Lo scavo archeologico del progetto Alpes in Val di Sole ©UniTrento ph. Paolo Chistè

Ricerca

Alpes e le scoscese risalite a 4 mila anni fa

Escursione d’estate con il gruppo di ricerca che ha scoperto uno dei primi siti archeologici dell’età del bronzo in quota

7 settembre 2023
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di Elisabetta Brunelli
Ufficio Stampa e Relazioni esterne

Equipaggiamento da montagna. Vanga, cazzuola e setaccio sulle spalle. Una trivella manuale sempre a disposizione accanto alle tecnologie più avanzate. Il gruppo di ricerca del progetto Alpes dal 2010 affronta così, anno dopo anno, la salita che lo porta in quota a indagare le origini preistoriche della pastorizia di montagna in Europa. La presenza di studiosi e studiose dell’Università di Trento e di varie istituzioni internazionali non passa inosservata in un lembo della Val di Sole, dove radicamento nelle tradizioni e senso di appartenenza si fondono con una sorridente ospitalità. Un’escursione durante l’estate ha offerto anche al pubblico (e a UniTrento Mag) l’occasione per visitare i siti archeologici in Val Molinac e Val Poré e per toccare con mano cosa c'è dietro a ogni reperto ritrovato.

La giornata inizia con il bel tempo, la pioggia arriverà solo dopo il rientro. Superato l’abitato di Ortisé (Mezzana), s'incomincia a camminare dal tornante sotto malga Stabli. Sono da poco passate le 10. L’itinerario si snoda per una decina di chilometri con un dislivello di circa 500 metri. Il sentiero nel bosco porta con passo veloce a malga Bronzolo. Poi lo strappo più erto, terminato il quale è un continuo sali e scendi tra i pascoli. Ampi e verdissimi. L’escursione è effettuata in collaborazione con il programma Rifugi di cultura del Gta (Gruppo Terre Alte) del Cai (Club alpino italiano), il Comune di Mezzana e il Centro studi per la Val di Sole. A guidare il pubblico, oltre a ricercatori e ricercatrici, ci sono gli accompagnatori di media montagna Giacomo Bertolini e Ilary Bontempelli, di Experience Val di Sole. Alle 12.45 l’arrivo al sito preistorico MZ051S, che risale al II millennio a.C., tra i più antichi siti in quota delle Alpi.

Studiosi e studiose descrivono la loro vita in valle. Il campo base di Alpes è al bar Pedergnana di Ortisé. Di qui il gruppo parte ogni giorno attrezzato con gli strumenti del mestiere e torna a fine giornata. Raccontano del buon rapporto instaurato con la popolazione locale. Che, dopo una diffidenza iniziale, ha iniziato a dare credito alle ipotesi di poter trovare in valle dei siti così antichi e che ora dimostra un costante interesse per la ricerca. «A Ortisè, una sessantina di abitanti, ogni sera tutto il paese ci aspetta per sapere se abbiamo scoperto qualcosa di nuovo» riferiscono.

Dai loro interventi si coglie quanta passione, tenacia e pazienza siano necessarie per fare ricerca archeologica in quota. Occorre preparazione fisica e resistenza agli ambienti estremi. La capacità di non scoraggiarsi davanti a ritrovamenti che possono sembrare minimi. Come campioni di carbone, frammenti della lavorazione della selce, cocci di ceramica rimasti nei loro setacci dopo giornate e giornate di cernita certosina. Frammenti piccoli, ma che anche grazie alle tecniche più innovative di analisi possono diventare tasselli preziosi per fare maggiore luce sui quesiti ancora irrisolti dell’archeologia degli ambienti montani, della comparsa delle società pastorali, della pratica dell’alpeggio e, più in generale, sulle interazioni tra fattori naturali e antropici.

Una questione che viene affrontata più volte durante il cammino-lezione tra i pascoli. Perché la ricerca archeologica dà un contributo unico per comprendere l’impatto umano in alta montagna: quanto e come in 4 mila anni la presenza dell’uomo abbia modificato il panorama. Un esempio su tutti è offerto dal sistema di canalette che rende i pascoli e i prati da sfalcio della zona più verdeggianti e rigogliosi di altri. Un'opera complessa di gestione dell’acqua che dimostra quanto la popolazione abbia plasmato l'ambiente fin dalla preistoria.

C'è solo il tempo per una breve sosta al "bait" (struttura che accoglieva le persone) con "mandria" (recinto per gli animali) in pietra a secco di epoca medioevale. Il sito archeologico, identificato con la sigla MZ005S, al gruppo di Alpes negli anni scorsi aveva regalato la soddisfazione di molti reperti importanti, a cominciare dal ritrovamento di quella perlina di Murano a cui sono state dedicate tante pubblicazioni scientifiche.

La campagna di ricerca 2023 del progetto Alpes è terminata. Le mucche tornano padrone incontrastate dei pascoli sopra Ortisé. Per evitare che l’area sia danneggiata dagli animali in alpeggio e dalle intemperie, il gruppo “richiude” con cura lo scavo. Per proteggere il muro eretto dai pastori dell’età del bronzo, ripongono sull’area lo strato d’erba e la terra che avevano asportate a inizio campagna. Per riprendere il lavoro l’anno prossimo lì da dove lo hanno lasciato. Con la speranza di ulteriori ritrovamenti.

Il diario di questa e altre attività sulla pagina Facebook del Laboratorio Bagolini Archeologia, Archeometria, Fotografia (LaBAAF), afferente al Centro di Alti Studi Umanistici (CeASUm) del Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento.

Sull'esperienza dell'estate 2023 è disponibile anche un video.