Nicola Castagna e Nicola Pugno sul Gran Zebrù @Foto Nicola Pugno

Storie

Quando maestro e allievo si scambiano i ruoli

Riflessione a due voci su natura, scienza e incontri fortunati

3 maggio 2022
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di Nicola Castagna e Nicola Pugno
Alumno e professore ordinario di Scienza delle costruzioni dell'Università di Trento

Nicola Pugno: Nella prima lezione del corso di Scienza delle Costruzioni sono solito presentarmi a miei allievi. Forse meno usualmente chiedo poi anche a loro di presentarsi, in pochi secondi ciascuno, per chi vuole citando una passione. Così per incominciare a conoscersi e ad abbattere le barriere, a partire da quella della mascherina. Tra gli altri, mi impressionò un ragazzo che riportò umilmente come sua passione quella della montagna e, solo sotto mia richiesta a dirci quale fosse stata la sua ultima avventura, citò niente di meno che la salita al Cerro Torre in Patagonia. Si chiama Nicola Castagna e a lui lascio la parola.

Gli autori Nicola Pugno e Nicola Castagna in montagna

Nicola Castagna: Per me è sempre stato difficile conciliare la passione per la montagna e l’impegno che gli studi universitari di ingegneria richiedono. Direi che nella maggior parte dei casi ho dato la priorità all’attività alpinistica al punto di decidere di sospendere gli studi per due anni duranti i quali ho frequentato i corsi per diventare aspirante guida alpina. Tuttavia l’ambizione di continuare gli studi non era certo scomparsa e ho pian piano ripreso in mano gli esami che mancavano per la laurea triennale (e non erano pochi) affiancando questo impegno ad un lavoro che mi occupa stagionalmente e ad occasionali “spedizioni alpinistiche” in Patagonia e sulle Alpi. Finché, pochi mesi fa, mi sono reso conto che era giunto il momento di cominciare a pensare ad una tesi per la laurea triennale.

Sull’argomento non avevo dubbi: il tema delle valanghe occupa una parte importante dei corsi per diventare aspirante guida alpina e l’approccio è molto pratico, basato sulla valutazione del tipo di neve, della morfologia del terreno e degli aspetti meteorologici del momento e del passato recente. Alla luce di queste nuove informazioni ho cambiato modo di vivere lo sci alpinismo, cercando ogni volta di cogliere i segnali che la montagna fornisce ed affinare una sorta di sesto senso per il pericolo, per quanto ciò sia possibile. Tuttavia le conoscenze che abbiamo sulle valanghe non bastano per avere una “ricetta finale” che ci tenga lontano dai guai e probabilmente mai basteranno.

Nondimeno ogni occasione per imparare qualcosa di nuovo sull’argomento è una buona occasione e la tesi triennale era una di queste. Scrissi una mail a Nicola Pugno che era stato mio docente nel corso di Scienza delle costruzioni e che sapevo aveva scritto più di un articolo sulle valanghe. La sua rapidissima risposta mi stupì (in un primissimo momento addirittura mi allarmò) e dopo una breve telefonata concordammo sul fatto che non c’era posto migliore per parlare di valanghe della montagna stessa. Ci siamo così trovati nel pieno di questo siccitoso inverno a salire sul Carè Alto, gita di sci alpinismo di tutto rispetto e di un certo impegno. Dal mio punto di vista la situazione era quasi surreale: accompagnare un professore universitario in montagna, legarlo sulla cresta finale, indirizzarlo su come meglio procedere nei tratti più esposti, stringersi la mano sulla croce di vetta…Tutti gesti che ben conosco nella mia professione di guida, ma che in quel momento sentivo strani essendo io abituato a percepirmi come allievo del professor Pugno e fra l’altro neanche troppo sveglio.

Dall’altro lato le competenze in ambito scientifico, l’entusiasmo e l’energia del professore Nicola mi hanno investito e la sera sono rimasto con la testa che fumava, qualche idea in più sulla tesi e soprattutto la consapevolezza che ci sarebbe un intero mondo da scoprire legato alle valanghe. 

Le settimane passavano tra il lavoro e l’ultimissimo esame che mi mancava per diventare guida alpina, fino a quando si è ripresentata l’occasione per questa sorta di scambio di ruoli temporaneo. Il terreno di gioco ora si sposta nelle Dolomiti di Brenta, su Cima Vagliana e il pomeriggio un confronto più “classico” con carta e penna seduti ad un tavolo produce una serie di equazioni su cui sto ancora lavorando sotto l’indispensabile guida del professor Pugno. 

La consegna della mia prima bozza scritta di tesi avviene in occasione della nostra salita ai 3857 metri del Gran Zebrù, una prima salita per entrambi di grande soddisfazione, in una giornata splendida, condivisa questa volta anche con altri amici, miei e del professore. È incredibile come la passione per la montagna sia in grado di legare umanamente persone di età, ruoli e storie anche molto diverse fra loro. Questa sorta di trasversalità è molto affascinante e penso sia una caratteristica che la montagna condivide con la scienza.

Se si riuscisse a rompere certi schemi sociali, dall’incontro tra persone con competenze e ruoli diversi non può che nascere qualcosa di interessante, se non altro da un punto di vista di crescita personale. Nel mio caso forse l’incontro col professor Pugno ha dimostrato che i miei due grandi interessi, quello alpinistico e quello per così dire intellettuale, che ho sempre vissuto in forte contrasto fra loro, possano in realtà dialogare, integrarsi a vicenda e magari dar luogo a qualcosa di creativo.

Nicola Pugno: E così maestro e allievo si scambiano i ruoli, grazie alla comune passione per la montagna, che mi ha portato negli anni a vivere la montagna ad ampio spettro incluse le gare di scialpinismo – come le prime sette edizioni moderne del Trofeo Mezzalama, corse per il glorioso Ski Club Torino, quello dello stesso pioniere Ottorino Mezzalama – ma che sempre mi incute un timore reverenziale, solo parzialmente mitigato quando accompagnato da una vera guida come Nicola. E non è la prima volta che un allievo mi ha fatto da maestro, come quando un dottorando del nostro dipartimento, Francesco Smiroldo, mi ha preparato con estrema competenza e dedizione per l’esame di cintura nera di judo. 

Così, quando torno dalla montagna, con più forza e ispirazione affronto le sfide della ricerca, sulla nanomeccanica dei materiali ispirati alla Natura dalle caratteristiche superiori, anche di utilità per lo sport in montagna, per esempio più resistenti, tenaci e leggeri o scorrevoli e autopulenti. Le vere Maestre alla fine rimangono loro, la Montagna e in generale la Natura e la Meccanica – che come scrive Leonardo da Vinci è il paradiso delle scienze matematiche perché è dove queste portano frutto – e in generale la Scienza nella sua interezza. Conciliare Natura e Scienza nel mio lavoro è la mia fortuna, grazie ai miei allievi e maestri (https://pugno.dicam.unitn.it/).