La panchina rossa dal 2021 al Polo di Mesiano ©UniTrento ph. Pierluigi Cattani Faggion

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Violenza di genere: si vince solo insieme

Affrontare mascolinità nociva, molestie, trasmissione tra generazioni del trauma non elaborato: l’impegno di UniTrento

23 novembre 2023
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di Paola Siano ed Elisabetta Brunelli
Ufficio Stampa e Relazioni esterne

La violenza contro le donne chiama in causa tutta la società. Interpella famiglie, scuola, luoghi di lavoro, social, ogni ambito di vita. E si può contrastare solo con un cambiamento culturale che inizia dalle cose che sembrano più piccole e coinvolge ogni persona e istituzione. La giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne del 25 novembre, istituita dall’Onu nel 1999, negli anni ha contribuito a far maturare la consapevolezza sulla complessità della questione. L’Università di Trento fa la sua parte con iniziative di riflessione e sensibilizzazione (nel box) e con progetti di ricerca, condotti in ambito internazionale e locale. UniTrentoMag fa il punto su alcuni di essi.

Fornire a ragazzi, ragazze e insegnanti gli strumenti per riconoscere e decostruire gli stereotipi di genere per prevenire la violenza di genere. Questo l’obiettivo di Stand by Me 2.0, progetto finanziato dall’Unione europea coordinato dalla sezione italiana di Amnesty International con docenti responsabili di UniTrento Maria Paola Paladino e Massimo Zancanaro del Dipartimento di Psicologia e Scienze cognitive. Stand by Me 2.0. è svolto in collaborazione con le sezioni dell’Ungheria, della Polonia e della Slovenia di Amnesty International e con la Fondazione Bruno Kessler. Al centro del progetto, partito nel maggio del 2022 e che proseguirà fino ad aprile 2024, c’è un percorso di formazione per insegnanti, studenti e studentesse sopra i 16 anni dei paesi coinvolti. La finalità, espressa fin dall’acronimo (Stop gender-based violence by addressing masculinities and changing behaviour of young people through human rights education), è fermare la violenza di genere attraverso interventi sulla mascolinità nociva e con un’azione mirata a cambiare il comportamento giovanile. «Per mascolinità nociva – illustra Maria Paola Paladino – s’intende l’adesione a standard e norme sociali secondo cui essere uomo implica, tra le varie cose, distanziarsi da tutto ciò che è associato al femminile, rifuggire qualsiasi tipo di debolezza, risolvere i conflitti in maniera aggressiva. Si tratta quindi di una mascolinità che alimenta l’idea che le donne siano inferiori e il potere su di loro legittimo. Se vogliamo prevenire la violenza di genere, dobbiamo iniziare un lavoro educativo per scardinare questo tipo di mascolinità». Il progetto si articola in corsi online di educazione di base e varie proposte di lavoro da fare in aula. «In particolare, UniTrento con Fbk ha sviluppato una piattaforma digitale gamificata con 24 attività per stimolare la riflessione sugli stereotipi di genere, su come si manifestano nei social media (ad esempio nei meme), sul consenso, sulla Convenzione di Istanbul e altri temi per aiutare a decostruire stereotipi e norme di genere» racconta. Riprende: «Una delle peculiarità di Stand by Me 2.0. è coinvolgere ragazze e ragazzi a diventare agenti di cambiamento, capaci di scalfire i modelli nocivi e promuovere l’uguaglianza di genere nella quotidianità. Un esempio? In un gruppo, dove si fa una battuta sessista, si può dare un segnale di cambiamento dicendo “Basta, stop”».

