Particolare della copertina del libro

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Le tecnologie di auto-monitoraggio per il benessere femminile. Una lettura sociologica

Letizia Zampino

16 febbraio 2024
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Piattaforme, app, dispositivi indossabili, oggetti digitali di ogni tipo trasformano in dati le pratiche di monitoraggio quotidiano dei nostri corpi. Sono tecnologie di auto-monitoraggio che performano una salute digitale muovendosi tra la quantificazione e la promozione di stili di vita sani. Come cambia la narrazione dei corpi? Come si riconfigura la conoscenza biomedica suggerita dall’uso di tali tecnologie? Il libro cerca di rispondere a queste domande a partire da fondamenti e innovazioni concettuali proposte dalla Sociologia dei media digitali, dalla Sociologia della salute e dagli Studi sociali sulla scienza e la tecnologia. Le riflessioni distribuite in tutto il volume hanno l’obiettivo di aprire uno spazio di discussione sull’approccio digitale al benessere quotidiano, e in particolare rispetto alle pratiche di genere che le tecnologie di auto-monitoraggio prescrivono e suggeriscono.

Letizia Zampino è assegnista di ricerca presso Il Dipartimento di Ingegneria e Scienza dell'Informazione dell'Università di Trento 

Dall'Introduzione (pp. 13-16)

Piattaforme, app, dispositivi indossabili, oggetti digitali di ogni tipo quantificano e trasformano in dati, ossia datificano, tempi, spazi e attività della nostra vita quotidiana. Esiste una app per controllare e monitorare qualsiasi aspetto dei mondi sociali in cui siamo immersi – dalla salute alla sostenibilità ambientale, dalla politica alla scienza, dalla finanza all’alimentazione, dagli acquisti online alla palestra.
Nella sfera del benessere, le tecnologie di self-tracking diventano sempre più pervasive. Il self-tracking, o auto-monitoraggio, si riferisce alla pratica di raccogliere dati personali relativi alla propria salute, attività fisica, comportamenti e abitudini quotidiani attraverso l’uso di dispositivi e media digitali. Questi dispositivi, come smartwatch (braccialetti fitness), app per smartphone e altri sensori indossabili, consentono agli utenti di registrare, analizzare e interpretare i dati generati a partire dai corpi e dagli stili di vita.
[…]
La digitalizzazione del benessere quotidiano se da un lato contribuisce a democratizzare l’accesso al sapere medico, dall’altro alimenta una visione neoliberale dei sistemi sanitari pubblici incentrati sul concetto di promozione della salute che delega al singolo cittadino la responsabilità di adottare modelli comportamentali sani volti a ottimizzare il proprio stato di salute e cercare di prevenire, così, l’insorgere di malattie e ridurre, laddove possibile, l’ospedalizzazione per le patologie croniche (Lupton 1995). La responsabilità collettiva cede il passo alla responsabilità individuale, che vede nelle pratiche di gestione quotidiana del proprio benessere una soluzione per ridurre la spesa sanitaria e compensare il progressivo smantellamento del welfare sanitario causato dalla riduzione della spesa pubblica. 

Dalle Conclusioni (pp. 99-104)

