Andrea Nardelli, direttore generale di Aquila Basket Trento (©Aquila Basket Trento ph. Daniele Montigiani)

Storie

La responsabilità di vincere

Studi, incontri e gavetta di Andrea Nardelli, dg Aquila Basket e alumno UniTrento ospite della cerimonia di laurea del 10 maggio

8 maggio 2024
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di Elisabetta Brunelli
Ufficio Stampa e Relazioni esterne

«Non avrei mai pensato di lavorare a Trento. Ero un ventenne a cui la città andava stretta». Da adolescente sognavo di trasferirmi a Manhattan. Durante il liceo un giorno sono tornato a casa e ho detto ai miei genitori che avrei frequentato un anno di scuola all’estero. Devo ringraziarli ancora per avermi dato fiducia. All’Università poi ho colto subito l’opportunità di fare l’Erasmus a Budapest. Nel 2008 mi sono laureato in Economia e ho iniziato a lavorare come collaboratore assicurativo, ma avevo continuato a cercare se ci fosse qualche azienda italiana in Ungheria nella quale inserirmi. A 27 anni è arrivata la proposta di lavorare in Aquila Basket, dove già ero volontario, e ho detto: “Ci provo”». Andrea Nardelli racconta a UniTrentoMag le esperienze che hanno formato il suo carattere e la sua visione del mondo. Sarà sul palco della cerimonia di laurea del 10 maggio 2024 come alumno UniTrento con l'intervento "Pound the Rock, Il valore oltre la vittoria".

«Il fine settimana sono spesso impegnato e non posso trascorrerlo con la mia compagna e i nostri bimbi. Non stacchi mai davvero: ti porti dentro pensieri e preoccupazioni. Ma quando c’è passione, lavorare non ti pesa». Quarant’anni il prossimo agosto, Andrea Nardelli dal 2022 è direttore generale di Aquila Basket Trento/Dolomiti Energia Basket Trentino. «Agli inizi era un po’ una start-up. Eravamo un gruppo di persone giovani coordinate da un leader molto capace. La squadra era in seconda categoria. Le aziende sponsor erano dieci: oggi sono quasi 200» sorride. Il suo percorso lavorativo all’interno di Aquila Basket coincide con la promozione del club al secondo campionato italiano di pallacanestro avvenuta nel 2012. Nardelli, dopo gli anni da volontario, ha lavorato per lo sviluppo dell’area Business come Sponsorship and Sales Manager, punto di collegamento con la struttura operativa, il management e la proprietà. Ora, come direttore generale, si occupa in particolare del coordinamento delle attività sportive e di business con un focus sul posizionamento della società all’interno della comunità. «Oggi possiamo incidere anche sul territorio. Lo sport ha sempre più un ruolo sociale, di inclusione, può creare valore».

Dottor Nardelli, lo sport soprattutto a livelli alti, comprende aspetti commerciali e ricerca di finanziamenti. Non c’è il rischio che il business prevalga sullo sport e lo sponsor sulla squadra?

«Solo in Italia c’è questo pregiudizio. Da New York a Londra sport e business stanno insieme e creano valore».

Mi può fare qualche esempio concreto?

«Le faccio l’esempio di Aquila Basket: per il 51% si occupa di pallacanestro e per il resto si impegna a utilizzare lo sport come veicolo, non come fine. Per noi creare valore significa contribuire a creare comunità migliori: più eque, più inclusive e più sostenibili. Vuol dire non destinare tutte le risorse (mentali ed economiche) della società al prodotto sportivo. Significa sviluppare progetti attraverso il laboratorio sociale di Aquila Basket, collaborare con persone con fragilità, aiutare le famiglie nella gestione dei figli nei periodi di vacanza da scuola. Una volta erano gli oratori a farlo. Inoltre ci prendiamo cura del territorio con iniziative di sensibilizzazione sui temi ambientali attraverso i progetti di Aquila Basket Earth Day».

Diventa allora anche un discorso di responsabilità nel rispetto di chi viene dopo di noi?

«L’assunzione di responsabilità è un passaggio imprescindibile. Sia a livello personale che collettivo. Si deve andare oltre gli obiettivi di breve periodo. Ancora oggi rischia di risultare bravo solo chi vince, chi fa più utile. Ma se non si cura delle ricadute interne ed esterne all’azienda, cosa viene restituito alla comunità, al territorio, alla natura, al mondo, alle generazioni che verranno? Se vogliamo creare valore, l’utile, o la vittoria, non possono essere gli unici parametri a determinare il nostro futuro. Non possiamo più permetterci un mondo così. Fino a oggi non abbiamo fatto abbastanza. È necessario un cambio di paradigma».

Perché a distanza di tanto tempo ricorda ancora quando, da studente del liceo scientifico Leonardo da Vinci di Trento, decise di frequentare il quarto anno di scuola alla Sterling High School of Stratford nel New Jersey?

«Perché l’anno all’estero è stato un periodo di grande cambiamento personale e di formazione del mio carattere. L’esperienza americana è stata un momento di sofferenza intesa come difficoltà. Nel 2001 essere lontani da casa, voleva dire esserlo davvero. Fuori dalla zona di comfort. Senza possibilità di comunicare. Per la prima volta, io che sono un animale sociale, ho sperimentato la solitudine».

E l’esperienza universitaria poi quanto ha contribuito alla sua crescita?

«All’Università di Trento e nei cinque mesi di Erasmus all’International Business School of Budapest per la prima volta ho capito quanto le diversità culturali siano entusiasmanti e arricchenti. Era il 2005 e al tempo Trento e il Trentino non erano internazionali come lo sono oggi. Per me vivere con persone di tutto il mondo è stato straordinario. Ti contamina e ti fa crescere. Ti rende migliore. L’Università inoltre mi ha dato strumenti e un metodo di lavoro, mi ha insegnato a gestire lo stress in occasione degli esami e a rapportarmi con le altre persone».

Quando ha incontrato Aquila Basket?

«Ero al primo anno di università. Un mio compagno di studi mi ha invitato a vedere una partita e da lì è cominciato tutto. La mia gavetta è iniziata per passione. Come volontario andavo ad appendere cartelloni pubblicitari, attaccare adesivi, allestire campi. Mi sono occupato in pratica di ogni aspetto, tranne che della pallacanestro giocata. Questo periodo mi ha permesso di viaggiare, incontrare persone tra le più diverse, imparare e curiosare. È così che ho scoperto cosa significa essere consistenti».

E cosa vuol dire?

«Essere consistenti significa mantenere un certo livello di performance nel tempo. Non si nasce consistenti. Si diventa consistenti. Lavorando, studiando, curiosando, confrontandosi, impegnandosi, fallendo, rialzandosi e continuando a lavorare. I San Antonio Spurs, una delle squadre Nba, ha un motto: “Pound the Rock” (Colpisci la pietra). La pietra prima o poi si romperà. Il merito non sarà solo dell’ultimo colpo, ma di tutti i colpi precedenti».