Immagine elaborata dai ricercatori (su immagine Courtesy NASA/JPL).

Ricerca

GLI ULTRASUONI DEI PIPISTRELLI

Metodologia bio-ispirata per progettare radar planetari di nuova generazione

27 gennaio 2018
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Leonardo Carrer
Lorenzo Bruzzone
di Leonardo Carrer e Lorenzo Bruzzone
Rispettivamente dottorando presso la Scuola di dottorato in Informatica e Telecomunicazioni e professore presso il Dipartimento di Ingegneria e Scienza dell'Informazione (DISI) dell’Università di Trento.

A partire dal primo modello di ala illustrato da Leonardo da Vinci nel Codice Atlantico, i pipistrelli sono stati fonte di ispirazione per lo sviluppo di nuove tecnologie. I primi esperimenti sistematici per determinare i metodi di navigazione e localizzazione dei chirotteri risalgono alla fine del 1700 quando Lazzaro Spallanzani intuì che gli organi fondamentali per individuare le prede e muoversi nell’ambiente circostante non erano gli occhi bensì le orecchie.

Soltanto nel 1900, a seguito dello sviluppo delle tecnologie necessarie per rilevare gli ultrasuoni, che sono onde acustiche a frequenza troppo elevata per essere udibili dall’orecchio umano, venne dimostrato che i pipistrelli sfruttano le loro emissioni ad alta frequenza, effettuate per mezzo della laringe, per orientarsi e catturare prede. Ciò avviene attraverso un complesso meccanismo che permette loro, tramite la loro funzione uditiva, di analizzare le riflessioni dagli oggetti incontrati lungo il percorso di volo effettuato quasi sempre nell’oscurità.

Ai giorni nostri, lo studio delle sofisticate tecniche sonar sviluppate dai pipistrelli e raffinate in milioni di anni di evoluzione rappresenta un campo di ricerca importante nell’ambito delle tecnologie sonar e radar, con risvolti in numerosi domini applicativi quali quello biomedico, il controllo del traffico aereo, l’osservazione della Terra e l’esplorazione planetaria. 

Studi recenti hanno rivelato che i pipistrelli, per cacciare le prede efficacemente in ambienti complessi, emettono ultrasuoni in diverse bande di frequenze i cui echi vengono successivamente ricevuti dal loro sistema uditivo ed elaborati dal loro cervello. Combinando a livello neuronale le varie informazioni provenienti dalle riflessioni del bersaglio alle diverse bande di frequenze, questi chirotteri sono in grado di discriminare efficacemente tra un bersaglio di interesse (ad esempio un insetto da predare) e un bersaglio non interessante (ad esempio il tronco di un albero).

In questo ambito, il Remote Sensing Laboratory (RSLab) al DISI, tra le altre attività sviluppa ricerca su particolari sistemi radar utilizzati nell’esplorazione planetaria che sono in grado di ottenere da piattaforma satellitare informazioni relative alla composizione degli strati sottosuperficiali di un pianeta. Ciò avviene attraverso lo studio delle riflessioni elettromagnetiche registrate dal sensore. Tali sistemi sono stati utilizzati ad esempio per confermare la presenza di ghiaccio nel sottosuolo di Marte.

Le onde ultrasoniche emesse dai pipistrelli si propagano in maniera molto simile alle onde elettromagnetiche utilizzate dai radar planetari. Nel nostro studio, pubblicato sulla rivista scientifica Nature Communications, abbiamo sviluppato un modello matematico ispirato al metodo multi-banda di discriminazione dei bersagli utilizzato dal cervello dei pipistrelli. Tale modello permette di distinguere in maniera precisa la provenienza delle riflessioni radar dal sottosuolo rispetto a quelle non di interesse provenienti dalla superficie planetaria. Ciò consente di migliorare la ricostruzione della struttura geologica dei corpi celesti nella fase di elaborazione dei dati, risolvendo uno dei limiti principali dei più moderni sistemi radar per investigazione geologica della sottosuperficie da satellite che è legato alle numerose ambiguità relative alla provenienza delle riflessioni che causano una difficoltà nell’interpretazione del dato. 

Questa ricerca apre nuovi scenari per l’evoluzione degli strumenti di rilevazione radar planetari. Da un lato la metodologia bio-ispirata da noi proposta può essere applicata ai dati sperimentali acquisiti dagli strumenti attualmente in orbita intorno a Marte. In questo contesto, tramite il modello messo a punto, è possibile ottenere in maniera immediata risultati altrimenti ottenuti tramite lunghe analisi manuali effettuate dai planetologi con l’ausilio di mappe digitali del terreno non sempre disponibili in ambito planetologico. Dall’altro lato, il nostro studio consente di formulare linee guida per la messa a punto di sistemi radar di nuova generazione capaci di fornire misurazioni ancora più precise e ricche di informazioni.