Bandiere di diverse nazioni. © Adobe Stock

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L'Italia e la Carta di Parigi della CSCE per una nuova Europa. Storia di un negoziato (luglio-novembre 1990)

di Antonio Armellini; introduzione di Giuseppe Nesi

22 luglio 2022
Versione stampabile

La prima parte di questo volume riguarda il negoziato che ha condotto alla Carta di Parigi per una nuova Europa e descrive con rigore, dovizia di particolari e spirito critico quanto avvenuto tra luglio e novembre 1990. La seconda parte contiene contributi sul contenuto della Carta scritti da alcuni dei diplomatici e accademici coinvolti nel negoziato e si conclude con una selezione di documenti inediti che aiutano il lettore a comprendere meglio quanto avvenuto.

Con la Carta di Parigi, la CSCE aveva inteso rivisitare lo schema concettuale e pattizio dell’Atto Finale di Helsinki – che aveva rappresentato la pietra angolare della stabilità europea e prefigurato la via dei cambiamenti possibili – riaffermandone la validità nella nuova realtà che la crisi dell’URSS e la fine annunciata della guerra fredda andavano delineando. Quello che prima si era fatto in tre anni, lo si fece in sei mesi: la contrapposizione tradizionale fra i blocchi lasciò il campo all’iniziativa occidentale, con un ruolo propositivo efficace dell’ancora giovane cooperazione politica europea. La transizione verso una democrazia condivisa, che la Carta di Parigi aveva immaginato nell’arco di anni, venne meno dopo pochi mesi complice la crisi jugoslava e il disfacimento del campo socialista, ma il quadro che essa aveva delineato, e via via aggiornato, rimane valido. La “nuova guerra fredda” che oggi si profila è diversa; in quella si applicavano parametri riconosciuti del vantaggio reciproco e dei suoi limiti, mentre oggi sicurezza, sovranità e democrazia appaiono come termini antitetici e conflittuali. È per tale ragione che una piattaforma capace di richiamare, adattandolo, il concetto di sicurezza cooperativa della Carta di Parigi può tornare prepotentemente di attualità.

Antonio Armellini è un ambasciatore italiano, ora in pensione
Giuseppe Nesi è professore presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Trento

Dall'introduzione (pagg. 2-5)

Alla fine degli anni ’80, con la caduta del muro di Berlino, il graduale disfacimento del Patto di Varsavia e l’emersione delle crepe all’interno dell’Unione Sovietica, gli Stati occidentali partecipanti alla CSCE, con il sostegno degli Stati neutrali e non allineati, danno una profonda accelerazione al processo promuovendo la convocazione di una serie di riunioni su aspetti cruciali della CSCE e non trovando serie opposizioni da parte del blocco orientale [...]

La Carta di Parigi per una nuova Europa, alla cui gestazione il volume è dedicato, costituisce l’acme di questo processo che si proietterà sui futuri sviluppi della CSCE. Dal luglio al novembre del 1990, un lasso di tempo molto breve come viene più volte sottolineato nel testo dell’Ambasciatore Armellini, si sviluppa un negoziato serrato e partecipato non su uno o sull’altro aspetto dei temi trattati dalla CSCE, ma sull’intero processo, raggiungendo una serie d’innovazioni che preludono ai futuri sviluppi, culminati nella riunione sui séguiti di Helsinki del 1992 con l’istituzionalizzazione della Conferenza e con il cambio della denominazione in Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE) (Budapest 1994). 

Il volume non si limita ad una semplice cronaca di un negoziato diplomatico, seppure preziosa in quanto opera di uno dei protagonisti dell’esercizio. L’autore, capo della delegazione italiana e presidente di turno dell’allora Comunità europea ancora a dodici, sulla base di un proprio diario preciso ed essenziale, arricchisce con considerazioni di notevole portata da un punto di vista diplomatico, politico e giuridico un quadro negoziale assai complesso.

L’obiettivo principale del negoziato era di pervenire a un documento consensuale che da un lato prendesse atto dei profondi mutamenti politici, sociali, militari ed economici che erano ancora pienamente in corso nell’ambito geografico della CSCE; dall’altro, ponesse le basi per gli ulteriori sviluppi nei rapporti tra gli Stati partecipanti in uno spirito di coesistenza e cooperazione ed evitando d’indicare, per così dire, vinti e vincitori anche se all’epoca non sembravano esserci dubbi in proposito. 

