Test d'ingresso in Ateneo © Cattani Faggion. Archivio UniTrento

Vita universitaria

Il Piano di Ateneo per la parità di genere

Intervista alla prorettrice Barbara Poggio sul primo Gender Equality Plan di UniTrento

8 marzo 2022
Versione stampabile
a cura di Matteo Largaiolli
Ufficio Stampa e Relazioni Esterne dell'Università di Trento.

Il Gender Equality Plan (GEP), o piano per la parità di genere, è un documento che definisce le linee di indirizzo e le azioni concrete a favore dell’equità di genere in Ateneo per il triennio 2022-2024. Pensato dalla Commissione europea nel 2012 e sostenuto dalla Conferenza dei rettori delle università italiane, è uno strumento programmatico e operativo. 
Il GEP dell’Università di Trento può essere consultato sul sito dell’Ufficio Equità & diversità. Prevede alcune linee di azione concreta, articolate su cinque ambiti che toccano tutte le componenti dell’università: l’equilibrio tra vita privata e vita lavorativa; l’equilibrio di genere nelle posizioni di vertice e negli organi decisionali; l’uguaglianza di genere nel reclutamento e nelle progressioni di carriera; l’integrazione della dimensione di genere nella ricerca e nei programmi di insegnamento; il contrasto alla violenza di genere, al mobbing, alle molestie e alle molestie sessuali. 
Ne abbiamo parlato con Barbara Poggio, prorettrice alle politiche di equità e diversità del nostro Ateneo.

Professoressa Poggio, il Gender Equality Plan è un documento per certi aspetti innovativo. A che cosa serve? Barbara Poggio
Il Gender Equality Plan (GEP) è il documento che definisce la strategia dell’Ateneo per la parità di genere. Si tratta di un testo programmatico pensato per la realizzazione di interventi e azioni mirate a valorizzare la piena partecipazione di tutte le persone alla vita dell’Ateneo, riducendo le asimmetrie di genere attraverso processi di cambiamento istituzionale, organizzativo e culturale. Da quest’anno il GEP è anche un requisito necessario per accedere ai principali bandi competitivi europei e ai finanziamenti dei programmi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Si tratta di un cambiamento importante in una prospettiva di promozione dell’equità di genere nei contesti scientifici. 
Il rischio da evitare è che il GEP venga percepito dagli enti di ricerca come un ennesimo adempimento burocratico. Un rischio che fortunatamente il nostro Ateneo non dovrebbe correre. Negli ultimi anni infatti la nostra università si è caratterizzata per un importante e capillare lavoro nella direzione di una maggiore equità di genere (e non solo), le cui linee guida sono state tracciate dalle diverse edizioni del Piano di azioni positive di Ateneo, a partire dal 2014. La pubblicazione del Bilancio di genere dell’Università di Trento nel maggio del 2021 è stato un ulteriore e fondamentale passo in questa direzione. 

Negli ultimi anni quindi il nostro Ateneo ha dedicato molte energie all’equità di genere, anche con iniziative concrete.
Sicuramente negli ultimi anni l’Università di Trento si è distinta anche sul piano nazionale per il consistente impegno portato avanti sul piano dell’equità di genere. Un impegno che si è articolato lungo diversi assi: dall’analisi e dal monitoraggio dei dati, alla creazione di una rete di soggetti coinvolti in questa direzione, come la Prorettrice, il Comitato unico di garanzia, la Consigliera di fiducia, i Delegati dei dipartimenti, l’Ufficio Equità & Diversità. 
Abbiamo anche progettato molti interventi su vari ambiti. Tra questi in particolare ricordo la conciliazione vita-lavoro, che prevede un ampio range di azioni e e rispetto alla quale è stata conseguita una specifica certificazione, quella del “Family Audit”; il riequilibrio nelle carriere, grazie anche all’introduzione di appositi incentivi; il contrasto alle discriminazioni e alle molestie, tramite strumenti regolativi, ma anche attraverso percorsi formativi e di promozione. E poi molte iniziative di sensibilizzazione culturale, rivolte non solo alla comunità universitaria, ma anche alla società più ampia.

Avete già potuto vedere alcuni risultati, grazie a questo vostro lavoro?
In alcuni ambiti, come la composizione di genere nelle posizioni più elevate, partivamo da una situazione molto problematica, anche in relazione alla media italiana. I dati attuali mostrano però che il lavoro realizzato ha avuto delle ricadute positive, riducendo in modo significativo la distanza rispetto agli altri atenei. Restano tuttavia ancora margini di miglioramento, così come l’esigenza di consolidare i risultati raggiunti. 

