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Ricerca

DOTTORATO EUROPEO: DAL BRAIN-DRAIN AL BRAIN-EXCHANGE

Ne ha parlato Conor O’Carroll, Presidente del Gruppo direttivo Risorse umane e mobilità del SER – Spazio europeo della Ricerca – durante il congresso ENGRes2014, ospitato dal Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Ateneo

28 novembre 2014
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Serena Beber
di Serena Beber
Lavora presso la Divisione Comunicazione ed Eventi dell’Università di Trento.

La conferenza della Commissione Europea “EU2014 Conference on the Empowerment of the Next Generation of Researchers “Promoting talents, spreading excellence” (ENGRes2014)” è stata organizzata a Trento dal MIUR, dalla Provincia autonoma di Trento e dalla Presidenza italiana dell’UE. Filo rosso dell’evento sono state le azioni del programma Marie Skłodowska-Curie, in particolare in merito al concetto di “Empowerment” della prossima generazione di ricercatori, concentrandosi su aspetti quali formazione, mobilità e sviluppo delle carriere accademiche dei ricercatori.

Conor O’Carroll, Presidente del Gruppo direttivo Risorse umane e mobilità del SER ha spiegato come Spazio europeo della Ricerca (SER) sia stato avviato nel 2000 per promuovere una maggiore mobilità dei ricercatori nei paesi membri dell'UE e già dopo tre anni, nel 2003, puntava a raggiungere un livello di investimento negli stati membri dell’UE pari al 3% del PIL in attività di ricerca e sviluppo, obiettivo che è diventato legalmente vincolante con il Trattato di Lisbona nel 2010. Il SER dovrebbe creare un mercato del lavoro europeo per i ricercatori, trasparente e basato sul merito, attento anche all'equilibrio di accesso tra i generi. Strumento primario per raggiungere questo traguardo è il Dottorato europeo, che dovrà rispettare 7 criteri fondamentali: coinvolgere centri di ricerca d’eccellenza, fornire strutture e un ambiente lavorativo attraente e interdisciplinare, garantire una buona esposizione dei dottorandi e ricercatori sul mercato del lavoro – troppo spesso slegato dalla ricerca puramente accademica – favorire la creazione di reti internazionali di collaborazione, dotare i dottorandi di skill trasferibili, ovvero applicabili non solo nel loro settore di ricerca ma anche alla leadership sociale e politica, prevedere un processo di QA - Quality Assurance - sull'intero ciclo del Dottorato, ed infine garantire una formazione quanto più individuale e personalizzata possibile, a seguito di un efficacie sistema di selezione degli aspiranti studenti. Attualmente, il Dottorato di Ricerca può essere ottenuto con l’etichetta ”European Label” (o anche Doctor Europaeus), una sorta di certificazione dell’internazionalità del dottorato nata nel 1996, ma la pratica non è molto diffusa.

O' Carroll ha insistito in particolare sulla necessità di rafforzare la collaborazione tra atenei di eccellenza europei, per favorire una reale mobilità. "Per molti dottorandi la mobilità durante la formazione si limita ad investire un periodo di studio e di ricerca all'estero, per rientrare poi nell'istituzione di origine. Il SER punta a cancellare il concetto di "istituzione di origine", perché il dottorato sia effettivamente europeo e i programmi seguiti in diversi atenei e istituti di ricerca siano realmente comparabili e di pari valore". Passando poi a parlare del mercato del lavoro e della difficoltà di molti ricercatori ad interfacciarsi con il mondo non accademico, O' Carroll ha sottolineato due temi fondamentali.

Innanzitutto è necessario intervenire per allineare i sistemi contributivi europei per i dottorandi. Spesso i contributi trattenuti dagli assegni di dottorato in un paese UE non vengono riconosciuti dal paese di residenza o il riconoscimento viene ostacolato da lunghe procedure burocratiche. Il Presidente del Gruppo direttivo Risorse umane e mobilità del SER è infine tornato su uno dei 7 criteri, ovvero la trasferibilità degli skill, auspicando la capacità di trasmettere ai dottorandi capacità e conoscenze spendibili anche in settori diversi dalla ricerca pura, ma anche interessanti a livello europeo. Il dottore di ricerca dovrebbe quindi risultare interessante sul mercato del lavoro allargato, ovvero europeo e non solo nazionale. "Spesso gli stati membri parlano di brain-drain dei propri ricercatori da un paese membro all'altro. Scopo del SER è invece favorire un brain-exchange, ovvero un'effettiva circolazione e mobilità dei ricercatori europei internamente all’UE, evitando in tal modo un vero brain-drain verso i tradizionali mercati come quelli nordamericano e l’emergente mercato asiatico”.

Secondo O' Carroll l’empowerment dei ricercatori necessita quindi non solamente di un’eccellente formazione, ma anche e soprattutto della libertà di valorizzarla in tutta Europa, e non solo in ambito puramente accademico.