Niklas Elmehed © Nobel Prize Outreach

Ricerca

La velocità nella luce

Il fisico Matteo Calandra spiega l’importanza degli studi sugli attosecondi che hanno portato al premio Nobel per la Fisica

6 ottobre 2023
Versione stampabile
Paola Siano
Ufficio Stampa e Relazioni esterne

Osservare l’infinitamente piccolo e capire cosa succede in un lasso di tempo impensabile per quanto veloce. Tutto accade in una frazione di tempo chiamata attosecondo, termine sconosciuto ai non addetti al settore, ma che adesso suonerà un po’ più familiare. Almeno da quando è stato annunciato che il premio Nobel per la Fisica quest’anno viene vinto da Pierre Agostini, Ferenc Krausz e Anne L’Huillier. I tre scienziati hanno visto per la prima volta il movimento degli elettroni nella materia. Ci sono riusciti con metodi sperimentali che generano impulsi di luce misurabili in attosecondi, appunto, per visualizzare quello che accade all’interno di atomi e molecole. È come se avessero usato una sorta di microscopio che funziona con la luce e osserva il tempo invece che lo spazio, una macchina fotografica con tempi di scatto velocissimi.

Anne L'Huillier, professoressa all'Università di Lund, Pierre Agostini, docente all'Ohio State University e Ferenc Krausz, direttore al Max Planck Institute of Quantum Optics, sono entrati in un mondo minuscolo, dove tutto si muove in modo indeterminato e rapidissimo. Matteo Calandra Buonaura, professore di Fisica della materia al Dipartimento di Fisica dell’Università di Trento spiega come si è arrivati a questo risultato.        
«La storia di questo premio inizia molti anni fa», esordisce il docente. «Per vedere delle particelle che si muovono molto rapidamente, come gli elettroni, abbiamo bisogno di illuminarle con una luce che abbia impulsi molto veloci. I primi tentativi in questo senso sono stati fatti alla fine degli anni Ottanta. Si arriva poi al 1999 quando Ahmed Hassan Zewail vince il premio Nobel per la chimica per i suoi studi sui laser ultrarapidi a femtosecondi. Lo sviluppo di questi laser ha aperto un nuovo campo di ricerca, quello della femtochimica che ha permesso di seguire le reazioni chimiche in tempo reale, come la fotosintesi clorofilliana o la fotodissociazione delle molecole».  Adesso, ci si è spinti oltre questa soglia. Bisogna considerare, anche se è difficile da immaginare, che un femtosecondo è pari a un milionesimo di miliardesimo di secondo. Un attosecondo invece è uguale a dieci alla meno 18 secondi, ovvero 0,000000000000000001 secondi. Bisogna dividere un secondo per un miliardo di miliardi di volte per ottenere un attosecondo. 
«Ci sono più attosecondi in un secondo che secondi dall’inizio della Terra – cerca di semplificare Calandra - se prendiamo il tempo da cui è nata la Terra e lo trasformiamo in secondi, questo è un po’ meno del numero di attosecondi che abbiamo in un secondo». Una spiegazione che dimostra come, per un elettrone, un secondo è infinitamente più lungo della vita per un essere umano.
Ma perché è stato così importante avere un laser a femtosecondi? «Perché in questo modo si possono seguire le reazioni chimiche in tempo reale. Ad esempio se vogliamo capire cosa accade alla fotosintesi clorofilliana nella quale l'energia solare viene convertita in energia chimica, abbiamo bisogno di illuminarle con delle luci che hanno questo tipo di lunghezza dei femtosecondi. Capire cosa succede alle reazioni chimiche è un argomento fondamentale in tutti i campi della fisica e della chimica. Fino a questo momento ci si era fermati al limite di qualche femtosecondo, l’impulso minimo raggiungibile». Agostini, Klausz e L'Huillier hanno quindi sfondato questa barriera temporale. «Quando si arriva a delle velocità così alte si possono vedere degli altri fenomeni. Ad esempio – prosegue il fisico - se illuminiamo una superficie di metallo con una luce avviene un effetto fotoelettrico per cui alcuni elettroni vengono estratti da questa superficie. Albert Einstein prese il premio Nobel per la spiegazione dell’effetto fotoelettrico. Quello che succede è che se lo illuminiamo con un laser normale l’elettrone viene fuori ma non sappiamo cosa succede a tutti gli altri elettroni che cominciano a muoversi. Non riusciamo a capirlo perché sono troppo veloci. Con questi nuovi laser invece si può. Finalmente possiamo capire tutti i meccanismi che regolano i movimenti degli elettroni fra di loro, e quindi come la materia cambia in maniera rapida prima che gli atomi possano muoversi. Questa è la grande importanza di questa scoperta. E la cosa che non è stata per niente ovvia è capire come fare questi laser che hanno questi impulsi così rapidi». Studi che hanno consentito di emettere lampi di luce così brevi da riuscire a immortalare, come in un fermo immagine, il moto degli elettroni all’interno degli atomi e delle molecole, consentendo così di studiarne le caratteristiche con un livello di dettaglio e una risoluzione senza precedenti. Ma che applicazioni può trovare uno studio di questo tipo? Che impatto può avere sulla vita delle persone?
«Penso che per il momento le applicazioni della spettroscopia attosecondo (che indaga appunto la struttura della materia basandosi sull' analisi della scomposizione della luce da questa emessa, ndr) siano ancora limitate. Però consideriamo che negli anni Ottanta quella dei femtosecondi sembrava non averne, oggi invece ha tantissime applicazioni». Basti pensare alla risonanza magnetica in ambito sanitario o, ancora, in tema di sicurezza alimentare, ai metodi spettroscopici impiegati per l’osservazione dei cambiamenti di maturazione di frutta e verdura dopo la loro raccolta. I risultati di questi studi avranno delle ricadute sulle attività dell’Università? «Penso di sì», risponde il professore. «Il Dipartimento di Fisica dell’Università di Trento ha diverse linee di ricerca, sia teorica che sperimentale, che si occupano di questo tipo di spettroscopia ultrarapida. Già nei corsi di magistrale gli studenti e le studentesse cominciano a studiare degli aspetti legati a questo tipo di spettroscopia a femtosecondi o ad attosecondi. Essendo poi argomenti molto avanzati, questi vengono sviluppati principalmente durante il dottorato e in tesi di laurea. Ad esempio il mio gruppo che si occupa di spettroscopia ultrarapida ha ottenuto un finanziamento dell’European Research Council (ERC) su questo tema, quest’anno ha tre dottorandi che si concentreranno solamente su questi fenomeni».