Il rettore dell'Università di Trento, Flavio Deflorian

Vita universitaria

Il 2023 di UniTrento. Intervista al rettore Deflorian

Scuola di Medicina, Dipartimenti di eccellenza, Pnrr, rimodulazione dei finanziamenti e riforma dello Statuto

16 gennaio 2023
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di Alessandra Saletti
Ufficio Stampa e Relazioni esterne

Come sarà il 2023 per l’Università di Trento? Quali partite aperte, quali novità in vista? Come redazione di UniTrentoMag ce lo siamo chiesti e abbiamo deciso di dedicare a questo tema uno speciale – il primo di questo anno nuovo – per raccogliere commenti e anticipazioni sull’anno che da poco stiamo vivendo. Per avere un quadro generale di ciò che ci aspetta come Ateneo abbiamo intervistato il rettore Flavio Deflorian. Ci ha parlato di ricerca, di didattica e di novità sullo sviluppo delle iniziative già intraprese. A cominciare da Medicina.

Rettore Deflorian, anche il 2023 è un anno simbolico per la storia dell’Università di Trento.

«Sì, è anche questo un anno di ricorrenze. Nel 1973, cinquant’anni fa cominciavano le lezioni a Economia e a Scienze e Trento diventava una Libera Università. Un passaggio importante per il nostro Ateneo che si è aperto così ad essere una polifacoltà. E poi negli anni Ottanta l’ampliamento ad altre discipline: una fase che ricordo perché l’ho anche vissuta da studente. Fu un momento di grandi trasformazioni e di modernizzazione del nostro territorio. Un percorso che non si è mai interrotto di apertura verso l’esterno dei nostri confini. Con quel passo – e con quelli che si ci sono stati negli anni successivi – l’Ateneo ha davvero contribuito a rendere il Trentino una terra attraente verso l’esterno».

Lo sviluppo futuro per l’Ateneo oggi però ha una nuova direzione, ben precisa. Quella di Medicina e Chirurgia. Cosa succederà su questo fronte nel 2023?

«La novità importante nel 2023 è che, dopo aver garantito in questi anni la formazione pre-clinica, decollerà ora la parte clinica e avvieremo la progettazione delle scuole di specialità. E le discipline di partenza – contiamo almeno un paio – saranno quelle che in qualche modo già fanno parte del nostro patrimonio, più vicine alle neuroscienze e alla biologia su cui abbiamo già in casa competenze e attrezzature. E quelle che sul territorio consentono di avere i numeri adeguati per costituire una casistica interessante per lo studio clinico. Le nuove iniziative saranno realizzate sempre in stretta collaborazione con l’Università di Verona e con le altre realtà universitarie. Una collaborazione che contiamo di rafforzare ulteriormente. È già stato avviato anche il reclutamento del personale docente: cinque concorsi si stanno chiudendo, altri sette sono in programma. In tutto a fine 2023 pensiamo di avere una ventina di nuove posizioni.

L’urgenza al momento per noi è garantire alla Scuola di Medicina uno sviluppo sicuro e coerente con il progetto. Per cui è necessario in tempi brevissimi identificare una sede fisica, in attesa di una collocazione definitiva accanto al nuovo ospedale. L'ipotesi su cui si sta ragionando al momento è nell’area di Monte Baldo che potrebbe ospitare un edificio dedicato, eventualmente riutilizzabile in seguito per le professioni sanitarie o altre iniziative accademiche».

Il 2022 si è concluso con qualche incertezza sui conti dell’Ateneo per i prossimi anni. Come è la situazione?

«Certamente abbiamo davanti un anno in cui è necessario ridefinire l’importo dei finanziamenti che spettano al nostro Ateneo. Ma affrontiamo questo compito importante con fiducia: contiamo di risolvere la questione con la Provincia autonoma di Trento ottenendo garanzie su ciò che già la legge prevede e rimodulando l’apporto in linea con quanto sta avvenendo per gli altri atenei italiani. Sarà una negoziazione graduale che forse richiederà un po’ di tempo ma partirà senz’altro già a primavera. Il nostro obiettivo è arrivare con l’autunno ad avere maggiore chiarezza sulle risorse dal 2024».

