George Orwell. Wikimedia Commons

Formazione

Rivoluzionario George Orwell

Riscoprire George Orwell a 70 anni dalla sua morte attraverso le nuove traduzioni

7 luglio 2021
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Chiara Polli
Andrea Binelli
di Chiara Polli e Andrea Binelli
Rispettivamente assegnista di ricerca del Dipartimento di Psicologia e Scienze Cognitive e professore associato del Dipartimento di Lettere e Filosofia UniTrento.

Dal punto di vista dell’editoria italiana, il 2021 promette di passare alla storia come l’anno di George Orwell (1903-1950). Trascorsi settant’anni dalla morte, infatti, la sua opera si è liberata dai diritti commerciali e un numero impressionante di case editrici ha colto l’occasione per pubblicare nuove traduzioni dei suoi capolavori (1984 e Fattoria degli animali) e portare a conoscenza dei lettori gioielli meno noti come Senza un Soldo a Parigi e Londra, Giorni in Birmania e la copiosa produzione di saggi critici e giornalistici.
 
Nel primo caso, quello dei capolavori, si è trattato di partire dai testi stessi per ricostruire e riconsiderare i mondi possibili concepiti da una delle figure autoriali più affascinanti della cultura europea del secolo scorso. E farlo oggi, forti delle indagini critiche e filologiche svolte nel corso degli anni, permette di superare alcune banalizzazioni e intercettare in quei mondi orwelliani trame di significato che non allertarono i primi traduttori.

È un processo di arricchimento ermeneutico, per sua natura infinito e dialogico, poiché in costante dialettica col dinamismo del contesto linguistico e culturale della ricezione, dunque in grado di generare percorsi di senso sempre più puntuali. In altri termini, ritradurre è stata l’occasione di mettere da parte le semplificazioni che tendono a plasmare il valore simbolico dei testi divenuti canonici.

 Affidate alle migliori traduttrici e ai migliori traduttori italiani, le nuove versioni di 1984 e Fattoria degli animali hanno così evidenziato una creatività inedita e si sono rivolti ai lettori contemporanei con una sensibilità al contempo più familiare ed estraniante.  Le loro riletture illuminano la complessa eredità e i nodi problematici di un autore poliedrico come Orwell, scrittore politico disgustato dalla politica rappresentativa, deluso tanto dalle promesse di una rivoluzione tradita quanto dalla retorica imperialista di cui aveva fatto esperienza diretta, critico dei totalitarismi e di tutti i governi in cui i germogli di tali derive rischiano di tradursi in pericolose limitazioni delle libertà. Le sue opere sembrano così riflettersi sulla contemporaneità e per comprenderne appieno il portato rivoluzionario, giacobino e – diremmo oggi – punk ante litteram, è necessario superare le simbologie e la mitologizzazione in chiave pop di figure come il Big Brother, Winston Smith, gli animali della fattoria e i loro proclami. Meglio addentrarsi lungo sentieri meno battuti, spesso oscurati dall’ingombrante iconografia orwelliana, ma non per questo meno prolifici.

Per quanto riguarda la traduzione e ritraduzione dei testi cosiddetti ‘secondari’, queste hanno portato alla scoperta di perle che non sono affatto di secondo piano e tantomeno marginali nella definizione di un Orwell a tutto tondo. Tanto nei romanzi meno noti, quanto nella produzione saggistica, emergono numerosi spunti di riflessione, osservazioni brillanti, demistificazioni sociali rese efficaci da uno sguardo sagacemente satirico.

All’ombra di Orwell, troviamo un Eric Blair (questo il vero nome) affascinato dalla natura e dalla pesca, il contadino che ama il contatto con la terra, un attento osservatore della cerimonia del tè, un raffinato estimatore dei pudding dello Yorkshire, un amante del cricket in quanto sport interclassista, il poliziotto pentito di aver avvallato l’imperialismo britannico e il miliziano antifascista in Catalogna, l’etoniano attratto dai pub popolari, dalla società dei bassifondi di Londra e Parigi, da quella “common decency” proletaria che è ben lungi dall’idea contemporanea di decoro erroneamente piegata a un moralismo reazionario.

A 70 anni dalla sua morte, tradurre ancora Orwell significa dunque giocarsi la possibilità di liberarlo dagli stereotipi e recuperarne le molteplici, talora contraddittorie sfaccettature, la vena ironica e le spigolosità smussate da un processo di canonizzazione poco incline a valorizzare i chiaroscuri, tant’è che non di rado concorre all’oblio della policromia tematica ed esperienziale degli autori.

Il tema è stato trattato durante il convegno Tradurre Orwell all'ombra di Orwell, che si è svolto il 17 e 18 giugno su piattaforma multimediale. 
L’evento è stato organizzato dal laboratorio LETRA - Seminario di traduzione letteraria, che afferisce al Laboratorio letterario (LaborLET) del Centro di Alti Studi Umanistici (CeASUm) - Dipartimento di Lettere e Filosofia UniTrento, con la partecipazione di The Orwell Fundation. Responsabili scientifici: Andrea Binelli e Chiara Polli.