Un momento dell'inaugurazione del Tifpa ©Tifpa

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Tanti auguri al Tifpa

Compie 10 anni il "Trento Institute for Fundamental Physics and Application". Intervista al direttore Francesco Pederiva

27 febbraio 2024
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Alessandra Saletti
Ufficio Stampa e Relazioni esterne

Spazio e onde gravitazionali, tecnologie quantistiche, sensori al silicio, protonterapia: sono alcune delle parole chiave di questi primi dieci anni di ricerca al TIFPA, Trento Institute for Fundamental Physics and Applications. Nato nel 2014 dalla collaborazione fra Università di Trento, Fondazione Bruno Kessler, Azienda provinciale per i Servizi Sanitari di Trento e Istituto Nazionale di Fisica nucleare, oggi è un punto di riferimento per la Fisica fondamentale. UniTrentoMag festeggia con il Tifpa il traguardo del decennale con un’intervista a Francesco Pederiva, direttore dell’Istituto, professore al Dipartimento di Fisica dell’ateneo e ricercatore Infn.

«Anche se si fa fatica, anche se la carriera non parte, non bisogna demordere. Se si tiene duro e si insiste, alla fine si diventa parte del mobilio. Così, se capita che manchi qualcosa, se si sparisce un pezzo dall’arredo, la gente si accorge che manchi. È così che capisci di essere diventato parte della struttura». Sorride il direttore Francesco Pederiva mentre ci racconta di questo insegnamento lasciatogli dal fisico teorico Ruggero Ferrari con cui collaborava negli anni Novanta. Pederiva rispolvera oggi la massima per il Tifpa, Trento Institute of Fundamental Physics and Applications, istituto che dopo una fase quasi da ‘corpo estraneo’ oggi è diventato molto più che un’entità astratta, territorio esclusivo dei fisici. La ricorrenza del suo primo decennale ci dà l’occasione di guardare a cosa è stato fatto e a cosa è diventato oggi.

Professor Pederiva, come racconterebbe il Tifpa a chi non lo conosce?

«Lo definirei un esperimento interessante. É un luogo che mette insieme ricercatrici e ricercatori di istituzioni diverse che hanno un interesse comune: la ricerca fondamentale. Un lavoro scientifico che è diretto dalla curiosità, come sempre avviene per la scienza, ma che ha lo sguardo puntato anche al trasferimento tecnologico. Lo scopo di questo istituto è proprio questo: ottimizzare i processi che portano dalla ricerca fondamentale alle applicazioni. E non è un caso che tutto questo sia nato a Trento. Qui ci sono premesse uniche, come la tradizione di rapporti scientifici e di collaborazione molto intensi fra Infn e Università. Un aggancio naturale che nel tempo si è esteso ulteriormente. Dapprima verso altre istituzioni, coinvolgendo Fbk soprattutto per la parte di microsistemi, e l’Apss per la parte che riguarda la protonterapia. Ma anche all’interno dello stesso Ateneo perché, oltre alla fisica, il Tifpa ha coinvolto anche biologia, matematica, ingegneria industriale, ingegneria e scienza dell’informazione. E per l’Infn il Tifpa è diventato anche un centro nazionale che svolge un ruolo unico. Serve come interfaccia scientifica, punto di connessione e presidio sul territorio».

Ci racconta come tutto è cominciato?

«Come spesso succede, dietro a intuizioni come queste c’è qualche visionario. Il nostro era il professor Graziano Fortuna che fino da prima del 2014 ha dato subito un’impronta al centro e definito la linea di sviluppo futuro. Attorno a lui si era creato un piccolo gruppo di persone, altrettanto entusiasti che anche grazie all’impulso del direttore successivo, Marco Durante, hanno attirato a loro volta altre persone da altre istituzioni per lavorare a Trento. Era già un gruppo già molto unito, non è stato difficile che si creassero velocemente dei rapporti di amicizia che si estendevano anche al personale amministrativo. A volte si litigava certo, ma si sapeva che non si poteva fare a meno degli altri. Un po’ come in una grande famiglia».

Un po’ di nostalgia?

«No, ma mi piacerebbe vedere questo spirito di squadra ancora più forte nelle nuove leve. A volte tendono a considerare prioritario il proprio lavoro e a considerare solo lo strettissimo giro della propria unità di ricerca. Eppure è il vedere al di là che crea l’atmosfera giusta. Il Tifpa allora era molto unito, ma forse percepito come distante dal resto del Dipartimento».

Il famoso ‘corpo estraneo’?

«Sì, ma per fortuna penso che quella fase ormai sia alle spalle. La percezione dell’istituto nel tempo è senz’altro cambiata. E – ironizza – non è solo questione di mobilio: basta vedere i corridoi. Oggi ci sono sempre più persone che passano da qui, si fermano a bere il caffè e chiacchierano, fanno riunioni qui anche se lavorano in altri dipartimenti. Ora le porte sono aperte, ora c’è più vita. Qui l’integrazione è avvenuta in dieci anni, un tempo non troppo lungo pensando che la maggior parte delle sezioni dell’Infn ha compiuto di recente cinquanta o settanta anni».

Come ci si siete riusciti?

«Intanto siamo partiti. Vede, in queste cose non bisogna aspettare troppo: se attendiamo le condizioni giuste alla fine il rischio è di non partire mai. Abbiamo cercato di non farci spaventare subito. Ci vuole tempo, convinzione per far andare avanti le cose. Qualche volta anche coraggio. Bisogna aiutare le persone ad andare al di là dell’idea che il Centro serva solo a pagare le missioni. Così abbiamo curato bene le iniziative, le abbiamo pianificate, abbiamo coltivato l’entusiasmo. Lo si vede anche nell’organizzazione di questo decennale».

Come vede i prossimi dieci anni del centro?

«Prevedo un forte impegno nelle tecnologie quantistiche, argomento su cui c’è molto fermento qui in Trentino anche grazie all’iniziativa Quantum@Trento. Del resto, proprio le quantum technologies e il quantum sensing, così come le applicazioni dell’intelligenza artificiale saranno decisivi a lungo termine. Ma per noi il futuro è già oggi. Siamo abituati ad accettare qualcosa che si realizzerà quando noi magari non ci lavoreremo più. Pensiamo ad esempio alle missioni spaziali o agli esperimenti su scala di più decenni, come ad esempio Lisa o l’Einstein Telescope, o i progetti in cui siamo coinvolti come Atlas o le attività del Cern sul Future Circular Collider. Le grandi sfide, che richiedono grandi infrastrutture, hanno questa durata, questi orizzonti. Ma il panorama può cambiare anche rapidamente. E si scoprono cose nuove. Se si ha – come noi – uno spettro ampio di competenze è più facile e veloce organizzare un team e andare dietro alle scoperte scientifiche. È un vantaggio competitivo che possiamo spenderci anche nel trasferimento tecnologico».

Quindi questo ‘oggi’ per il Tifpa che cos’è?

«Mi piace pensare che il Tifpa oggi sia diventato un luogo neutro, un porto franco, dove le persone si confrontano, superano i confini disciplinari per capirsi su grandi questioni. Del resto, quando ci sono tante etichette, alla fine non ce n’è neanche una. In questo senso, il Tifpa può essere un modello di sviluppo a cui guardare, anche all’interno del nostro Ateneo. Perché è stato ed è un esperimento dal carattere fortemente innovativo anche su finestre temporali relativamente brevi. Una specie di ‘funding’ di iniziative innovative, ad alto tasso di innovazione e di rischio».