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La rivoluzione silenziosa

Uno studio sul rapporto virtuoso tra economia e politica: il caso Olanda

25 novembre 2020
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Jack Birner
di Jack Birner
Professore di Economia politica del Dipartimento di Sociologia e Ricerca sociale dell’Università di Trento.

Quest’estate la stampa italiana ha accusato il premier e il ministro delle finanze olandesi di avarizia, egoismo nazionale e mancanza di solidarietà. Motivo: la loro opposizione agli aiuti a fondo perduto a Italia, Spagna e Portogallo per contenere i danni economici del coronavirus. Nessun periodico però ha fatto notare che l’atteggiamento del governo olandese era condiviso dalla maggioranza dei cittadini. Allora, ad essere egoisti o tirchi sarebbero in 17 milioni? O forse sono solo abituati a un approccio più razionale e disciplinato nelle politiche economiche e finanziarie.

Per far capire meglio com’è fatta la società olandese e soprattutto cosa i cittadini olandesi si aspettano dalla politica, racconto la storia di una vera rivoluzione – avviata nel 1977 – nei rapporti tra i partiti politici e gli economisti che si è svolta nel Paese. Con un processo graduale e spontaneo si è creata la tradizione che tutti i partiti politici rappresentati in Parlamento sottopongono volontariamente i loro programmi elettorali a uno scrutinio econometrico e finanziario dettagliato, che include anche una valutazione dei loro effetti attesi sull’ambiente.

Prima delle elezioni del 1977, tre giornalisti del settimanale Haagse Post presero l’iniziativa di intervistare i protagonisti dei quattro partiti politici più importanti dell’epoca. Basandosi su delle previsioni quantitative semplici, facevano delle domande molto critiche sui loro programmi elettorali. Fu la prima volta che dei giornalisti seguivano un tale approccio quantitativo. Un’altra novità era il tono colloquiale delle interviste, che prima del ’68 sarebbe stato impensabile. Frequentemente gli intervistatori interrompevano i politici dicendo cose come “queste sono sciocchezze,” “lei è un utopista” o “questo è infantile.”

Per le elezioni del 1981, due di loro condussero un'altra serie di interviste, che pubblicarono sul quotidiano Haarlems Dagblad. La situazione economica era peggiorata e l’atmosfera in cui si svolsero le interviste era decisamente meno cordiale. Il deficit del governo rischiava di andare fuori controllo e mentre tutti i partiti capirono che bisognava ridurlo, non erano ovviamente contenti di inserire un messaggio del genere nei loro programmi.

Nelle successive elezioni del 1986, furono gli stessi partiti a chiedere una verifica quantitativa dei loro programmi elettorali al CPB (Centraal Planbureau), l’ente ufficiale e indipendente per l’analisi delle politiche economiche. Le interviste avevano avuto un tale successo che erano diventate superflue. 

Coinvolgere il CPB costituiva un passo avanti importante. Le sue risorse permettevano uno scrutinio più approfondito dei calcoli dei giornalisti un po’ buttati lì.

Da allora, tutti i partiti in Parlamento hanno fatto verificare i loro programmi prima di nove delle dieci elezioni nazionali successive (la caduta del governo nel 2003 lasciava troppo poco tempo) e continueranno a farlo in futuro. L’iniziativa giornalistica si era trasformata in un trend, che a sua volta è diventata una tradizione consolidata a cui nessun partito politico serio oserebbe sottrarsi.

La procedura di valutazione dei programmi elettorali è diventata sempre più standardizzata e comprensiva e ora coinvolge anche gli enti ufficiali per l’ambiente e per lo stato sociale. La conseguenza è stata un miglioramento della qualità della democrazia olandese. 

Per più di trent’anni l’esperimento olandese è rimasto un caso unico. Nel 2010 il Regno Unito introdusse una procedura simile e più recentemente anche altri paesi ne hanno adottato una loro versione. 

Con il senno di poi si può dire che la nascita della tradizione olandese forse non è stata un caso. È riconducibile a tre fattori. Il primo è la lunga tradizione della concertazione istituzionalizzata per gestire l’economia olandese basata su dei dati empirici (il “modello polder”). Rappresentanti del governo, dei datori di lavoro e dei lavoratori si incontrano con scadenza fissa nel consiglio nazionale SER (Sociaal Economische Raad) per discutere dei principali problemi economici e sociali.

Il secondo fattore è la profonda influenza dell’economista Jan Tinbergen. Nel 1936, questo pioniere dell’econometria e vincitore (con Ragnar Frisch) del primo Premio Nobel per l’economia, aveva costruito il primo modello econometrico dell’economia olandese. È stato il co-fondatore e primo direttore del CPB, e da professore universitario ha formato generazioni di economisti olandesi.

