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Un complimento? No. Una molestia

Michele Balbinot (Giurisprudenza) nella sua tesi di laurea indaga il fenomeno dello street harassment a Trento

29 marzo 2024
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Linda Varanzano
Studentessa collaboratrice Ufficio Stampa e Relazioni esterne

Si chiama street harassment, ossia molestia di strada. Indica quei commenti volgari, quei gesti o contatti indesiderati come i palpeggiamenti, dalla connotazione sessuale più o meno esplicita, perpetrati da persone sconosciute quando si cammina per strada, si è al parco o comunque in una zona pubblica. Un fenomeno in crescita. Una violenza di genere non sempre facile da connotare e soprattutto da denunciare. Inutile dire che nella maggior parte dei casi, oggetto di queste attenzioni non desiderate sono le donne. Su questo argomento si è concentrato Michele Balbinot, neolaureato alla Facoltà di Giurisprudenza, per il suo progetto di tesi dal titolo “Percorsi integrati di risposta allo street harassment: prevenire le molestie attraverso misure giuridiche, educative e di design urbano”. Un intero capitolo del suo studio è dedicato alla città di Trento. Balbinot ha chiesto la partecipazione volontaria di chi vive e si muove per le strade del capoluogo. UniTrentoMag lo ha intervistato.

Come si è svolto lo studio a Trento?

L’idea era di fare un’indagine sulla vittimizzazione e le sue conseguenze comportamentali attraverso un questionario, sulla scia di una ricerca simile condotta dall’Università Bicocca di Milano. Per raccogliere più risposte possibili ho attaccato dei bigliettini in città su cui era stampato un QR code attraverso il quale accedere al questionario. Nell’arco di due settimane sono arrivate 489 risposte. Il questionario, oltre a chiedere l’età e il genere, indagava sulle forme di vittimizzazione. In particolare veniva chiesto a chi rispondeva se negli ultimi dodici mesi avesse subito una qualche forma di molestia, in quale luogo della città, con quale frequenza, e se questo avesse comportato un cambiamento delle proprie abitudini, come ad esempio tenere sempre a portata di mano il cellulare o un oggetto per difendersi quando si cammina in città.

Che cosa è emerso dal questionario?

Che la vittimizzazione, soprattutto quella femminile, è elevata: 7 donne su 10 hanno subito almeno una molestia di strada negli ultimi 12 mesi, contro il 16% degli uomini che hanno risposto. L’incidenza del fenomeno di genere è evidente dai dati. Il fenomeno diminuisce all’aumentare dell’età. Nelle donne più giovani tra i 18 e i 29 anni la vittimizzazione è al 70-80%, poi scende al 50% quando si superano i 50 anni. È comunque una percentuale che resta elevata. La questione di genere è evidente anche nelle variazioni del comportamento e nella percezione di sicurezza. Molte più donne dichiarano di aver cambiato le loro abitudini a seguito di un episodio di molestia. Infine i luoghi dove si concentrano i casi di molestie riportati, sono quelli caratterizzati da anonimità, dove c’è maggiore flusso di persone, come l’area tra la stazione ferroviaria e quella delle corriere; oppure le zone poco illuminate come i parchi, e i sottopassaggi pedonali.

Come contrastare questo problema? Ci sono azioni in corso?

Dal punto di vista ambientale possono essere apportate alcune modifiche al design urbano. Quella più evidente sarebbe una migliore illuminazione delle zone più buie della città. E anche far vivere maggiormente la città. Una città più viva e attraversata è anche percepita come più sicura. Ma la misura di prevenzione migliore è sicuramente quella educativa, culturale, che riguarda la scuola e la famiglia. A questo proposito, nel tuo studio citi i corsi specifici per la cosiddetta “educazione di genere” co-organizzati dall’Università di Trento nelle scuole ma che sono stati poi cancellati dalla Giunta provinciale che si è insediata nel 2018.

Con quali conseguenze?

Se prima esisteva un programma di educazione alla relazione di genere nelle scuole, ora non esiste più. Attualmente è a discrezione della dirigenza scolastica implementare o meno corsi di questo tipo, che riguardano anche la violenza di genere. Se prima del 2018 erano più di ottanta i progetti educativi, del quadriennio 2020-2023 ne sono rimasti una decina. Questo ha conseguenze immediate ma anche future perché i ragazzi e le ragazze non avranno una formazione su questo.

Parla di istanza educativa di tipo “olistico”. Cosa si intende con questo?

Immaginare una formazione educativa che non riguardi solo le molestie, ma inquadrare il fenomeno delle molestie di strada dentro il tema più ampio della violenza di genere. Partendo dall’idea sbagliata dell’uomo virile e della donna debole, relegata all’ambiente domestico. Un’educazione olistica intende agire sulla costruzione della femminilità e della maschilità, oggi erroneamente cristallizzata su stereotipi di genere.

C’è una norma penale nel nostro ordinamento a tutela dello street harassment?

No. Attualmente c'è un testo al vaglio della Camera dei Deputati. Ma è stata ricostruita una tutela giurisprudenziale a seconda della molestia attraverso due norme del Codice penale. Per quelle fisiche viene applicato l’articolo 609 bis che punisce la violenza sessuale Quelle verbali rientrano nell’articolo 660che punisce le molestie che recano disturbo alle persone.