Mattia Biesuz in laboratorio. ©Foto Angela Bruni

Storie

Cotta e servita

Premio internazionale a Mattia Biesuz per una produzione più sostenibile della ceramica

30 maggio 2022
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di Mattia Biesuz
Assegnista di ricerca del Dipartimento di Ingegneria industriale

La Materials Research Society (MRS) ha attribuito il “MRS Postdoctoral Award” 2022 a Mattia Biesuz, assegnista di ricerca del Dipartimento di Ingegneria Industriale, per il suo contributo allo sviluppo di processi produttivi di materiali ceramici. È la prima volta che questo prestigioso riconoscimento viene assegnato a un membro di un’istituzione italiana. Mattia Biesuz racconta la sua ricerca a UniTrentoMag.

C’è una cosa che accomuna batterie al litio, sonde lambda dei motori a scoppio, altoparlanti e condensatori. E anche la tecnologia aerospaziale e i superconduttori. Hanno tutti a che fare con materiali ceramici. Ceramici sono gli elettrodi per le batterie e gli elettroliti per i sensori. Ceramici i materiali che fondono a temperature altissime, prossime ai 4000°C. Ceramici sono materiali durissimi, utilizzati negli utensili meccanici, come il diamante, e materiali estremamente soffici, come il talco. E la lista potrebbe continuare.

Mattia BiesuzMateriali inorganici e non metallici, fondamentali per lo sviluppo delle più moderne tecnologie, i ceramici sono un’ampia classe di composti dalle proprietà uniche e variegate. E sono davvero dappertutto. Produrli però è un processo che richiede moltissima energia e ha un impatto altissimo in termini di inquinamento e rilascio di anidride carbonica. Un problema che sta diventando sempre più rilevante nell’attuale contesto internazionale e delle politiche energetiche.

Al Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università di Trento abbiamo cercato un modo per ridurre l’impatto ambientale, energetico ed economico di questo processo. Per produrre questi materiali, infatti, si deve formare un corpo detto “verde” costituito da polveri ceramiche e sottoporlo a una cottura ad alta temperatura, chiamata “sinterizzazione”. Per la ceramica tradizionale – terraglie, laterizi, gres, porcellane – questo processo dura diverse ore, a temperature tra i 900 ed i 1300°C. Le ceramiche più avanzate vengono invece cotte tra i 1400 e i 1600°C, ma in alcuni casi si arriva a superare i 2000°C. Anche grazie al sostegno della Fondazione Caritro, ho potuto studiare lo sviluppo di nuove tecnologie di sinterizzazione con cicli termici, elettrici e meccanici alternativi.

In particolare, abbiamo mostrato come l’applicazione di campi elettrici a un corpo verde durante la cottura possa portare, in specifiche condizioni, a un drastico abbattimento delle temperature e dei tempi in cui avviene il consolidamento delle polveri (“flash sintering”). Altre attività stanno studiando i processi di sinterizzazione a freddo o “cold sintering”, cioè con temperature inferiori ai 350°C, sotto pressione e in presenza di un solvente, e l’effetto benefico di elevate velocità di riscaldamento sul consolidamento delle polveri ceramiche e metalliche.

Queste tecniche innovative aiutano l’ambiente e le risorse energetiche. Ma aprono anche una serie di opportunità per lo sviluppo di materiali con proprietà meccaniche e funzionali del tutto nuove e inesplorate. Un esempio è una collaborazione con Simone Mascotto dell’Università di Amburgo. Insieme, abbiamo mostrato che certi ossidi ceramici, consolidati in presenza di campi elettrici (flash sintering), presentano superiori proprietà catalitiche verso l’ossidazione del metano.

Il premio della “Materials Research Society” (MRS) è un riconoscimento dei risultati che abbiamo ottenuto fino ad oggi. Rappresenta certamente una bella soddisfazione professionale, e si affianca alle soddisfazioni quotidiane che offre l’attività di ricerca nel “Laboratorio di Vetri e Ceramici” del Dipartimento di Ingegneria industriale.

In questi anni, ho apprezzato in particolare lo spirito di ricerca libera, sia di base che applicativa, che per molti versi rappresenta, anche per i ricercatori in discipline scientifiche, una sorta di espressione della propria creatività. Preziosa è stata la collaborazione sia con giovani studenti che con ricercatori più esperti come i miei mentori, Vincenzo Maria Sglavo e Gian Domenico Sorarù. Inoltre, lo sviluppo di collaborazioni scientifiche internazionali, europee ed extra-europee, mi ha permesso, come giovane ricercatore del DII, di vivere diverse esperienze all’estero e di “contaminare” la mia attività scientifica con diversi approcci, metodologie e conoscenze.