L’ultimo, ma non meno importante, è l’esistenza di una stampa indipendente di qualità. Tutto questo fa sì che l’approccio quantitativo e critico alle politiche economiche sia profondamente radicato in tutta la società olandese. 

Il tema trattato nell’articolo è oggetto di studio nell’ambito di un progetto di ricerca su Welfare, economia e politica. Per approfondimenti si veda la pubblicazione:
“The Quiet Revolution in Dutch Politics. How Economics Changed the Norms for Dutch Electoral Programs,” Biblioteca della libertà, gennaio-aprile 2020, che contiene maggiori dettagli, anche sui vantaggi e gli svantaggi della tradizione olandese e su come si potrebbe introdurla in Italia.


The quiet revolution
A study on the virtuous relationship between economics and politics in the Netherlands

by Jack Birner
Professor of Economics in the Department of Sociology and Social Research of the University of Trento.

This summer the Italian press accused the Dutch Prime Minister and Minister of Finance of stinginess, national egoism and lack of solidarity. The reason for the accusation was their refusal to provide financial support to Italy, Spain and Portugal to contain the damage caused by the coronavirus. No news outlet, however, pointed out that the position of the Dutch government had the approval of the majority of Dutch citizens. So, are 17 million people selfish and stingy? Or may it be that they are they used to a more rational and disciplined approach to economic and financial policies?

In order to better understand Dutch society and, most of all, what Dutch citizens expect from their political representatives, I tell the story of a genuine revolution - which started in 1977 - in the relationship between political parties and economists. In a gradual and spontaneous process, the tradition has evolved that all political parties with a seat in Parliament have adopted, voluntarily and of their own accord, to subject their election programs to a detailed econometric and financial audit, which also includes an evaluation of their expected impact on the environment.

Before the elections of 1977, three journalists of the weekly Haagse Post set out to interview the representatives of the four most prominent political parties of the time. Using simple quantitative estimates, they asked questions that were very critical of their electoral programs. This was the first time that journalists followed a quantitative approach. Another novelty was the informal atmosphere of the interviews, something that would have been difficult to imagine before 1968. The journalists frequently interrupted the politicians with comments such as "this is nonsense", "you’re a utopian", and "that’s childish".

Before the elections of 1981, two of them conducted another series of interviews, which were published in the daily newspaper Haarlems Dagblad. In the mean time, economic conditions had changed for the worse and the tone of the interviews was decidedly less friendly. Public debt was threatening to spin out of control and, whereas all parties agreed that something had to be done to reduce it, none of them were happy to adopt that message in their electoral programs.

When the elections of 1986 arrived, the parties themselves took the initiative and asked CPB (Centraal Planbureau, an independent public organization for economic policy analysis) to provide a quantitative estimate of their electoral programs. The interviews had been so successful as to make themselves redundant. The involvement of the CPB was an important step forward. With its resources, it could provide more accurate estimates than estimates made on the back of an envelope by the journalists.

Ever since, all political parties represented in Parliament have submitted their programs to an audit in nine of the ten national elections that followed (the fall of the cabinet in 2003 did not leave enough time) and will continue to do so in the future. The initiative of a few journalists had started a trend that evolved into a tradition that no serious political party would dare to ignore.

Over time, the procedure has gradually become more standardized and complete, and now involves the national agencies for the environment and welfare, too. This has greatly improved the quality of democracy in The Netherlands.

For over thirty years the Dutch experiment has remained unique. In 2010, the United Kingdom adopted a similar procedure and, more recently, other countries have adopted their own versions.

The benefit of hindsight allows us to observe that the development of this tradition in the Netherlands was perhaps not accidental. Three factors played a crucial role. The first is the long-established tradition of institutionalized concertation for managing the Dutch economy based on empirical data (the so called 'polder model'). Government, employers' and workers' representatives meet periodically in the SER (Sociaal Economische Raad) to discuss economic and social matters.

The second factor is the profound influence of Jan Tinbergen. In 1936, this pioneer of econometrics and co-recipient (with Ragnar Frisch) of the first Nobel prize in economics, built the first econometric model of the Dutch economy. He was also the co-founder and the first director of the CPB and, as a university professor, trained entire generations of Dutch economists.

Last but not least, is the existence of an independent and excellent press. Together, they explain how a quantitative and critical approach to economic policies is firmly embedded in Dutch society.

The subject of the article is also the subject of a PRIN research project on Welfare, economics and politics which involves the University of Trento, the University of Genova and Collegio Carlo Alberto di Torino. To learn more, read: "The Quiet Revolution in Dutch Politics. How Economics Changed the Norms for Dutch Electoral Programs”, Biblioteca della libertà, January-April 2020, which includes details on the advantages and disadvantages of the Dutch tradition and on its possible application to Italy.