Sede C3A, San Michele all'Adige. Foto di Umberto Salvagnin.

Formazione

Agrifood innovation manager

Un nuovo corso di laurea per gestire l’innovazione nella filiera agroalimentare. Intervista a Ilaria Pertot, direttrice C3A

28 maggio 2020
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Laura Salvetti
di Laura Salvetti
Lavora presso il Centro Agricoltura Alimenti Ambiente (C3A) dell'Università di Trento e della Fondazione Edmund Mach.
A partire dal prossimo anno accademico verrà attivato dall’Ateneo un nuovo corso di laurea magistrale in Agrifood innovation management. Il corso si fonda su un approccio di didattica innovativa, con forte integrazione con le realtà produttive, per favorire l’apprendimento in un contesto reale. Promosso dal Centro Agricoltura, Alimenti, Ambiente (C3A) e interamente in lingua inglese, il corso è indirizzato a studenti e studentesse curiosi e dinamici, i futuri agrifood innovation manager.
 
Il settore agroalimentare italiano ha registrato negli ultimi anni forti incrementi in termini di produttività, occupazione e ripresa degli investimenti. Attualmente contribuisce significativamente alla crescita dell’economia italiana e ha resistito meglio di altri settori ai contraccolpi della recente crisi economica: nel 2019, secondo l’ISTAT, il complesso del comparto agroalimentare ha segnato un aumento del valore aggiunto dell’1,0 %, corrispondente al 4,1 % dell’intera economia. Ne abbiamo parlato con la direttrice del Centro Ilaria Pertot.
 
Professoressa Pertot, la recente pandemia di Covid-19 ha scosso l’intero sistema a livello globale. Che impatto ha avuto nel settore agroalimentare?
Dall’inizio dell’emergenza c'è stato un importante cambiamento nella struttura della domanda di prodotti agroalimentari: un crollo della domanda da parte di ristoranti, hotel e catering, la chiusura di mercati aperti Laura Pertote un aumento della domanda da parte dei supermercati.
 
Se l’impatto diretto del lockdown in agricoltura (ad esempio la carenza di manodopera dall’estero e di fattori produttivi intermedi) si riassorbirà non appena la circolazione riprenderà gradualmente, molti dei cambiamenti nelle preferenze dei consumatori, sia in termini di prodotti, sia di modalità di consumo si consolideranno con ripercussioni importanti nel medio-lungo periodo. Secondo l’OCSE ci sono già segnali che le imprese lungo la catena alimentare si stanno già adattando ai cambiamenti della domanda.
 
Come sta reagendo il settore agroalimentare a questo scossone?
Lo scorso anno abbiamo intervistato un campione, quasi cento contatti, composto da manager, responsabili di Ricerca e Sviluppo e CEO di aziende agroalimentari italiane e multinazionali di piccole, medie e grandi dimensioni, docenti di atenei italiani ed europei, direttori e presidenti di cooperative e consorzi di produttori italiani, dirigenti di servizi provinciali e rappresentanti di reti professionali. 
 
Se in pre-emergenza Covid-19 gli intervistati avevano già manifestato il bisogno di nuovi laureati e laureate, sia per favorire l’innovazione nel settore agroalimentare, sia per far fronte al ricambio generazionale nelle aziende italiane, ora questa figura di manager dell’innovazione è divenuta quanto mai necessaria per sostenere l’economia e la competitività del settore.
 
C’è bisogno quindi di nuove competenze?
C’è grande urgenza di nuove competenze in particolare di persone che sappiano:
 
- riconoscere e valutare le necessità di miglioramento nei vari segmenti della filiera agroalimentare per adottare le strategie più opportune, tenendo in considerazione anche gli eventuali aspetti sociali ed etici e i cambiamenti indotti dalla pandemia di Covid-19;
 
- decidere quali siano gli elementi di innovazione di prodotto, processo e organizzazione da introdurre in armonia con le attività economiche e i piani di sviluppo delle aziende agrarie e di trasformazione agroalimentare e agroindustriale anche in considerazione del contesto internazionale;
 
- gestire ed innovare le imprese agrarie, partendo dal giudizio sulle scelte colturali, tecnologie agronomiche di produzione e trasformazione fino al marketing delle filiere agro-alimentari, tenendo in considerazione le nuove dinamiche dei mercati nel post-emergenza Covid-19.
 
I laureati e le laureate del nuovo corso di laurea magistrale sapranno prendersi carico di questi aspetti.
 
Ma dunque, chi è il manager dell’innovazione agroalimentare? 
L’agrifood innovation manager è una figura professionale che saprà operare su tutta la filiera produttiva aziendale. Nel dettaglio sarà in grado di migliorare la produzione vegetale e animale in termini di qualità, competitività e sostenibilità, grazie all’introduzione di tecniche e tecnologie avanzate utilizzando strumenti di miglioramento genetico tradizionale e innovativo, di pratiche agronomiche avanzate che comprendono anche la conservazione e trasformazione in post-raccolta, di biotecnologie e tecniche biologiche per la nutrizione e difesa delle piante e di allevamento estensivo di specie a ciclo breve volto al benessere dell’animale. 
 
Una figura capace di sviluppare processi produttivi innovativi e sostenibili che comprendano gli aspetti legati alla produzione, al miglioramento genetico, alla difesa, all’impiantistica e ai mezzi tecnici, agli aspetti di economia agraria, dei mercati, delle norme e regolamenti di riferimento del settore e degli aspetti legati al territorio rurale. 
Laureati e laureate in Agrifood innovation management saranno in grado di progettare, introdurre, gestire in autonomia e collaudare l’innovazione nelle filiere tradizionali, considerando anche la produzione di nuove tipologie di alimenti, con attenzione alle esigenze dei mercati e del consumatore.
 
Durante il corso di studi, acquisiranno inoltre le competenze per programmare, pianificare e condurre analisi, trattare i dati raccolti anche con modelli matematici e strumenti informatici evoluti ed interpretare in maniera critica i risultati, scrivere o interpretare un rapporto di analisi o ricerca al fine di gestire progetti di ricerca e sviluppo per il miglioramento e la sostenibilità della produzione agraria.
 
Come è strutturato il nuovo corso di laurea?
È un corso interamente in inglese, sviluppato assieme alla Fondazione Edmund Mach e ospitato nel campus di San Michele all’Adige; è caratterizzato da un mix di metodi didattici innovativi (learning by doing, challenge-based learnig, flipped classroom, role playing, problem solving, ecc.) e utilizzo di materiale multimediale. 
 
Queste caratteristiche ci permettono di programmare un regolare avvio delle lezioni in modalità blended, (on-line e in presenza in piccoli gruppi di lavoro) nonostante la fase di incertezza legata alle misure di prevenzione del contagio da coronavirus. 
 
Il corso prevede un numero programmato di 25 studenti e studentesse selezionati attraverso un bando che sarà pubblicato sul portale dell’Ateneo. Il bando si aprirà l’8 giugno 2020 e i colloqui con i candidati e le candidate si terranno tra fine agosto e l’inizio di settembre.