L’Università di Trento ha di recente confermato il suo primato di "research university" italiana con l’assegnazione da parte di Anvur di ben sette dipartimenti di eccellenza. Un risultato importante che però richiede impegno e responsabilità nella gestione delle risorse che arriveranno, altri 49 milioni.

«Sì, è un risultato davvero significativo, non soltanto guardando ai dipartimenti di dimensioni e caratteristiche analoghe alla nostra, università medie. Ma competiamo anche con atenei grandi e mega, che sulla carta avrebbero numeri ben al di sopra dei nostri. Quest’anno dunque saremo impegnati proprio su questo, perché inizieranno i progetti e recluteremo i primi professori. Stimiamo circa 20-30 posizioni nell’arco di cinque anni. Ma su queste iniziative avvieremo anche i primi reclutamenti di personale tecnico e amministrativo – novità rispetto alla precedente tornata – perché riteniamo che alle figure di didattica e ricerca vada dato un supporto adeguato e strutturale».

Il PNRR, Piano nazionale di ripresa e resilienza, è un’altra voce di impegno per l’Ateneo in questo 2023?

«Certamente. Molte cose sono state avviate ma ora la sfida è intercettare i bandi a cascata, che coinvolgeranno le strutture che non state chiamate in causa direttamente nella prima fase. Qui potremo senz’altro far valere le nostre competenze. Gestiremo inoltre i bandi a cascata che riguardano il Consorzio Ecosistema Innovazione iNEST per la realizzazione del programma di ricerca in qualità di "Ecosistema dell’innovazione". Un piano che punta a estendere i benefici delle tecnologie digitali alle principali aree di specializzazione del Nord-Est, tra cui rientrano le imprese del territorio trentino.

Inoltre nel 2023 dovremo avviare i lavori per il progetto di partenariato Trentino Data Mine.

E oltre a questo, nel 2023 entra nel vivo anche il nostro Piano strategico, già operativo dallo scorso anno. Ma certamente sarà quest’anno che partiranno e entreranno a regime tutte le iniziative già pianificate e finanziate».

Si parla anche di una revisione dello Statuto UniTrento.

«Sì, la sfida di quest’anno sarà senz’altro anche di aggiornare il documento alla luce di vari aspetti che sono emersi negli anni. Tra le questioni più recenti, andrà certamente inserito un riferimento alle Scuole federate di Medicina. Ma non solo, perché serve manutenzione anche su altri livelli.

Il nodo centrale riguarda senz’altro la rappresentanza. Occorre intervenire per dare maggiore valorizzazione alle varie componenti della comunità accademica negli organi centrali di Ateneo e, in particolare, al personale amministrativo e tecnico. E per restituire allo stesso un peso di rappresentanza adeguato in occasione delle elezioni del rettore. È una mancanza già segnalata in passato, che vogliamo finalmente risolvere. Anche in relazione a questo, potrebbe servire di conseguenza un approfondimento, forse un aggiustamento, sul ruolo e le competenze di Senato accademico e Consulta dei direttori.

Sono anche necessarie anche alcune piccole modifiche dettate da oltre dieci anni di applicazione dello Statuto. Ad esempio le procedure di redazione e applicazione del Piano strategico. Oltre, naturalmente ad un adeguamento alle normative nazionali su alcune funzioni istituite successivamente al 2011. La confusione che a volte regna tra centri e dipartimenti ci sta causando qualche problema di interpretazione. Ecco che rivedere lo statuto potrebbe aiutarci a chiarire meglio le differenze, affrontando il nodo della formalizzazione delle doppie (a volte anche triple) afferenze dei docenti alle strutture, sia al nostro interno, sia nelle interlocuzioni con il Ministero.

Infine stiamo pensando di ragionare sulla possibilità di prevedere delle strutture di coordinamento per affrontare alcune questioni trasversali che riguardano la didattica o i servizi. Nell’attuale Statuto sono solo accennate, ma forse un approfondimento su ruolo e funzioni può essere utile, nel pieno rispetto delle identità e dell’autonomia di centri e dipartimenti».