Adottare un approccio tecnoscientifico allo studio dei media digitali di auto-monitoraggio vuol dire osservare i modi in cui le conoscenze esperte e non esperte performano e sorvegliano i corpi. La digitalizzazione e la datificazione è mediata da piattaforme digitali del settore salute che consentono agli utenti di visualizzare ed esercitare un’auto-sorveglianza sul proprio Sé a livello micro nella vita di tutti i giorni. Le piattaforme hanno alla base una promessa comune, quella di migliorare il benessere individuale inteso in senso olistico. Perseguire un benessere olistico presuppone l’adozione di uno sguardo medico sul proprio corpo, contribuendo, di conseguenza, al processo di biomedicalizzazione.
In particolare, si è cercato di porre l’attenzione sui corpi femminili e sulle conoscenze che le tecnologie di auto-monitoraggio prescrivono e suggeriscono. La piattaformizzazione dell’esperienza quotidiana legata al benessere produce una conoscenza personalizzata che non è mai neutra o oggettiva ma è il risultato di algoritmi che sono costruiti, manipolati, riconfigurati, e basati su conoscenze mediche e ingegneristiche che in quanto tali conservano il rischio di riprodurre una visione patriarcale del corpo femminile (Arcidiacono et al. 2021; Parker et al. 2016; van Dijck et al. 2018; trad. it. 2019).
Gli utenti sono affetti da queste piattaforme che organizzano le conoscenze sotto forma di dati restituendo consapevolezza sul funzionamento di alcuni meccanismi biologici. 
Analizzare le piattaforme digitali che mediano le pratiche della cura di sé adottando la prospettiva teorica del femminismo tecnoscientifico ci consente di guardare a come i corpi imparano ad “essere influenzati” nel mentre entrano in relazione con la materialità di cui le tecnologie della comunicazione e dell’auto-monitoraggio ne rappresentano una possibile configurazione. In quanto utenti costruiamo delle relazioni sociotecniche mettendo in atto pratiche di addomesticamento e pratiche di appropriazione della conoscenza inscritta e suggerita dai dispositivi digitali che funzionano all’interno di infrastrutture digitali di attori eterogenei come sviluppatori, ingegneri, medici, politici. Analiticamente questo processo di appropriazione e ri-appropriazione diventa osservabile all’interno di coinvolgimenti funzionali e affettivi.
[…]
Guardare ai corpi femminili è stata una scelta politica e metodologica per porre l’attenzione sulle narrazioni tecnoscientifiche e biomediche inscritte nelle piattaforme e nei dispositivi di auto-monitoraggio, catturando due forme di engagement sociotecnico.
La prima forma di coinvolgimento è di tipo funzionale e si contraddistingue per mettere in atto pratiche di sottoutilizzo (Kline e Pinch 1996). In questo caso, le app e gli indossabili sono usati in modo funzionale: per quantificare quanto si è camminato o corso; per scoprire se si dorme bene; per prevedere le mestruazioni e così via.
La seconda forma di coinvolgimento è affettiva, nel senso che lo smartwatch diventa un’estensione del corpo, e i dati diventano parte del processo di consapevolezza che conduce alla conoscenza del proprio Sé. È così che incontriamo pratiche di auto-monitoraggio che suggeriscono un conoscere in pratica mediato da dispositivi tecnoscientifici, in cui i confini tra aspetti tecnici e scientifici – ossia connessi alla conoscenza esperta – sono inevitabilmente superati (Gherardi 2016). Le conoscenze inscritte nei dispositivi utilizzati suggeriscono diversi modi di prendersi cura di sé attraverso pratiche che riconfigurano e agiscono un progetto estetico e riflessivo del proprio corpo. La conoscenza inscritta nell’app offre la possibilità di pensare al benessere, alla fertilità, all’ovulazione, alla maternità, alla sindrome premestruale e agli stereotipi di genere. In questo caso, la visualizzazione dei dati relativi ai passi quotidiani o ai battiti cardiaci, alle finestre di ovulazione e di fertilità attiva un’esperienza quotidiana e situata in cui il corpo può essere visivamente conoscibile sotto forma di dati (Haraway 1988).
La fiducia nei dati restituiti da queste tecnologie si dissolve nel momento in cui la propria esperienza restituisce informazioni diverse. Gli algoritmi e i sensori che registrano il battito cardiaco o misurano la qualità del sonno o prevedono i giorni dell’ovulazione sono oscuri agli utenti, rendendo difficile credere nei dati che il layout grafico restituisce. Questo può avere come effetto un sotto-utilizzo delle tecnologie di auto-monitoraggio, il cui uso richiede un importante investimento temporale se le si vuole utilizzare così come prescritto dallo script. Le donne intervistate, però, sottolineano come spesso sia inutile inserire alcune informazioni (soprattutto se legate al proprio ciclo mestruale) sia perché già sanno come funziona il loro corpo e non hanno bisogno della conferma datificata, sia perché le tecnologie dovrebbero velocizzare alcune pratiche e non renderle più complesse.
Accade quindi che, sebbene le tecnologie di auto-monitoraggio siano progettate per agire in sinergia con il corpo al fine di produrre dati affidabili (Algera 2022; Grenfell et al. 2020; Viseu e Suchman 2010), gli estratti analizzati rivelano la reciproca traduzione tra ciò che l’app suggerisce di monitorare e ciò che la donna effettivamente traccia.
[…] 
La datasorveglianza è un rischio concreto e noi in quanto utenti possiamo imparare a controllarla. Conoscere i meccanismi che regolano la pubblicità personalizzata ci aiuta a mettere in atto pratiche di resistenza e di riconfigurazione. Dal loro canto, le istituzioni democratiche devono riuscire a intervenire per impedire che i dati sensibili raccolti dagli smartphone cadano nelle mani delle grandi aziende che li usano per costruire e orientare modelli di consumo e consumatori.

@ Mimesis edizioni 2024