Fotogramma tratto dal film: "Avatar"

Formazione

GAMIFICATION: LA PASSIONE PER I VIDEOGAME AL SERVIZIO DELLA SCIENZA

Una lezione con Frederic Fol Leymarie, professore alla Goldsmiths, University of London

20 maggio 2014
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Marinella Daidone
Serena Beber
di Marinella Daidone e Serena Beber
Lavorano presso la Divisione Comunicazione ed Eventi dell’Università di Trento.

Partecipata, vivace, interessante, la lezione pubblica tenuta dal professor Frederic Fol Leymarie lo scorso 25 marzo presso il Dipartimento di Lettere e Filosofia dell'Università di Trento. Professore di informatica alla Goldsmiths, University of London, Leymarie ha parlato di "Games: gamification, art, media, education, science". La gamification o ludicizzazione è l'utilizzo di elementi mutuati dai giochi e delle tecniche di game design in contesti esterni ai giochi. In altre parole si sfruttano la passione, la competitività e le conoscenze di migliaia di appassionati che, attraverso il gioco, contribuiscono ad un progetto, perfino di carattere scientifico. Le domande degli studenti e gli interventi di docenti e persone interessate al termine della lezione, hanno mostrato che gli argomenti trattati fanno parte di un ambito trasversale e pervasivo, soggetto a molti possibili sviluppi. A partire dai Computer Games, Leymarie ha illustrato numerose applicazioni correlate a nuove professioni differenti campi occupazionali.

Al termine dell'incontro gli abbiamo rivolto alcune domande.

Professor Leymarie, nella sua lezione ha parlato di uno sviluppo delle nuove tecnologie, dai primi giochi per computer al cinema 3D. Una rivoluzione tecnologica e culturale che è solo all’inizio?

Si tratta di un settore che ha una storia di più di 40 anni: comincia negli anni Settanta e inizialmente va di pari passo con lo sviluppo dei personal computer. Oggi però si tratta di un settore molto ampio e già maturo, che include la grande industria cinematografica. È difficile dire come sarà tra 10-15 anni perché studi, tecnologie, applicazioni sono in continua evoluzione. Inoltre c'è un processo bidirezionale che favorisce questa evoluzione: il gioco attrae e si adatta molto facilmente alle nuove idee; d'altro lato chi ha nuove idee pensa che il gioco possa essere uno strumento in più per diffonderle e avere successo, perfino nel cinema. Pensiamo ad esempio al trionfo di Avatar.

Ci sono quindi molti ambiti interessati ai giochi per computer?

Se pensiamo che la Disney oggi produce i propri giochi per computer ci rendiamo conto della portata, anche economica, di questo settore. Ma le applicazioni e le possibilità di sviluppo sono tantissime, pensiamo ad esempio all'arte, al design, o al mondo dello sport con gare e simulazioni, o alla funzione educativa che possono avere i giochi didattici. Le potenzialità sono enormi, alcune ancora da esplorare e da ampliare, penso ad esempio al mondo della moda o alla scienza.

Come possono interagire scienza, ricerca, formazione e computer games?

Questo è un campo molto stimolante e cominciano ad esserci esempi molto belli di giochi, alcuni semplici altri più complessi, che favoriscono la divulgazione scientifica e, a seconda del tipo di gioco, possono anche aiutare il progresso della scienza. Penso ad esempio a Galaxy Zoo, in cui i partecipanti si occupano della classificazione delle stelle e dei corpi celesti di un "pezzetto" di galassia che viene loro assegnato. Il progetto ha consentito la pubblicazione di risultati scientifici, chiunque può accedervi e partecipare.
Un esempio di successo di gioco scientifico è Foldit, dove i giocatori si destreggiano tra elementi come il DNA e le proteine, contribuendo al progresso scientifico divertendosi. Questo è stato per noi elemento di ispirazione nel creare il progetto DockIt che stiamo sviluppando insieme ad alcuni colleghi dell’Imperial College London. Qui gioco, grafica 3D e informatica saranno al servizio della biologia molecolare.

Quale impatto economico può avere questo settore?

In Gran Bretagna la creative industry rappresenta una parte significativa del PIL, non ricordo con esattezza la percentuale ma non inferiore al 5%. Ma questo è un paese che ha iniziato presto a sviluppare questo settore, è già maturo, ritengo che in altri paesi, come l’Italia, gli spazi di crescita siano ancora maggiori.

Professor Leymarie, Lei era già stato a Trento?

Sì, ho partecipato in passato ad alcuni workshop all'Università di Trento perché ho una collaborazione scientifica con la professoressa Liliana Albertazzi [docente del Dipartimento di Lettere e Filosofia e del Centro Mente/Cervello dell'ateneo, ndr]. Il mio background di ricerca riguarda computer vision e temi legati alla percezione, è la prima volta però che vengo a Trento per parlare di computer games, un ambito di cui mi sono occupato negli ultimi anni. Sono settori sempre più correlati e che coinvolgono più aree di ricerca.

Che impressione ha avuto dell'Università di Trento e del Trentino?

Direi, bellissima; anche l'edificio in cui ci troviamo sede del Dipartimento è stupendo. Vorrei che avessimo edifici di questo tipo anche a Londra, ma non c’è niente di simile. Avete anche le montagne e città molto antiche, medievali e rinascimentali, è splendido.