Cordoglio in Ateneo per la scomparsa di Klaus Haagen, professore ordinario di statistica matematica al Dipartimento di Economia e Management.
Così lo ricorda la Società Italiana di Statistica:
"Klaus Haagen è nato a Wohlau (Slesia, Germania) nel 1944. Dopo la guerra si è trasferito a Kelheim (Baviera). Ha studiato Scienze economiche e statistiche presso l’Università di Monaco. Nel 1980 ha lavorato come research fellow presso il Dipartimento di Statistica dell’Università di Berkeley (California). Dal 1981 si è trasferito all’Università di Trento dove, divenuto professore ordinario di statistica matematica, ha prestato servizio ininterrottamente fino al raggiungimento della pensione nel 2014.
Ha orientato la sua ricerca nella direzione dei modelli stocastici con variabili latenti, scrivendo numerosi articoli sulle più importanti riviste statistiche internazionali. Sui temi studiati ha scritto anche numerosi saggi e ha fondato in Italia con l’editore Springer una collana di quaderni di statistica.
All'età di 37 anni, nel 1980 Klaus Haagen si è ammalato di morbo di Parkinson, un disordine neuro-degenerativo del controllo muscolare. È stato uno dei primi pazienti al mondo a subire un intervento al cervello per l’applicazione di uno stimolatore neurale del controllo motorio. Da quel momento ha cominciato a studiare il morbo di Parkinson sotto il profilo scientifico presentando i risultati delle sue ricerche a congressi di neurologia in India, Messico, Inghilterra, Stati Uniti e Giappone. È autore, con il neurologo Niels Birbaumer, di un libro autobiografico "Pensare, solo questo rimane. Dialogo di un uomo senza corpo con il suo cervello" (Guerini, 2006).
Il progredire della malattia che ne ha limitato la libertà di movimento e l’intensa attività scientifica non hanno impedito a Klaus Haagen di esercitare anche, ai massimi livelli, l’arte della fotografia. Dapprima ha rappresentato soggetti naturali: paesaggi fiori che ha incontrato nei suoi viaggi in Svizzera, Austria, Olanda, Italia, Danimarca, Svezia, Belgio, Francia, Spagna, Portogallo, Grecia, Norvegia; le cime dell’Himalaya; i grandi parchi nazionali in America e in Alaska. Nelle sue foto più recenti, ha ritratto in modo artistico oggetti della vita di tutti i giorni, come bottiglie di plastica, mollette da bucato o fiori di campo. Gli oggetti si trasformano in immagini nuove e impreviste che obbligano l’osservatore a vedere il mondo con uno sguardo nuovo.
È morto per un malore improvviso il 14 novembre 2020 nella sua casa a Trento".
Al cordoglio dell'Ateneo si aggiunge quello particolare di Davide Bassi:
"Ho conosciuto il professor Klaus Haagen 16 anni fa, quando fui nominato rettore. Sul mio tavolo c'era una pratica che in un linguaggio aridamente burocratico segnalava la necessità di verificare se, malgrado la grave malattia che lo aveva colpito, fosse ancora idoneo per l’insegnamento. Andai a trovarlo e mi resi conto di quanto il suo contributo fosse importante per il nostro Ateneo. Di lui ricordo non solo la grande vivacità intellettuale, ma soprattutto la sua fantastica voglia di vivere e di pensare al futuro. Una grande lezione anche per noi accademici perché lui ha continuato a svolgere il suo ruolo di professore, nonostante le molte difficoltà, come se la malattia non ci fosse”.
Il ricordo di Enrico Zaninotto:
"Klaus Haagen è stato per me e per la mia famiglia un amico. Ed è stato anche uno scienziato al quale ho guardato con ammirazione. Aveva un modo di vivere tutto suo: nella ricerca scientifica, come nella fotografia (altra sua grande passione) e nella sua stessa vita, forzava i limiti e provocava reazioni. Guardava le persone e le cose con l’attenzione di chi si prende cura, con passione e amore, di ciò che lo circonda. Osservava e analizzava con partecipazione, precisione, senza lasciar scappare nulla, disposto a metter sempre in discussione ciò che, ad altri, poteva ad apparire sicuro. La sua partecipazione derivava da passione e amore per la vita.
Klaus ha fatto convivere questo atteggiamento con la malattia. Da scienziato, Klaus ha fatto del suo corpo e della sua malattia un oggetto di osservazione e di studio. E con la sua carica umana e vitale, ha creato una rete di amicizie profonde, di persone che ruotavano attorno a lui: in apparenza per aiutarlo, in realtà trascinati dalla sua vitalità a forzare, spesso recalcitranti, i limiti che la malattia rendeva sempre più stringenti, a interrompere la pigrizia dello sguardo".
Il ricordo di Massimo Egidi:
"Pensare, solo questo rimane. Dialogo fra un uomo senza corpo ed il suo cervello è il libro che Klaus Haagen ha concepito nel periodo in cui si era creata una continua collaborazione ed amicizia con il neurologo Niels Birbaumer: in fondo un modo per studiare scientificamente gli effetti su di sé del proprio male, il morbo di Parkinson, e prenderne così le distanze. L’ironia ed il coraggio con cui ha affrontato la sua lunghissima malattia provengono anche da questa sua capacità di vedere sé stesso dal di fuori, e si manifestava con l’abitudine di usare il suo corpo in modo spesso spericolato in una sfida continua contro la sua malattia. Ho molto ammirato queste sue qualità e la grande vitalità che alimentava il suo rifiuto di arrendersi. Dietro a questo rifiuto si nascondeva una visione etica oggi sempre più rara, che antepone i doveri ai diritti, visione che ci ha trasmesso non con le parole ma con i comportamenti. Un insegnamento da non dimenticare".