Il GEP si propone di favorire processi di cambiamento strutturale e culturale all’interno dell’Ateneo. Come si può raggiungere questo obiettivo? 
Favorire il cambiamento significa intervenire sulla gestione e lo sviluppo delle risorse umane, per promuovere ambienti di studio e di lavoro più equilibrati sul piano del genere ma non solo, e che garantiscano il benessere di tutte le diverse componenti dell’Ateneo. Ciò può essere realizzato ad esempio attraverso azioni positive mirate al riequilibro della composizione di genere, sia in termini verticali, in relazione alle progressioni di carriera, sia in termini orizzontali, rispetto alla distribuzione tra i vari ambiti disciplinari. Ma può essere realizzato anche con interventi capaci di agire sui modelli e le pratiche culturali diffuse dentro e fuori il contesto universitario. 

Proprio per questa sua vocazione al cambiamento culturale, il GEP dell’Università potrebbe essere un modello anche per altri atenei, altri enti e in generale per la società.
In questo stesso momento molte altre università si stanno dotando di questo strumento, ma il vantaggio del nostro Ateneo è che è già da tempo abbiamo avviato un processo di cambiamento che va in questa direzione. Non è un caso che numerosi altri atenei ci abbiano contattati per conoscere meglio le azioni e le politiche già attive. Sul tema si riscontra anche l’interesse da parte della società e del territorio, che guardano all’Università di Trento come un punto di riferimento in questi ambiti. Certo, ci sono poi anche resistenze, dentro e fuori l’Ateneo, perché questo tipo di azioni agisce su meccanismi e dinamiche di potere consolidate, che non sempre accolgono favorevolmente le spinte al cambiamento. È inevitabile che questo accada, ma in fondo è anche un segno che si sta andando nella giusta direzione. 

Quali sono le ricadute concrete, i risvolti pratici sulla vita dell’Ateneo?
Le ricadute concrete di tutto questo lavoro sono diverse: il GEP favorisce una maggiore consapevolezza rispetto alle criticità generate dalle diseguaglianze di genere. Prevede inoltre una pluralità di strumenti e servizi per favorire la conciliazione tra impegno professionale e vita personale e familiare. Opera per garantire anche una maggiore parità di opportunità nel conseguimento di posizioni più elevate nel percorso di carriera e una più equilibrata presenza di donne e uomini nei diversi ambiti disciplinari. Vuole quindi eliminare comportamenti e pratiche discriminanti. Questo può sicuramente contribuire a migliorare la qualità della vita e del clima lavorativo all’interno dell’ateneo e a valorizzare maggiormente tutte le sue diverse componenti. 

Il piano sembra quindi una tappa importante, ma certo non l’ultima, verso l'equità. Quali sono i prossimi passi?
L’impegno sul fronte dell’equità di genere ovviamente non si ferma con la pubblicazione del GEP. Il piano rappresenta in realtà la bussola che guiderà l’impegno dell’Ateneo nei prossimi anni verso una maggiore equità di genere sia all’interno che nella società più in generale. Oltre al mantenimento e consolidamento delle azioni già avviate, tra gli ambiti che vedranno un più significativo investimento nei prossimi anni richiamerei in particolare il riequilibrio di genere tra i diversi ambiti disciplinari (in particolare tra quelli tecnico-scientifici e quelli socio-umanistici), una maggiore integrazione della prospettiva di genere nella didattica e nella ricerca, un ulteriore impegno sul fronte della sensibilizzazione e della promozione sociale orientata all’equità di genere e al contrasto alla violenza e alle molestie.
              
Proprio quest’ultimo punto è al centro di una campagna contro le molestie e le discriminazioni partita in questi giorni.
Come dicevo, tra gli ambiti di azione del GEP troviamo anche il contrasto alla violenza di genere, comprese le molestie sessuali. Sono pratiche presenti in molte organizzazioni, tra cui anche le università, ma spesso poco visibili e non sufficientemente stigmatizzate e affrontate. Negli anni scorsi abbiamo lavorato su molti aspetti, sia per approfondire la questione sul piano scientifico, sia per definire un quadro regolativo all’interno dell’Ateneo, sia nell’ottica della formazione e della sensibilizzazione. È soprattutto in quest’ultima prospettiva, e anche a seguito di sollecitazioni arrivate dalle rappresentanze studentesche, che negli ultimi mesi ci siamo impegnati nella realizzazione di una campagna di sensibilizzazione contro molestie e discriminazioni. 
La campagna, dal titolo #finiscequi, si propone di contrastare usi del linguaggio offensivi rispetto al genere, ma anche ad altre appartenenze sociali e identitarie. Si basa su una serie di manifesti che riportano frasi comuni che a una prima lettura possono apparire neutre e inoffensive, ma che in specifiche situazioni e contesti, possono generare disagio, discriminazione e emarginazione. 
La campagna è rivolta sia all’interno che all’esterno dell’Ateneo, per sottolineare che l’Università di Trento condanna questo tipo di azioni e è al fianco di chi le subisce. In particolare, sul versante interno, l’obiettivo è anche quello di promuovere la figura della Consigliera di fiducia, che può rappresentare un supporto importante in caso si verifichino situazioni di questo tipo.