Le pagine dell’Ambasciatore Armellini sono ricchissime di osservazioni che mostrano come molto spesso agli aspetti tecnici del negoziato non sono disgiunti da considerazioni riguardanti i rapporti personali e questi ultimi influenzano lo svolgimento dei negoziati. E così, può colpire ma è del tutto comprensibile la rigidità dei rappresentanti della Germania unificata nel far sì che l’intero consesso neghi persino un saluto di cortesia ai diplomatici della Germania democratica che dopo avere lavorato a fianco delle altre delegazioni da un giorno all’altro abbandonano il foro negoziale per l’incorporazione che ha luogo all’inizio di ottobre del 1990, proprio durante le trattative per la Carta di Parigi; oppure vengono resi con grande efficacia i rapporti tra eminenti personalità politiche e alti diplomatici che nel costruire le posizioni negoziali dei vari Stati vanno al di là delle relazioni burocratiche per concretizzarsi in momenti di fiducia reciproca, nell’interesse del Paese che si rappresenta e badando a salvaguardare anche gli elementi essenziali del processo di Helsinki. Inoltre, trova puntuale conferma un dato storico come quello secondo cui tra gli Stati satelliti dell’Unione Sovietica si registrano velocità diverse nel prendere atto e promuovere i cambiamenti, con Paesi come l’Ungheria che, grazie anche a un corpo diplomatico molto dinamico, agiscono quasi da volano dei mutamenti rispetto agli altri Stati. Molti dei protagonisti del negoziato, diplomatici e politici, vengono inoltre descritti in maniera schietta, tratteggiando abilmente ascese e/o cadute successivamente ai negoziati.

Dal volume emergono inoltre interessanti considerazioni su quanto sia stata incisiva nel negoziato la Comunità Europea presieduta dall’Italia del secondo semestre del 1990. In un’Europa ancora a dodici una presidenza di turno efficiente e dinamica valorizzava lo Stato presidente pro-tempore ma soprattutto poteva far sentire il peso della Comunità nei rapporti con gli altri Stati partecipanti, ad est e ad ovest. Dalla lettura dei vari momenti del negoziato sembrava prendere davvero forma all’epoca una politica estera e di sicurezza (o difesa) comune difficilmente immaginabile in quei giorni. A trent’anni di distanza occorre riconoscere che gli allargamenti della membership e le (mancate) riforme istituzionali in ambito europeo che avrebbero teoricamente dovuto favorire il consolidamento di quelle tendenze le hanno invece ostacolate rendendo sempre più macchinoso il processo d’integrazione.

Quest’ultima considerazione ci offre lo spunto per un’osservazione di carattere più generale: trenta anni sono un lasso di tempo ampio, ma non amplissimo, per esprimere valutazioni di tipo storico su quanto avvenuto all’epoca. Ripercorrere, utilizzando il materiale conservato e valorizzato in questo volume, i principali eventi verificatisi allora nel continente europeo porta, tuttavia, a riflettere anche sull’incidenza del processo di Helsinki – avviato, come si è detto, esattamente cinquanta anni fa - nelle trasformazioni alle quali si è assistito successivamente e costituisce un’utile chiave d’interpretazione di quanto avvenuto dall’adozione della Carta di Parigi per una nuova Europa a oggi nell’area OSCE, inclusi i conflitti insorti in alcune aree e spesso ancora pericolosamente vivi, e la cooperazione internazionale sviluppatasi in altre.

In estrema sintesi, si ha l’impressione che il negoziato avrebbe dovuto indurre gli Stati partecipanti ad attribuire rilevanza cruciale ai principi contenuti già nell’Atto finale di Helsinki e nel Decalogo e nella loro indivisibilità [...]

Dove questo è avvenuto si è assistito a un’evoluzione in senso democratico di numerosi Stati prima guidati da regimi autoritari. Altrove, invece, gli Stati partecipanti hanno perduto una grande occasione di trasformazione. Quando tali principi sono stati ignorati o si è ritenuto che uno dovesse prevalere sull’altro (ad esempio, quello del non intervento negli affari interni sulla tutela dei diritti umani o… viceversa, spesso strumentalmente), si è infatti assistito a conflitti all’interno di singoli Paesi, come nella Repubblica federativa socialista di Iugoslavia, ma anche all’interno di alcuni Stati nati dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica e tra loro come l’attualità ci dimostra, o al perpetuarsi di situazioni di latente o palese conflitto [...] 

Il volume di Armellini è una sorta di “Baedeker” di un negoziato multilaterale e potrebbe costituire un’utile guida per un corso universitario su questi temi.

Libro pubblicato in Open Access con licenza CC-BY-NC-ND 3.0 e scaricabile gratuitamente dall'archivio IRIS-Anagrafe della Ricerca