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Geografia letteraria dei paesaggi marginali. La Toscana rurale in Carlo Cassola

di Nicola Gabellieri

26 agosto 2019
Versione stampabile

Al testo letterario è possibile rivolgersi con molteplici approcci, ispirati da altrettanti differenti campi disciplinari. Questo lavoro affronta da una prospettiva geografico-letteraria la produzione narrativa e documentaristica di Carlo Cassola, romano di nascita ma toscano d’elezione, dipanando i fili che uniscono la sua biografia, il contesto geografico-storico-culturale in cui si è mosso e i topoi delle sue numerose pubblicazioni letterarie ed etnografiche. La densa narrativa microanalitica di Cassola consente di riscoprire un mondo di mestieri e usi ormai scomparso, così come di individuare i meccanismi di riproduzione e analisi della realtà intrecciati con la sensibilità e l’ars narrandi dell’autore. Il caso studio offre l’occasione per ridiscutere alcune recenti categorie concettuali e analitiche della geografia e dell’antropologia, come quella di “taskcape” e quella di “produzione della località”. Gli spazi rurali narrati da Cassola si rivelano così come crogioli di pratiche, produzioni e conoscenze, permettendo di gettare nuova luce sul “margine” di una Toscana rurale che proprio la fonte letteraria può supportare in nuovi percorsi di valorizzazione. 

Nicola Gabellieri è assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento.

Dal capitolo 1: I paesaggi letterari di Cassola: episteme e metodo (Pag. 31-38)

Questo lavoro è maturato da varie riflessioni in un campo, quello della geografia letteraria, che, sebbene mostri una consolidata tradizione di ricerca, rimane ancora ampiamente dibattuto e da esplorare, ma che ha anche alcuni precisi intenti teleologici: portare alla luce le descrizioni e le vicende contenute nelle pagine cassoliane può aiutare a riscoprire le pratiche produttive, le prassi e i costumi, gli elementi paesaggistici come gli usi e la copertura del suolo di una ben delimitata area della Toscana; contribuire alla discussione relativa al valore della geografia letteraria per riscoprire paesaggi scomparsi e caratterizzare radici identitarie locali, ridiscutendo queste evidenze alla luce di alcuni concetti sviluppati dalle scienze antropologiche; elaborare materiali e chiavi di lettura che possano supportare intenti applicativi di valorizzazione dei territori narrati dall’autore. Nonostante l’approccio al paesaggio rurale di scrittori e poeti sia connotato da forti aspetti archetipici e simbolici, ciò non rende impossibile la lettura di questi volumi anche con occhi documentali: si pensi agli studi su Cesare Pavese, o su Francesco Biamonti (Quaini 2017).

La scelta di utilizzare Cassola come caso studio trova origine non solo nella mia provenienza da quelle stesse aree da lui descritte, ma anche dalla convinzione della necessità di recuperare le opere di un autore ormai quasi dimenticato, troppo spesso tacciato di eccessivo semplicismo, provincialismo e localismo, attributi usati in accezione negativa (Andreini 2017). Si tratta invece, a mio parere, di uno scrittore complesso, che ha avuto il merito di affrontare molti nodi cruciali del suo tempo come il dibattito sulla Resistenza e il progressivo tramonto del mondo rurale pre boom economico, utilizzando una prosa essenziale che può esaltare il valore informativo del testo sul contesto rurale da lui vissuto e sulla costruzione dell’immagine interna ed esterna della provincia toscana. Cassola si configura come un autore “locale”, nel senso che ambienta gran parte delle sue opere in un territorio ben definito, la Val di Cecina, la Val d’Elsa e il litorale cecinese, crocevia tra le province di Livorno, Pisa e Siena. Tanto è forte la sua identificazione con questo angolo della penisola che viene perfino definito scrittore “toscano”, seppur nato a Roma. Nonostante questo radicamento territoriale, è un autore che ha un respiro più ampio, con un valore letterario anche internazionale; sull’attributo di “locale” per uno scrittore aveva ragionato lo stesso Cassola, a proposito di Thomas Hardy:

«Tra gli stranieri [lettori], il primo posto è tenuto dai giapponesi: in Giappone c’è un vero culto per Hardy. Il che tra parentesi dimostra quanto siano stupidi coloro che misurano l’universalità di uno scrittore con criteri geografici e affibbiano a Hardy lo sprezzante appellativo di scrittore locale, solo perché ha ambientato i suoi romanzi in una ristretta e arretrata zona dell’Inghilterra» (Cassola 1968b, p. 16).

Per approfondire il contenuto del rapporto ermeneutico tra letteratura e paesaggio, la scelta di uno scrittore che opta consapevolmente per una prospettiva “locale” non è un caso. Nel 2001 Michel Chevalier lamentava come l’apertura della geografia alla letteratura si fosse manifestata soprattutto in pubblicazioni generali teoriche, a discapito di studi regionali e tematici fondati sulle ricerche di terreno (Chevalier 2001, p. 233); così come qualche anno prima Fabio Lando auspicava l’analisi dei filoni documentari letterari territoriali «per la migliore descrizione di una realtà territoriale [...] perché le prose narrative e poetiche risultano gli strumenti più adatti a precisare caratteristiche regionali – e sopratutto locali – difficilmente definibili o precisabili con  altri strumenti» (Lando 1993, p. 5).

Parafrasando una riflessione di Diego Moreno e Osvaldo Raggio sulle potenzialità della microanalisi storico-geografica (Moreno e Raggio 1999), proprio la scelta di una scala di osservazione topografica permette di raggiungere un livello di dettaglio e di analisi fine per aprire nuove prospettive di ricerca e comprensione. Ambientare in Toscana i propri racconti permette a Cassola di attingere a tutta la sua conoscenza e alla sua esperienza biografica del territorio in cui ha vissuto alcune delle sue esperienze più significative, ma anche di attribuire nuovo significato a questo stesso territorio selezionando elementi e valori da ritrarre, in un «processo selettivo della realtà che l’atto volontaristico implica si configura quale gradino anticipatore e preparatorio della creatività letteraria, nella gamma dell’immaginazione che culmina in scala con la fantasia della scrittura» (Andreini 2017, p. 193) […].

Scrive Dino Gavinelli:

«il testo letterario assume [...] un ruolo centrale nella ricerca geografica, non solo come fonte di informazioni o come espressione simbolica di esperienze territoriali, bensì anche come documento geografico a sé stante, oggetto centrale di ricerche volte a riflettere sul valore soggettivo della reazione tra individui e luoghi. I due settori scientifico-disciplinari, quello della Letteratura e della Geografia, trovano un terreno comune di azione nell’attenzione verso la realtà introspettiva, il tangibile spaziale, il vissuto emotivo e affettivo dell’uomo e quindi la sua soggettivà espressa da valori culturali, psicologici e persino analogici» (Gavinelli c.d.s).

E' con questo spirito che si introduce quindi il lettore a quello che, mi auguro, si rivelerà un piacevole viaggio sia nella complessità del letterato, sia nel suo paesaggio e nel suo territorio.

Per gentile concessione della Casa editrice All'Insegna del Giglio.