Laura Beghini. Fotogramma tratto dal video dello spettacolo. © Teatro della Meraviglia

Vita universitaria

Io e Henry Cavendish

"L’universo in una stanza” di Laura Beghini, compagnia Progetto Apollo

27 marzo 2019
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Laura Beghini
Studentessa del corso di laurea in Fisica dell’Università di Trento, fa parte della compagnia Progetto Apollo.

Che succede se lasciate un genio, probabilmente autistico, in una stanza con quattro palle di metallo, un cavo e una barra?
La storia che voglio raccontare ha inizio a Nizza nel 1731 quando nasce Henry Cavendish.
Cosa succede se tua madre è la quarta figlia del primo duca di Kent e tuo padre è il terzo figlio del secondo duca di Devonshire? Che hai tanti soldi. Ora voi direte: “Ma perché dovrebbe interessarmi la storia di questo Cavendish che non ho mai sentito nominare?” Dovete sapere che c’è un motivo se non è molto famoso, e dovete anche sapere che era una persona molto speciale. Perché speciale? Che significa?

Prima di capire cosa significhi essere speciale, mi sono chiesta cosa significhi essere normale. Mi sono chiesta: “Io sono una persona normale? Beh... Io studio fisica.” Mi sono chiesta: “Che farei io in condizioni economiche simili a quelle di Henry? Cosa farebbe una persona normale?” Credo che concorderete con me riguardo al fatto che, in queste condizioni, una persona farebbe ciò che più la rende felice. C’è chi vorrebbe viaggiare, chi comprarsi una Ferrari, chi vorrebbe fare volontariato, chi vorrebbe dedicarsi completamente alla famiglia. Ecco questo non è esattamente ciò che ha fatto Henry. Lui ha dedicato la sua vita alla scienza.
Viveva a Londra, si è fatto costruire un laboratorio nella sua villa e ha trascorso tutta la vita lì a studiare. Ora, io capisco che ti piaccia leggere, essere acculturato e informarti, ma trascorrere tutta la vita senza fare altro? Con tutti i suoi soldi avrebbe potuto stare comodamente sdraiato su una spiaggia a Barbados a sorseggiare cocktail e, invece, ha scelto di stare a Londra a studiare. Non è normale, no?

La cosa che più mi ha stupita della storia di Henry è il fatto che se avesse studiato per lasciare scritto il suo nome su qualche libro, per diventare famoso ed essere acclamato, sarebbe stato quasi comprensibile il suo comportamento. Lui però non studiava per questo. Non voleva pubblicare e ha pubblicato solo pochissime delle sue ricerche. Ecco perché non è famoso. La maggior parte dei suoi lavori sono stati trovati analizzando i suoi appunti molti anni dopo la sua morte, quando qualcun altro aveva già studiato e pubblicato gli stessi argomenti. La maggior parte del suo lavoro è stato pressoché inutile. Quindi doveva essere pazzo? Si. Cioè no, non esattamente.

Più che pazzo, è probabile che avesse disturbi dello spettro autistico. L’autismo è un disturbo che provoca moltissimi sintomi, tra i quali fissazione per interessi particolari o ristretti in modo anormale nella durata e nell’intensità. Ora ho capito! Henry ha studiato scienze tutta la vita perché l’autismo l’ha portato a fare questo. Altri disturbi causati dall’autismo sono l’isolamento affettivo, l’eccessiva aderenza a routine e la resistenza al cambiamento.

Ecco perché il nostro amico riusciva a parlare solo con una persona per volta, e solo se questa persona era un suo conoscente di sesso maschile. Comunicava con le domestiche presenti nella sua villa esclusivamente attraverso dei foglietti. Si era fatto costruire dei corridoi per passare da una stanza all’altra senza essere visto.

Forse, però, una visione del mondo come quella che aveva Henry, così inusuale e particolare, è proprio quello che serve allo scienziato. Lui, infatti, grazie a questa caratteristica è riuscito a essere molto efficace nelle sue ricerche. Ha perfezionato uno strumento di misura: la bilancia di torsione. Si è chiuso nella sua stanza e ha costruito questa bilancia con quattro palle di metallo, un cavo, una barra e poco altro. Ha successivamente notato che, essendo uno strumento di misura molto preciso, era anche molto sensibile a disturbi. Così come lui era disturbato dal contatto con altri esseri umani, la sua bilancia era disturbata da correnti d’aria e gradienti termici. Dato che lui si chiudeva nella sua stanza per evitare di incontrare altre persone, ha pensato bene di chiudere la sua bilancia in una stanza per isolarla con la possibilità di controllarla dall’esterno e un cannocchiale per fare le osservazioni. Quello che è più impressionante del suo lavoro è come lui sia riuscito a ridurre ogni fonte di disturbo ed errore al minimo. Un traguardo al limite dell’incredibile per l’epoca. Ciò che di lui è più impressionate è come sia riuscito a ridurre al minimo ogni forma di contatto umano.

Grazie a questa bilancia che successivamente verrà chiamata bilancia di Cavendish, Henry è riuscito a misurare la densità della terra dalla quale poi è stato possibile ricavare la costante di gravitazione universale. Henry è riuscito a portare l’universo nella sua stanza, a interrogarlo e ad avere delle risposte quando non riusciva a parlare con una donna.
Tornando alla domanda di prima, io che farei in condizioni economiche simili a quelle di Henry? Forse questa storia mi ha fatto capire che preferisco una bella teoria fisica a una Ferrari e preferisco essere presa per pazza piuttosto che essere normale.

Il testo che viene proposto è stato scritto e interpretato da Laura Beghini in occasione della terza edizione del Teatro della Meraviglia, il festival di teatro e scienza promosso da Università di Trento, Portland/Jet Propulsion Theatre e Opera Universitaria; responsabili scientifici Stefano Oss e Andrea Brunello.
La performance di Laura Beghini ha preceduto lo spettacolo "L'uomo che pesò il mondo" della Nuove Cosmogonie Teatro. Una delle novità dell’edizione di quest’anno del Teatro della Meraviglia è  stata proprio questa: la partecipazione, ad ogni sera di spettacolo, della compagnia Progetto Apollo costituita da diciassette studenti e studentesse del Dipartimento di Fisica che hanno frequentato il corso Emozionare con la scienza, condotto da Andrea Brunello. Un percorso dedicato allo storytelling scientifico che ha coinvolto ragazzi  e ragazze tanto da convincerli a voler proseguire l’esperienza oltre la programmazione del percorso iniziale. Ogni sera di spettacolo e prima delle Augmented Lectures, i componenti della compagnia hanno curato un “Aprispettacolo scientifico”, delle pillole di scienza in forma teatrale che hanno anticipato gli spettacoli arricchendo di contenuti scientifici la proposta giornaliera del festival.