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reWork, stare bene quando si lavora da casa

Un progetto del Dipsco sul lavoro da remoto e i suoi effetti sul benessere

19 dicembre 2022
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di Paolo Fisichella
Studente collaboratore Ufficio stampa e relazioni esterne

Lavoriamo sempre di più e sempre più da remoto. Tra il 2020 e il 2021 in Italia il numero di chi lavora a distanza ha raggiunto la cifra record di 7 milioni. Questo ha risvolti positivi, come una maggiore flessibilità, ma anche potenziali rischi come un maggiore isolamento o una sempre maggiore mancanza di socialità. Il progetto “reWork: Il lavoro da remoto e i suoi effetti sul benessere”, condotto dal gruppo di ricerca di Psicologia del Lavoro e delle Organizzazioni del Dipartimento di Psicologia e Scienze Cognitive dell’Università di Trento, mira ad indagare l’impatto del lavoro da remoto sulla salute mentale e fisiologica dei lavoratori. La responsabilità scientifica è di Lorenzo Avanzi e Michela Vignoli. La referente è Arianna Costantini, assegnista di ricerca.

Con la pandemia il significato del lavoro è cambiato radicalmente. Ognuno di noi si è trovato di fronte un nuovo spazio fisico e sociale, spesso senza avere gli strumenti necessari per gestirlo al meglio. «Ora, a due anni dalla fase emergenziale - ci ricorda Arianna Costantini – è importante capire come sia possibile gestire il lavoro in termini di produttività, ma soprattutto in termini di benessere e salute mentale e fisiologica».

Nel progetto “reWork”, la cui sperimentazione è iniziata a maggio, si indagano le caratteristiche psicofisiologiche e i comportamenti dei lavoratori durante lo svolgimento del lavoro da remoto. Più nello specifico, viene chiesto a un campione selezionato di lavoratori di compilare tre questionari nell’arco della giornata e di sottoporsi alla misurazione della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa per dieci giorni consecutivi.

Attraverso il lavoro sui dati è possibile ottenere di volta in volta un report individuale personalizzato per ciascun lavoratore, riferito alle proprie risorse psicofisiologiche e motivazionali. Inoltre, dai dati è possibile estrapolare un quadro psicologico e sociale dei lavoratori e della loro gestione del lavoro da remoto. «In questo primo anno di lavoro – racconta ancora Costantini – abbiamo, ad esempio, notato la presenza di una personalizzazione del lavoro da remoto, quello che noi chiamiamo job crafting».  Questo si manifesta con comportamenti differenti da persona a persona, come la ricerca sistematica di maggiori responsabilità o di feedback più frequenti o puntuali da parte del datore di lavoro».

La ricerca mira quindi a comprendere quali risorse strutturali e psicosociali possono essere messe in atto per continuare, anche a fronte del mutamento del mondo del lavoro, a garantire il benessere nel lavoratore. La prospettiva rispetto alle organizzazioni è complementare ad entrambe le parti. La salute psicofisica del lavoratore è infatti anche la garanzia di un’esperienza positiva del lavoro e quindi di una maggiore produttività.

Per l’anno prossimo, il progetto proseguirà con una sperimentazione di lavoro ibrido insieme al Comune di Rovereto. Questa nuova esperienza darà la possibilità di riflettere sull’implementazione di strumenti e pratiche nel lavoro a distanza, contribuendo a fornire nuovi dati alla ricerca.

Sempre rispetto a questo tema si svolgerà il 14 gennaio per il ciclo Mente e Benessere, l’incontro "Benessere e lavoro: una questione di equilibrio". Il convegno, organizzato dal Dipartimento di Psicologia e Scienze cognitive, indagherà come il lavoro influenzi la nostra quotidianità in termini di benefici, ma anche di rischi come lo stress o il fenomeno del burnout. Dalle ore 14 alle ore 17 è prevista la tavola di lavoro partecipativa, per cui è richiesta l’iscrizione. Dalle ore 17 la discussione si aprirà a tutte le persone interessate.  

Il progetto reWork si inserisce all’interno della rinnovata convenzione quinquennale sottoscritta il 13 dicembre tra Università di Trento e Comune di Rovereto. Di anno in anno è previsto il finanziamento di progetti di ricerca oltre che la realizzazione e la programmazione di iniziative e attività a contenuto scientifico.  Un'attenzione particolare verrà rivolta anche all’orientamento scolastico e universitario e alla formazione degli insegnanti. Inoltre, s’intende valorizzare la storia di Rovereto e dei suoi personaggi illustri, gli aspetti economici, industriali e sociali e quelli urbanistici, architettonici e turistici, coinvolgendo altre istituzioni culturali, come i musei presenti nella città. Nel triennio appena concluso si sono impegnati nel complesso più di 600mila euro soprattutto a supporto di assegni e collaborazioni di ricerca e per attività di divulgazione rivolte alla cittadinanza.