Particolare della copertina del libro

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Lingue nazionali, lingue imperiali.

a cura di Serenella Baggio e Pietro Taravacci

24 marzo 2023
Versione stampabile

Partendo dalla traduzione delle pagine di Schuchardt su lingua e nazione, gli interventi del convegno si sono focalizzati da una parte sul tema della coesione linguistica in diversi contesti politici imperiali (cinese, romano, cristiano, incaico, absburgico, britannico; imperi coloniali) e dall’altra su quello dell’imperialismo linguistico: alternativo ai poteri costituiti il royaume de l’argot dei marginali; funzionale alla rete dei rapporti internazionali l’impero linguistico dell’italiano nel Mediterraneo orientale in età tardomedievale; pianificato geopoliticamente l’imperialismo linguistico angloamericano alla fine del secondo conflitto mondiale. Temi diventati di stringente attualità allo scoppio del conflitto russo-ucraino dove tornano a scontrarsi opposti nazionalismi e opposti imperialismi.

Serenella Baggio è professoressa presso il Dipartimento di Lettere e filosofia dell'Università di Trento.
Pietro Taravacci è professore presso il Dipartimento di Lettere e filosofia dell'Università di Trento.

Dalla Presentazione (pagg. 3-4)

Il terzo incontro CeASUm del nostro affiatato gruppo di studiosi su binomi della linguistica, dopo Lingue naturali, lingue inventate (dell’Orso, 2020) e Lingua franca, lingue franche (dell’Orso, 2021), è stato dedicato a Lingue nazionali, lingue imperiali. Il 4 febbraio 2022, giorno dell’incontro, non potevamo immaginare che il tema sarebbe diventato di tragica attualità allo scoppio della guerra in Ucraina, venti giorni dopo. Nel conflitto in atto vediamo scontrarsi opposti nazionalismi su cui giocano la loro partita opposti imperialismi. Differenze linguistiche superficiali, quasi solo fonetiche, tra ucraini e russofoni vengono brandite come vessilli nazionali.

L’Ottocento è il secolo che ha fissato il principio della nazionalità delle lingue stabilendo una connessione necessaria tra lingua e nazione, su base storica (genealogia delle lingue, teoria del sostrato), ma anche territoriale e razziale (una razza una lingua), con le derive nazionaliste e micronazionaliste che abbiamo conosciuto nel secolo successivo e di cui ancora facciamo le spese.

Paradossalmente il principio della nazionalità delle lingue si era generato all’interno degli imperi multietnici dell’Europa centrale che, proprio nell’Ottocento, sembravano vivere il loro periodo più florido, legato all’espansione sul continente europeo e alle conquiste coloniali. Questi imperi, avviati alla fine dell’Ottocento verso una prima fase di globalizzazione mondiale, avevano in parte accolto il principio di nazio nalità linguistica concedendo aree di autogestione alle nazioni comprese in essi. E le rivendicazioni nazionali erano state per lungo tempo non più che richieste autonomistiche.

Lingue nazionali e lingue imperiali possono convivere come fasi di un progresso storico evolutivo di incivilimento. Dalla frammentazione etnica e linguistica, riflessa ancora nei dialetti, si passa al vantaggio civile di una sola lingua nazionale; compagini più ampie, multinazionali, procedono poi sulla via dell’unificazione e della civiltà con lingue di cultura sempre meno “etniche”.

Schuchardt, antologizzato da Spitzer nel Brevier, nella sezione XI. Sprache und Nationalität, pp. 347-362, afferma perentoriamente che l’equivalenza “La lingua è la nazionalità” è un cortocircuito. Quale la nazionalità se il parlante è un “Neger” anglicizzato, un bilingue o un
plurilingue? E quanto conta la parentela genealogica delle lingue a fronte del contatto e del commercio letterario? È la comunanza di cultura che fa la nazione e l’unità linguistica nazionale. Ma nazionalizzazione e denazionalizzazione sono processi assimilativi continuamente in atto,lenti e inavvertibili nella maggioranza dei casi, conflittuali e coercitivi
quando si rendono evidenti. La nostra riflessione partirà ancora una volta da Schuchardt.

Per gentile concessione di Edizioni dell'Orso.