Foto di Daniele Mosna. Archivio UniTrento. 

Vita universitaria

Indagine AlmaLaurea 2021

Dati positivi sulla condizione occupazionale di laureati e laureate UniTrento

29 giugno 2021
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Umberto Martini
di Umberto Martini
Dipartimento di Economia e Management, Delegato del Rettore a Tirocini curricolari e placement UniTrento

Nel corso degli ultimi anni è andata consolidandosi la visione secondo cui tra i compiti dell’università vi sia quello di offrire un adeguato supporto all’occupabilità dei propri laureati. Questo si lega da un lato all’offerta di servizi di orientamento e di placement, che assistano e accompagnino studentesse e studenti nell’affrontare consapevolmente il mondo del lavoro e delle professioni, dall’altro, però, alla creazione di competenze in uscita utilmente riconoscibili e spendibili nel mondo del lavoro. Tra queste, poi, vanno considerate non solo le competenze tecniche e disciplinari, ma anche le competenze soft e trasversali, oramai indispensabili nella complessità di qualsiasi occupazione lavorativa e/o professionale di chi sia in possesso di un diploma di laurea (triennale o magistrale).

Nella recente cerimonia di Presentazione del Rapporto AlmaLaurea 2021, tenutasi presso l’Università di Bergamo, la Ministra dell'Università e della Ricerca Maria Cristina Messa ha sottolineato nella propria Relazione introduttiva come l’università debba fornire conoscenze e competenze generali, senza limitarsi ad entrare nello specifico disciplinare, e avendo piena consapevolezza di cosa accade nel mondo del lavoro e delle professioni. In questo senso, grande attenzione dovrà essere data oggi a temi quali l’innovazione nel campo delle nuove tecnologie e della green transition e alla riduzione del gap di genere. Offrendo una sintesi dei principali risultati della ricerca, la Direttrice di AlmaLaurea, professoressa Marina Timoteo, ha poi sottolineato come sia necessario fornire ai laureati competenze solide e interconnesse, creando capacità di mettere in connessione mondi diversi e di sviluppare reti di relazioni. Grande rilevanza sta assumendo infatti la contaminazione fra saperi, la capacità di collegare le discipline in modo originale, partendo dalla solidità degli elementi fondativi di ognuna.

Questi temi costituiscono la premessa fondamentale per leggere, in prospettiva, i risultati della ricerca annuale sulla Condizione occupazionale dei laureati in Italia, identificando anche gli obiettivi di medio termine che devono essere fatti propri dall’università nell’attività di pianificazione della didattica e dei percorsi di studio offerti.

LA CONDIZIONE OCCUPAZIONALE DEI LAUREATI E DELLE LAUREATE DELL'UNIVERSITÀ DI TRENTO

Il Rapporto di AlmaLaurea sulla Condizione occupazionale dei laureati ha analizzato 655 mila laureati di primo e secondo livello nel 2019, 2017 e 2015 contattati, rispettivamente, a uno, tre e cinque anni dal conseguimento del titolo. Per quanto riguarda l’Università di Trento, l’Indagine ha riguardato complessivamente 6.819 laureati e laureate. I dati si concentrano sull’analisi delle performance dei laureati di primo e di secondo livello usciti nel 2019 e intervistati a un anno dal titolo e su quelle dei laureati di secondo livello usciti nel 2015 e intervistati dopo cinque anni.

Lavoro, laureati e laureate triennali a un anno dalla laurea

L’Indagine ha coinvolto 1.994 laureati triennali del 2019 contattati dopo un anno dal titolo (nel 2020).

Il 75,9% dei laureati di primo livello, dopo il conseguimento del titolo, decide di proseguire il percorso formativo con un corso di secondo livello (marginale la quota di chi si iscrive ad un corso triennale). Dopo un anno, il 74,9% risulta ancora iscritto all’università. Per un’analisi più puntuale, pertanto, vengono di seguito fotografate le performance occupazionali dei laureati di primo livello che, dopo l’ottenimento del titolo, hanno scelto di non proseguire gli studi universitari e di immettersi direttamente nel mercato del lavoro.

Isolando quindi i laureati triennali dell'Università di Trento che, dopo il titolo, non si sono mai iscritti a un corso di laurea (23,2%), è possibile indagare le loro performance occupazionali a un anno dal titolo.

A un anno dal conseguimento del titolo, il tasso di occupazione (si considerano occupati tutti coloro che sono impegnati in un’attività retribuita, di lavoro o di formazione) è del 68,9%, mentre quello di disoccupazione (calcolato sulle forze di lavoro, cioè su coloro che sono già inseriti o intenzionati a inserirsi nel mercato del lavoro) è pari al 14,8%.

Tra gli occupati, il 28,9% prosegue il lavoro iniziato prima della laurea, il 24,1% ha invece cambiato lavoro; il 46,9% ha iniziato a lavorare solo dopo il conseguimento del titolo.

Il 28,9% degli occupati può contare su un lavoro alle dipendenze a tempo indeterminato, mentre il 33,8% su un lavoro non standard (in particolare su un contratto alle dipendenze a tempo determinato). Il 7,5% svolge un’attività autonoma (come libero professionista, lavoratore in proprio, imprenditore, ecc.).

Il lavoro part-time coinvolge il 17,1% degli occupati. La retribuzione è in media di 1.293 euro mensili netti.

