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L'università che vorremmo. Proposte e riflessioni di studenti ed ex studenti

a cura di Nicola Lugaresi

14 settembre 2021
Versione stampabile

Questo libro raccoglie quarantacinque contributi di studenti ed ex studenti della facoltà di giurisprudenza dell’università di Trento, cui è stato dato un unico "faro", quello del titolo: L’università che vorremmo. In modo personale ognuno di loro ha affrontato un tema che aveva a cuore. I contenuti sono poi stati organizzati in sei sezioni: Università e valori; Comunità; Università e crescita; Studenti; Università e transizioni; Relazioni.
Leggerlo può dare uno spaccato dell’università esistente e dell’università che potrebbe esistere, visto dagli occhi di chi la vive o l’ha vissuta, mostrando sia conferme che aspettative tradite ed individuando i problemi più "sentiti". Leggerlo, d’altra parte, può anche mostrare come l’università debba recuperare spontaneità e curiosità, consultando in modo libero le persone che la frequentano. Ci sono cosa da dire, ci sono persone che sono disponibili a dirle, e lo sanno fare.
Il libro è rivolto a studenti, docenti, membri degli organi decisori, ai diversi livelli, e a chi abbia interesse per le tematiche universitarie e per le opinioni di studenti ed ex studenti. Ma è rivolto anche a quegli studenti delle scuole superiori che sono curiosi di sapere di più sull’università e sulle sue dinamiche, viste da prospettive personali fondate sull’esperienza.

Nicola Lugaresi è professore presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Trento.

Dalle pagine 23-240

Il fatto che i corsi di studio più umanistici stiano scomparendo a poco a poco dall’offerta formativa, o vengano visti e validati come “meno rilevanti” in un mondo in cui è privilegiato prima di tutto un approccio scientifico-tecnologico, non ci sta forse rendendo più carenti dal punto di vista espressamente umano? Non siamo sempre più tesi, almeno nella scelta universitaria, a ricercare il percorso di studi più utile per il nostro futuro? Utile inteso come economicamente sostenibile, professionalmente caratterizzante, spendibile (parola che detesto), prestigioso a livello sociale? Eppure, dopo l’anno appena trascorso, quello della pandemia globale, dei comunicati serali allarmanti, delle discussioni infinite su come indossare la mascherina, degli esperti virologi, immunologi, dottori, luminari, non sarà forse che quello che non siamo più abituati a fare sia anche l’essere più solidali ed attenti al prossimo, in uno slancio collettivo che dovrebbe superare i confini nazionali di ciascun Paese? Se l’università è «un’istituzione per produrre e trasmettere sapere» (come afferma l’Enciclopedia Treccani alla voce omonima) non sarebbe forse più interessante, completo ed edificante ricevere un’istruzione superiore il più possibile onnicomprensiva che ci permetta in primo luogo di essere dei cittadini a livello globale più preparati ed aperti?
[…]

Qualche settimana più tardi durante una noiosa lezione mi sono imbattuta in un’altra realtà associativa, improntata più sull’internazionale e sul volontariato. Quest’esperienza è stato il mio trampolino di lancio, l’occasione giusta per non fermarmi alla realtà locale, mi ha dato la possibilità di dare il mio contributo per creare un impatto positivo anche su altre realtà, molto più distanti dalla mia. Ho vissuto quest’esperienza pienamente ed ho fatto miei i valori che mi sono stati trasmessi: ho capito che devo sempre dare il meglio, qualsiasi cosa io faccia, in primis per me stessa e poi per gli altri, mi ha insegnato il significato della parola resilienza e che dai problemi non si scappa, si risolvono e ci si rialza sempre. Mi sono posta nuove sfide, insieme alla mia squadra, non ci siamo mai fermati perché quello che volevamo raggiungere era l’eccellenza. Ho capito che molte avventure è più bello viverle insieme ad altri, altrimenti il gioco non vale la candela. É stato un percorso di crescita personale e culturale, per la prima volta ho visto da vicino con i miei occhi il potenziale di noi giovani, quanto possiamo e riusciamo a fare.
[…]