Quali sono le conseguenze a lungo termine della violenza di genere e in che modo il trauma non elaborato, viene trasmesso alle generazioni più giovani, dalle madri ai figli, alle figlie, alle/ai nipoti. È quanto indaga Traces (Transgenerational consequences of sexual violence), progetto condotto dall'Università di Trento insieme a Forum Prevenzione di Bolzano, Museo delle Donne di Merano e Medica Mondiale, organizzazione internazionale che supporta donne e bambine sopravvissute alla violenza sessualizzata nei contesti di guerra. È finanziato dalla Provincia autonoma di Bolzano e dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Bolzano. L’ateneo trentino si occupa della parte operativa della ricerca, al termine della quale sarà organizzata una mostra e saranno elaborati materiali informativi per la prevenzione e la formazione dei professionisti sociosanitari. L’indagine, di durata triennale, è appena partita e interessa la Val Venosta. «Cominciamo dalla Val Venosta a indagare un tema presente su tutto il territorio sudtirolese e italiano. Ma la cultura patriarcale è molto diffusa e le dinamiche sono specifiche in un contesto segnato da una forte povertà nel dopoguerra. Esiste, nei centri più piccoli come nelle città più grandi, un forte silenzio attorno la violenza sessualizzata», spiega la ricercatrice Andrea Fleckinger del Dipartimento di Psicologia e Scienze cognitive. «Questa è una ricerca di azione femminista partecipativa, che parte dalle donne e si rivolge a tutta la società che si confronta quotidianamente con le conseguenze a lungo termine della violenza sessualizzata. Una ricerca che ha una visione critica e consapevole del concetto di violenza di genere nella nostra società. Non vogliamo solo creare conoscenza, ma favorire il cambiamento e la responsabilizzazione della comunità». Sono diversi gli effetti sulla salute della donna sopravvissuta alla violenza sessualizzata: il disturbo post-traumatico da stress complesso, disturbi mentali, dipendenza da sostanze e da alcol, difficoltà durante la gravidanza, il parto, etc. «Certo, queste conseguenze non si manifestano in tutte le situazioni. Ma il rischio è presente soprattutto se le sopravvissute vengono lasciate sole, se non hanno la possibilità di parlare, di essere credute e se non ricevono un sostegno adeguato. L’esperienza della violenza può influenzare il rapporto con i figli e le figlie». Paura, ansia, sfiducia nella vita: questi i sentimenti che possono essere trasmessi dalla madre. «Non è colpa della donna se questo avviene – chiarisce la ricercatrice – ma la responsabilità, duplice, è della società tutta. In primis, chi sopravvive alla violenza sessualizzata non deve essere lasciata sola. Inoltre è tempo di dire basta ad un modello familiare e sociale che fa ricadere sulle madri tutti gli impegni di cura ed educazione. Il progetto intende spezzare la cultura della violenza del silenzio, rendere possibile la discussione sulla violenza sessuale, contribuire all'elaborazione a livello sociale di esperienze passate di violenza, per prevenire l'emergere di nuove spirali di violenza». Per ora sono esclusi dall’indagine gli uomini, ma solo per una questione di risorse. L’auspicio è che oltre i tre anni ci siano altri fondi per proseguire la ricerca e ampliarla.

Sempre al Dipartimento di Psicologia e Scienze cognitive è appena partito, poi, un progetto di ricerca al Dottorato in Scienze cognitive sulle microaggressioni di genere nel contesto universitario. I tre anni di lavoro saranno dedicati a un’analisi degli elementi di riconoscimento di questa tipologia di violenza e ad alcune azioni che si possono realizzare per fare attivare le persone a proteggersi da esse e a sgombrare il campo da ambiguità e dalla tendenza a minimizzare parole e gesti.

Intanto il Centro Studi interdisciplinari di Genere, con il coordinamento di Barbara Poggio (Dipartimento di Sociologia e Ricerca sociale) e dell’Ufficio Equità e Diversità, è impegnato con la Cgil del Trentino in “Non è una battuta. Indagine sulle molestie nei luoghi di lavoro”. A partire da una indagine survey condotta con lavoratori e lavoratrici aderenti al sindacato e dalla conduzione di interviste e focus group, si vuole analizzare il fenomeno per promuovere maggiore consapevolezza e definire strategie di intervento e contrasto sul territorio provinciale.

UniTrento, inoltre, è tra le dieci fondatrici della rete accademica Unire (Università in rete contro la violenza di genere), composta da università, centri di ricerca e ricercatori/ricercatrici con l’obiettivo di attuare la Convenzione di Istanbul. Terminato il progetto nel 2021, i dieci atenei hanno deciso di proseguire il lavoro su scala nazionale ed europea. In qualità di network finalizzato alla diffusione e alla implementazione della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e l’eliminazione della violenza contro le donne e la violenza domestica, Unire fa parte di Ocean (Open Council of Europe Academic Networks). Il cuore pulsante per UniTrento è al Dipartimento di Lettere e Filosofia di Trento con Michele Nicoletti, ideatore e coordinatore, Lisa Marchi e Tiziana Faitini, oltre alla compianta Giovanna Covi. A loro si è unita ora anche Andrea Fleckinger.