Ma quanti fanno quello per cui hanno studiato? Si è presa in esame l’efficacia del titolo, che combina la richiesta della laurea per l’esercizio del lavoro svolto e l’utilizzo, nel lavoro, delle competenze apprese all’università. Il 41,0% degli occupati considera il titolo molto efficace o efficace per il lavoro svolto. Più nel dettaglio, il 38,6% dichiara di utilizzare in misura elevata, nel proprio lavoro, le competenze acquisite all’università. 

Lavoro, i laureati e le laureate di secondo livello a uno e cinque anni dalla laurea

I laureati di secondo livello del 2019 contattati dopo un anno dal titolo sono 1.687 (di cui 1.264 magistrali biennali e 423 magistrali a ciclo unico), quelli del 2015 contattati a cinque anni sono 1.553 (di cui 1.215 magistrali biennali e 338 magistrali a ciclo unico).

A un anno

Tra i laureati di secondo livello del 2019 intervistati a un anno dal conseguimento del titolo, il tasso di occupazione (si considerano occupati quanti sono impegnati in un’attività retribuita, di lavoro o di formazione) è pari al 78,8% (83,6% tra i magistrali biennali e 68,3% tra i magistrali a ciclo unico). Il tasso di disoccupazione, calcolato sulle forze di lavoro, è pari all’8,3% (7,7% tra i magistrali biennali e 9,7% tra i magistrali a ciclo unico).

Il 19,2% prosegue il lavoro iniziato prima della laurea, il 17,1% ha invece cambiato lavoro; il 63,7% ha iniziato a lavorare solo dopo il conseguimento del titolo. Tra i laureati magistrali biennali tali percentuali sono, rispettivamente, pari a 20,4%, 16,5% e 63,1%; tra i magistrali a ciclo unico sono pari a 15,1%, 19,0% e 65,9%.

Il 26,6% degli occupati può contare su un contratto alle dipendenze a tempo indeterminato mentre il 34,6% su un lavoro non standard (in particolare su un contratto alle dipendenze a tempo determinato). L’8,1% svolge un’attività autonoma (come libero professionista, lavoratore in proprio, imprenditore, ecc.). Tra i magistrali biennali tali percentuali sono, rispettivamente, pari a 29,5%, 35,5% e 6,0%; tra i magistrali a ciclo unico sono pari a 16,7%, 31,7% e 15,1%.

Il lavoro part-time coinvolge il 15,1% degli occupati (14,6% tra i magistrali biennali e 16,7% tra i magistrali a ciclo unico). La retribuzione è in media di 1.373 euro mensili netti (1.409 euro per i magistrali biennali e 1.249 euro per i magistrali a ciclo unico).

Il 62,2% degli occupati ritiene la laurea conseguita molto efficace o efficace per il lavoro che sta svolgendo (il 61,8% tra i magistrali biennali e il 63,5% tra i magistrali a ciclo unico); inoltre, il 53,5% dichiara di utilizzare in misura elevata, nel proprio lavoro, le competenze acquisite durante il percorso di studi (52,4% tra i magistrali biennali e 57,1% tra i magistrali a ciclo unico).

A cinque anni

Il tasso di occupazione dei laureati di secondo livello del 2015, intervistati a cinque anni dal conseguimento del titolo, è pari al 92,6% (92,7% per i magistrali biennali e 92,1% per i magistrali a ciclo unico). Il tasso di disoccupazione è pari al 3,2% (3,3% per i magistrali biennali e 2,9% per i magistrali a ciclo unico).

Gli occupati assunti con contratto a tempo indeterminato sono il 57,4%, mentre gli occupati che svolgono un lavoro non standard sono il 16,0%. Svolge un lavoro autonomo il 18,8%. Tra i magistrali biennali tali percentuali sono, rispettivamente, pari a 60,8%, 17,6% e 13,7%; tra i magistrali a ciclo unico sono pari a 46,6%, 11,0% e 34,6%.

Il lavoro part-time coinvolge il 9,6% degli occupati (11,2% tra i magistrali biennali e 4,7% tra i magistrali a ciclo unico). Le retribuzioni arrivano in media a 1.669 euro mensili netti (1.684 per i magistrali biennali e 1.620 per i magistrali a ciclo unico). Il 62,5% degli occupati ritiene la laurea conseguita molto efficace o efficace per il lavoro svolto (è il 60,7% tra i magistrali biennali e il 68,1% tra i magistrali a ciclo unico); il 53,4% dichiara di utilizzare in misura elevata, nel proprio lavoro, le competenze acquisite all’università (50,7% tra i magistrali biennali e 61,8% tra i magistrali a ciclo unico).

Ma dove vanno a lavorare? Il 72,0% dei laureati è inserito nel settore privato, mentre il 22,2% nel pubblico. La restante quota lavora nel non-profit 5,6%. L’ambito dei servizi assorbe il 78,1%, mentre l’industria accoglie il 20,9% degli occupati; 0,8 la quota di chi lavora nel settore dell’agricoltura.

Quello che ci rivela questa indagine è la conferma della buona capacità di assorbimento dei laureati della nostra università da parte del mondo delle imprese e delle professioni, con interessanti aperture al settore pubblico e del non profit. Un rafforzamento del supporto all’azione di placement e di orientamento, che contribuisca anche a creare maggiore consapevolezza negli studenti sui cambiamenti in atto nel mondo del lavoro, e alle aspettative presenti nelle aziende e nelle organizzazioni a cui rivolgeranno il proprio interesse, non potrà che contribuire a rafforzare ancora questi risultati. Nello stesso tempo, le raccomandazioni emerse in sede di presentazione del Rapporto possono rappresentare una utile base per la costruzione di percorsi universitari sempre più vicini e coerenti con le sfide del lavoro contemporaneo.