Il vizio sta però all’origine: l’università non deve essere il trampolino di lancio per il mondo del lavoro; chi cerca questo, semplicemente non dovrebbe iscriversi all’università. Con questo non nego che possano esistere dei percorsi post-liceali di formazione per il mondo lavorativo, ma di questa esigenza non deve farsi carico il mondo accademico. Esiste una siderale differenza tra il lavoro di chi sta allo sportello di una banca e chi il sistema bancario deve dirigerlo e pensarlo, e semplicemente non è concepibile che il loro percorso di studi sia il medesimo. Le nostre università sono degli ibridi che tentano di rispondere a due esigenze diverse ed inconciliabili: lo studio-ricerca da un lato e l’inserimento lavorativo dall’altro; fino a quando non si scinderanno questi due aspetti, creando due percorsi distinti, esse resteranno soggetti privi di identità e quindi di senso. Questo non significa che chi frequenta l’università non debba essere orientato ad una qualche professione, pensarlo sarebbe ridicolo e fuori dal tempo, ma questa funzionalizzazione non può né deve avvenire a livello universitario: nella fase in cui una persona ha poco più di vent’anni e tutta la vita per specializzarsi ed acquisire capacità tecniche le quali, se acquisite da sole ed in giovane età, ottundono solo la mente di chi si dovrà dedicare ad attività non manuali, per le quali ultime vale invece la regola opposta.
[…]

Per quanto il percorso universitario sia un percorso ad ostacoli, mentre sei bendata, nella selva oscura, scalza tra i rovi, alla fine, quando ti guarderai indietro, ti renderai conto di aver acquisito un bagaglio di conoscenze a 360° che ti porterai dietro per la vita. Oltre alle esperienze meramente accademiche, ci saranno moltissime amicizie, alcune destinate a durare, altre che andranno scemando, errori che ti hanno insegnato una lezione ed errori che continuerai a commettere. L’ansia che ti ha accompagnata fin dall’inizio sarà sempre presente, ma cambierà aspetto a seconda delle decisioni future che prenderai. A volte ti potrà sembrare insormontabile, a volte ti toglierà il respiro, ma in ogni caso non mollare. Provaci, buttati, vivi appieno ogni momento perché alla fine ti renderai conto che ne è valsa la pena e che tutto questo ti ha permesso di diventare la persona che sei.
[…]

Un poeta a me caro, Kostantinos Kavafis, nella sua famosa opera Itaca racconta di come il viaggio sia importante almeno quanto la meta. Per gli universitari del futuro, auspico che la transizione dall’inizio del loro percorso accademico al raggiungimento della loro Itaca diventi un percorso di arricchimento culturale, umano e caratteriale. Auspico un viaggio che permetta di acquisire, oltre alle conoscenze, quegli strumenti da trasporre nella vita di tutti i giorni e che ci sia il reale e concreto aiuto nel fare ciò da parte delle istituzioni accademiche. Questo deve permettere che le energie siano spese nel modo giusto, dove realmente occorre. Buona transizione, questo è il mio augurio.
[…]

C’è però qualcos’altro di cui vorrei sentire la mancanza.
Mi manca quel rapporto libero, sincero, fruttuoso con i miei docenti.
Vorrei, perché ad essere onesti un vero legame non si è mai realmente instaurato.
Avrei voluto avere la possibilità di conoscere (profondamente) i miei docenti, avrei voluto che mi dedicassero del tempo a fine lezione, avrei voluto scambi di e-mail non solo legati a chiarimenti sul programma d’esame ma soprattutto avrei voluto sentirmi libera di esprimere il mio interesse per la materia senza che questo venisse visto come un modo per guadagnarsi la simpatia del professore e tantomeno senza che venisse percepito come una perdita di tempo per il professore.
Poche, anzi pochissime, sono state le occasioni in cui ho avuto un vero dialogo con alcuni dei miei docenti, in cui ho ricevuto input, in cui sono stata stimolata, in cui sono stata vista non come studente “n.” ma con il mio nome e per le mie qualità.
In una parola mi è mancata una guida.

Per gentile concessione della casa editrice Ledizioni.
La casa editrice Ledizioni ha pubblicato recentemente un altro libro di Nicola Lugaresi, L'Università tra numeri e scelte.