin in cui coinvolgere giovani studiose e studiosi che si occupano da prospettive diverse della diseguaglianza di genere, del ruolo delle donne nel mercato del lavoro e nella società, delle politiche di welfare legate alle condizioni lavorative e alle scelte riproduttive delle donne, del matrimonio, della famiglia e della sessualità.

Il suo campo di studi è vicino a quello di Valeria Solesin. Lei la conosceva, avete avuto modo di collaborare?

Valeria Solesin ha studiato a Trento, conseguendo nel 2009 la laurea triennale in Società, Politica e Istituzioni e Europee, che era allora uno degli indirizzi all’interno della Facoltà di Sociologia. In realtà ho avuto l’opportunità di conoscerla personalmente solo successivamente, nel 2014, in occasione del convegno biennale organizzato dal nostro Centro Studi Interdisciplinari di Genere, il cui tema era il rapporto tra genere e potere. Aveva presentato un contributo per la sessione sulla conciliazione tra vita familiare e vita lavorativa, che faceva riferimento ad alcuni degli esiti della ricerca di dottorato che stava portando avanti. Il titolo era “Asimmetrie fuori e dentro il mercato del lavoro. Una comparazione tra Francia e Italia sui ruoli di genere e l’attività professionale”. Ci eravamo dunque conosciute in quell’occasione e avevamo poi avuto l’opportunità di avere alcuni scambi, anche in relazione alla pubblicazione che poi ne era poi derivata.

Cosa può dirci degli studi portati avanti da Valeria Solesin nella sua esperienza di ricercatrice?

Il lavoro portato avanti da Valeria Solesin sviluppava una comparazione tra Francia e Italia rispetto all’intreccio tra comportamenti demografici e lavorativi di donne e uomini.  Tra gli oggetti di analisi la relazione tra fecondità e attività professionale in Francia e in Italia e le diverse conseguenze dell’arrivo dei figli sull’attività professionale. In particolare nel contributo presentato al convegno di Trento venivano presi in considerazione i diversi atteggiamenti valoriali e culturali della popolazione francese e italiana rispetto alla divisione dei ruoli familiari e di genere, mettendo in luce come in Francia il lavoro delle donne non sia considerato problematico in presenza di figli piccoli, a differenza di quanto accade in Italia. Al contempo venivano analizzate le principali differenze sul piano dei comportamenti, evidenziando come in Italia si riscontrino maggiori differenze nella partecipazione a seconda della presenza o meno dei figli. Sia in Francia che in Italia tuttavia si rileva una specializzazione dei ruoli di genere. E in tal senso Valeria Solesin auspicava una maggiore condivisione delle responsabilità familiari e professionali tra le donne e gli uomini di entrambi i paesi.

Lei ha fatto parte della Commissione che ha assegnato il premio. Cosa vi ha convinto in Eleonora Matteazzi? Su quali temi Eleonora pensa di indirizzare la sua ricerca?

Le principali ragioni che hanno portato la Commissione, composta anche dalle colleghe Gabriella Berloffa e Stefani Scherer, a selezionare Eleonora Matteazzi sono legate da un lato al fatto che il suo percorso di studi e di ricerca ha alcune affinità con quello di Valeria Solesin, tra cui anche l’aver svolto il dottorato in Francia e l’aver lavorato presso L’Institut national d’études démographiques (Ined) dove stava portando avanti la sua ricerca di dottorato anche Valeria Solesin. Dall’altro perché il suo progetto di ricerca è parso convincente e coerente con gli obiettivi del bando, che era focalizzato sulle trasformazioni dei processi di formazione familiare fra generazioni e delle pratiche di genitorialità nelle giovani generazioni, in una prospettiva comparativa. 

Infatti Eleonora Matteazzi, che in passato ha studiato le disuguaglianze di genere all’interno delle famiglie e poi le disuguaglianze salariali, ha presentato un progetto che si concentra sulle scelte di fertilità nei vari paesi europei, con specifica attenzione all’Italia, dove il basso tasso di natalità è associato al limitato livello della partecipazione femminile al mercato del lavoro. Il lavoro di ricerca che verrà portato avanti nei prossimi due anni prenderà in particolare considerazione anche la ripartizione del lavoro all’interno delle coppie, ponendosi dunque in continuità con gli studi condotti da Valeria Solesin.